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Un Regno a mezz'aria |
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di Giuseppe MARCHESE (Storie di Posta, vol. 5/2000) | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
- 2 - La Sardegna non subì occupazione e gli uffici postali dell’isola, siano essi civili che militari, continuarono la loro attività senza alcuna interruzione. Le difficoltà delle comunicazioni derivava dalla mancanza dei normali collegamenti navali e aerei, interruzione che avvenne tra il 9 settembre e i primi giorni di ottobre 1943. In questo periodo le eventuali corrispondenze che si possono riscontrare sono state avviate con mezzi di fortuna o occasionali, cioè con aerei e navi militari, non sempre riusciti, o con nave mercantile. Naturalmente per l’interno della Sardegna i servizi postali continuarono normalmente sia per gli uffici civili che per quelli militari. Una volta autorizzati i voli postali con aerei nazionali, ripresero gradualmente i servizi postali tra la Sardegna e il continente. Il 6 ottobre Superaereo comunica a tutti gli alti comandi militari: “per opportuna conoscenza si comunica che è stato istituito un servizio aereo postale per la Sardegna…..”. La ripresa interessò la seguente corrispondenza diretta nella Puglia o in Sardegna: a) posta ufficiale (comprese raccomandate e assicurate); b) corrispondenza civile (solo ordinaria); c) corrispondenza militare (solo ordinaria); d) vaglia e conti correnti postali. Non funzionarono in questo periodo le corrispondenze con i prigionieri di guerra e i messaggi della croce rossa. Le lettere dalla Sardegna dirette in zona di occupazione Alleata, nel periodo che non era stato ripreso il servizio, cioè fino al 19 dicembre per la Lucania e Calabria; fino al 9 gennaio 44 per la Sicilia; fino al 19 marzo 44 con Napoli, attendevano la possibilità d’invio giacendo presso le Direzioni postali di transito, quelle civili, o presso il Concentramento posta militare di Bari per quelle militari. I civili e militari dell’isola rimasero completamente sprovvisti di collegamenti con il nord Italia fino all’aprile 1944. Dal 10 gennaio 1944 le cose cominciarono a migliorare. La circolazione delle lettere poteva avvenire tra tutto il regno del sud, la Sicilia e la Sardegna, mentre ancora mancava il collegamento con i prigionieri di guerra e i messaggi della croce rossa. In seguito in Sardegna i servizi postali ripresero in maniera analoga alle altri parti del territorio soggetto a sovranità italiana. La posta militare Gli uffici postali militari dell’isola si mantennero attivi e funzionanti anche nel periodo di scontri con i tedeschi. Dall’ottobre 1943 cominciarono ad arrivare gli uffici postali dislocati in Corsica. Il 25 ottobre arriva la PM 64 della Cremona che resta nell’isola fino al 31.8.44; il 15 novembre arriva la PM 79 della Friuli e si disloca nella zona di Sassari fino al 14 luglio 44; Il 21 ottobre la PM 112 che resta nella zona di Sassari fino al 30 settembre 44 quando viene chiusa. Dal 28 ottobre arriva la PM 225 dislocandosi nella zona di Sassari fino al 15 settembre 44. Dal 24 ottobre arriva la PM 226 che si disloca nella zona di Sassari fino al 15 settembre 1944. In questo periodo la Sardegna si trova ad avere un eccessivo numero di uffici postali militari. Per far fronte a questa “emergenza” la posta militare 50 assume, in qualche modo, le funzioni di ufficio postale di concentramento. La presenza in Sardegna di tanti uffici e tante truppe “a disposizione” è motivo di sollecitazione da parte del ministero delle comunicazioni di interventi presso il Governo Militare Alleato affinché almeno quelli dimoranti al sud potessero corrispondere coi familiari. Non si ha notizia di accordi specifici in tal senso, ma dall’ottobre 43 si notano le prime corrispondenze dirette e trasmesse in Sicilia. Si ritiene che anche le corrispondenze dirette in altre zone di occupazione abbiano avuto la possibilità di giungere a destino per periodo di interruzione dei normali servizi postali. Anche gli uffici postali stanziali in Sardegna avevano lo stesso trattamento. In questo periodo si conoscono altresì alcune lettere dirette a comandi militari in Sardegna. Dal luglio del 1944, definiti gli accordi con i “cobelligeranti” cominciarono a defluire alcuni reparti e uffici postali militari dalla Sardegna. Alcuni vennero impiegati al seguito delle truppe; altri vennero chiusi temporaneamente o definitivamente (Fig. 12), (Fig. 13), (Fig. 14).
- 3 - E’ difficile non provare ammirazione per i napoletani per ciò che successe a Napoli dal 27 al 30 settembre 1943. Il fatto, chiamato poi “le quattro giornate di Napoli”, si presenta ben poche volte nella storia dell’umanità. L’insorgere collettivo di una “nazione” – Napoli mi piace considerarla espressione dell’Italia – verso una potenza occupante, un despota, un tiranno, un regime odiato, succede ben più raramente che “una morte di papa”. Alla fine di quelle memorabili giornate la città si presentava così agli occhi di un dirigente del Governo Militare Alleato: “Al momento del nostro arrivo la città era al buio, mancava del tutto l’illuminazione artificiale, perfino le candele; non c’era nessuna energia elettrica, o gas, nessun mezzo per la rimozione dei rifiuti, o per la sepoltura dei morti. Non c’erano le sirene antiaeree, telefoni, servizi di ambulanze, protezione contro incendi, o servizi telegrafici o postali. Non c’erano tram, autobus, taxi o funivie così necessari in questa città situata sul fianco di una montagna. La Polizia era allo sbando e dopo giorni di terrore c’era quasi un Stato di anarchia. C’era una tale penuria d’acqua che nessuna persona poté avere più di un litro d’acqua al giorno che era portata manualmente, perché il sistema principale per la distribuzione d’acqua era stato distrutto. Molte persone effettivamente soffrivano la sete. Gli ospedali erano stati spogliati della loro attrezzatura e provviste. La Biblioteca è le altre parti della antica Università di Napoli è il millenario Archivio Nazionale erano soltanto rovine fumanti. Non c’era nemmeno una scuola aperta. I Tribunali non funzionavano. Il grande porto, il secondo in grandezza in Italia, era stato quasi completamente distrutto. Tutte le banche erano chiuse e il sistema finanziario della Città era fermo. C’era della sporcizia nelle strade e tutti i negozi erano stati saccheggiati. Era quasi impossibile ottenere del cibo e la gente soffriva la fame. La distruzione inutile delle riserve di carbone, legno, e carbonella rendeva quasi impossibile alle famiglie di cucinare perfino quel poco di cibo che gli rimaneva. Non si permisero di seppellire i corpi dei partigiani civili che erano stati fucilati per aver lottato contro i tedeschi e i fascisti, e perciò essi giacevano nelle strade sotto il sole caldo. Tanti si erano dati ai saccheggi. I tedeschi avevano aperto le porte di tutti i dodici carceri di Napoli e i criminali erano stati liberati per depredare la popolazione. I casi di febbre tifoidea erano in aumento e anche la probabilità di una epidemia di enorme proporzione aumentava. Tutte queste cose andavano aggiungendosi alla vasta distruzione degli edifici pubblici e privati. La disperazione era dovunque. Il Sindaco fascista era fuggito e il Prefetto aveva tradito il suo popolo. Così era Napoli, lasciata dai tedeschi in ritirata“. L’occupazione Alleata non fu indolore. I bisogni e le speranze dei napoletani non trovarono subito rimedio. Fu un lento lavorio che mal si conciliava con urgenti necessità. Ciò che avveniva in basso, tra civili che lottavano per la sopravvivenza, e militari che non sapevano, in massima parte, cos’era la fame, si può delineare così. Tra popolazione affamata e militari detentori d’ingenti quantità di cibarie ed altro, s’instaurò un rapporto di complicità. Gli americani si lasciarono depredare di tutto a patto che ciò avvenisse con estro e fantasia. In Sicilia il fenomeno non fu appariscente, ma a Napoli….. Certo qualche “segnorina” lasciò sul campo una attribuzione di nessun valore venale; certo qualcuno volle strafare creando centrali di malaffare con conseguente arricchimento illecito; certo qualche pargoletto nacque “niro niro com’à chè”, ma quante sofferenze e quante vite risparmiate! La città di Napoli Napoli aveva un porto indispensabile per la continuazione delle operazioni militari. A Napoli sbarcarono le Divisioni e il materiale da impiegare sul fronte di Cassino, di Anzio, della linea Gotica. Fin quando non divenne disponibile il porto di Livorno per gli Alleati Napoli era di rilevante importanza. Per tale motivo gli Alleati mantennero la città sotto la loro giurisdizione, fecero funzionare una loro posta cittadina, ridotta all’osso nelle funzioni e nei servizi, e la dotarono di speciali francobolli, soprastampando tre valori dell’imperiale. Modificarono anche le tariffe esistenti portando a c.50 il porto, uguale per le cartoline e le lettere. Dal 10 dicembre 43 al 20 marzo 44 i napoletani non poterono corrispondere né col resto dell’Italia né con l’estero. Unico spiraglio, dal 13 dicembre, la corrispondenza da e per Salerno ma per le sole cartoline e lettere aperte di carattere commerciale. Insomma quasi niente. Questa città isolata dal resto dell’Italia fu, nel periodo fino al 21 febbraio 1944, la vera capitale del Regno. Fin tanto che gli Alleati non la restituirono da qui partivano gli ordini all’Italia. Da Napoli partivano gli ordini e le autorizzazioni per la ripresa del servizio postale. Da Napoli le varie sottocommissioni del Governo Militare Alleato dirigevano l’Italia. I valori postali Per sopperire i bisogni di questo striminzito servizio postale si soprastamparono dei valori da c.20, c.35 e c.50 della serie imperiale con le parole "GOVERNO MILITARE ALLEATO", traduzione di "Allied Military Government". I francobolli furono approntati soltanto per l'uso nella città e nella periferia di Napoli, dove non aveva corso l’imperiale. Dal 20 marzo 1944 si ha un uso misto di questi valori con quelli dell’imperiale e, cosa ancora più strana, la migrazione dei valori soprastampati nell'Italia meridionale, specialmente in Puglia, anche qui spesso in affrancatura mista con francobolli del regno e della luogotenenza. L’estrema tolleranza delle Autorità postali Alleate e del Regno nell’accettare questo ibrido fa pensare che il 20 marzo vi sia stata una situazione di collaborazione tra le due Autorità da far sembrare ininfluente lo scambio delle carte valori da un’Amministrazione all’altra. La posta I servizi postali di Napoli erano stati interrotti dall'insurrezione il 28 settembre 1943. Dopo occupazione della città da parte degli alleati, i servizi postali furono ripresi in maniera limitata il 10 Dicembre 1943, sotto il controllo del Governo Militare Alleato. Il quotidiano "Risorgimento" annuncia così la ripresa del servizio postale: "Un servizio postale limitato alla sola città di Napoli inizierà a funzionare il 10 dicembre 1943. Saranno permesse due classi di posta; cartoline, con non più di venti parole di corrispondenza, e fatture ed esposti in buste aperte che non devono contenere corrispondenza. La tariffa sarà di 50 centesimi e il nome e l'indirizzo del mittente devono essere scritti chiaramente su ciascuna cartolina o busta" (Fig. 15).
Il 13 dicembre 43 vi è un sottilissimo filo che lega Napoli a Salerno. Il servizio postale interno a Napoli è esteso a Salerno, con le stesse limitazioni di cartoline e buste contenenti “conti e fatture ESCLUSE le lettere”. Dal 20 marzo 1944 il Governo Militare Alleato ripristina il servizio postale con “l’Italia del re”. Il testo del comunicato è secco e laconico: “...... ordino la riattivazione dei servizi di comunicazione nel Territorio Liberato. A decorrere dal 20 marzo 1944 è ammesso il normale svolgimento dei servizi postali di cui appresso.” (14) Le tariffe postali rispettano quelle in vigore in Italia durante il 1943 (Fig. 16).
Dalla stessa data Napoli può finalmente corrispondere con l’estero con tariffa analoga nelle altre zone dell’Italia. Il 7 maggio sono ripristinati le raccomandate e i servizi accessori delle ricevute di ritorno e del contrassegno; le assicurate, gli espressi e le stampe spedite dagli editori. Infine il 16 giugno 1944 è ripristinato il servizio postale tra Napoli e la città di Roma. Corrispondenza solo in lingua italiana o inglese. Il comunicato del giornale “Risorgimento” riporta le norme: “Non sono validi i francobolli del defunto partito fascista repubblicano di Roma. Devono essere usati francobolli del legittimo Governo Italiano” (Fig. 17).
POSTA MILITARE La posta militare in uso a Napoli sotto occupazione Alleata servì per motivi contingenti e non certo per lo scopo principale di organizzare la posta per i servizi dipendenti. Il Concentramento di Napoli riprese la sua attività limitata nel dicembre 43 con lo scopo:
L’altro ufficio postale operante a Napoli è la posta militare 120, riaperta il 15.12.43 e chiusa il 15.11.44. Una sezione A viene aperta il 12.1.44 a Santa Maria Capua Vetere e poi il 16.6.44 trasferita a Aversa per il servizio postale del Centro Riorganizzazione Militari settore Tirrenico (CORSETI). Chiusa il 7.8.44. La sezione non venne dotata di bolli propri. Si conosce un lineare. La corrispondenza militare proveniente da Napoli, anche dopo la riapertura dei normali servizi postali è molto limitata. Nella città non vi erano evidentemente molti militari italiani e quei pochi adoperavano la posta civile (Fig. 19), (Fig. 20).
- 4 - Prologo Nel luglio 43 avevo tre anni e qualche mese, ma ho il ricordo vivido e netto di qualcuno che disse “arrivano gli americani, andiamo a vederli”. Anch’io mi riversai sulla strada provinciale che da Trapani portava a San Vito e vidi quegli enormi camion con tanti elmetti sopra che salutavano contenti. Anche la gente assiepata sulla strada salutava festosa. A pensarci bene chissà perché tutti salutavano contenti. Forse salutavano la fine della guerra e degli stenti; forse in quegli uomini paludati da elmetti reticolati salutavano il parente emigrato e che aveva fatto fortuna negli States, magari operaio alla Ford; forse….. Ciò che è innegabile è che in quegli uomini armati e conquistatori nessuno aveva un sentimento di paura o di recriminazione. Arrivavano i liberatori e l’unica spiegazione che trovo è che la propaganda fascista non era penetrata in quel piccolo mondo di contadini, che affidavano la loro sopravvivenza al lavoro delle proprie braccia; non leggevano i giornali e sconoscevano uno strano arnese chiamato radio. Questa strana simbiosi tra conquistati e conquistatori maturò nel tempo a tal punto che alla fine della guerra vi fu in Sicilia un ampio movimento indipendentista che aspirava di aggiungere una stella dal nome Sicilia alla bandiera degli Stati Uniti. La Sicilia Vi sono due date importanti inerenti la Sicilia. La prima è il 10 gennaio quando si riaprono i servizi postali con il continente. La seconda è l’11 febbraio 1944 quando l’isola, formalmente, ritorna sotto sovranità italiana. Sulla prima si dette ampia pubblicità e gli effetti politici e postali sono noti. Sulla seconda si preferì mettere la sordina. Il giornale “Il Risorgimento” di Napoli pubblica, lo stesso giorno, il trafiletto “L’Italia ritorna sotto la giurisdizione del Governo italiano. Tutti i territori a sud dei confini settentrionali delle province di Salerno, Potenza e Bari + Sicilia e Sardegna sono compresi nel provvedimento del gen. Wilson.” A parte il fatto che la Sardegna non era compresa nel provvedimento, e il proclama numero 16 era a firma del gen. Alexander, le altre notizie collimano. L’ordinanza dello stesso giorno a firma di Badoglio, tra l’altro, dice: “tutti i poteri statali e giurisdizionali nei territori restituiti, e sopra gli abitanti di essi, nonché la suprema responsabilità amministrativa vengono riassunti dal Governo Italiano, salvo i diritti riservati alle Nazioni Unite.” Dalla visuale dello storico postale l’effetto più appariscente è il mantenimento in Sicilia dei francobolli di occupazione alleata. Su questo fenomeno si sono espressi alcuni Autori. Vi è una scuola di pensiero, che afferma che il mantenimento in Sicilia dei francobolli d’occupazione sia stato dettato da impossibilità di inviare una scorta sufficiente. Altri ritengono che il Governo Militare Alleato ricorse all’imposizione per mantenere i francobolli d’occupazione. E’ possibile che le ragioni siano altre. Il Governo italiano sicuramente ci teneva ad evidenziare il recupero della Sicilia alimentata da insofferenza contro il potere centrale, e animata da sentimenti di separatismo. Se non lo fece è certo che vi sono stati degli ostacoli. Se questi ostacoli siano stati di ordine politico – resistenza delle Nazioni Unite – o amministrativo – mancanza di francobolli – non è dato sapere. Ma vi è un’altra ragione possibile, d’ordine politico-postale. L’occupazione Alleata dell’isola comportava un insieme di regole molto vaste. E’ possibile che non si sia voluto alterare questo equilibrio. Per fare un esempio dalla Sicilia era possibile corrispondere, tramite la Croce Rossa internazionale, col Nord e viceversa. Se si notificava alla Croce Rossa internazionale il cambiamento ciò non sarebbe stato più possibile, poiché il collegamento non era stato ripristinato nel Regno d’Italia. Affidarsi a congetture è sempre un po’ spiacevole, ma alle volte necessario. La successiva conduzione del ramo postale in Sicilia non permette di stabilire a quale amministrazione facevano capo. Dopo il febbraio le Direzioni postali siciliane adottarono tutte le decisioni dell’Amministrazione italiana, seppure con qualche giorno di ritardo. E’ il caso del ripristino dei collegamenti con l’estero, ripreso nel continente il 16 e in Sicilia il 22 febbraio. Il 24 aprile 44 da Salerno si decide di estendere i servizi a espressi e raccomandate, oltre ad altri servizi. In Sicilia questi servizi sono immessi il 1° maggio. Sia come sia in Sicilia i francobolli continuarono ad essere usati fino al 30 settembre 44 (Fig. 21).
In questa analisi del servizio postale del “Regno d’Italia” durante la permanenza del governo a Brindisi e Salerno, non è inseribile la storia postale della Sicilia sotto occupazione Alleata. Anche perché l’argomento è stato ampiamente trattato da Giannetto, Gabbini, Di Pietro & D’Alessandro, che vi hanno dedicato volumi specifici. L’esame del periodo fino al 10 febbraio 1944 si concentra quindi solo sui collegamenti con il continente, mentre non si sofferma nel ciclo successivo. La Posta ufficiale Il Governo italiano era intento a recuperare il proprio territorio e non aveva nessuna intenzione di allentare i legami con la Sicilia, anche se il blocco postale gli impediva collegamenti diretti con i poteri locali. A questo proposito si riporta una circolare riservata del 6 ottobre 1943, inviata ai prefetti della penisola e della Sardegna, dal tenore: “Richiamo nuovamente l’attenzione delle LL. EE. sulla necessità che il Governo faccia sentire la sua presenza in tutto il territorio attraverso un’efficace azione capillare……” “Soprattutto vedranno le LL. EE. se non possa farsi sicuro affidamento sull’azione del Clero facendo opportunamente capo alle più alte dignità ecclesiastiche….” (15) Il 13 ottobre l’Italia dichiara guerra alla Germania, e il 13 novembre gli viene riconosciuto lo status di “nazione cobelligerante”. Nei giorni successivi l’Italia ottiene l’Autorizzazione a trasmettere e ricevere la posta ufficiale da e per la Sicilia. La prima notizia certa che abbiamo è tuttavia della fine di novembre. Una comunicazione del 27 novembre informa che dal 29 novembre si istituisce un servizio giornaliero di Corriere sulla linea Napoli – Puglia – Sicilia. In questo modo la posta ufficiale non passa più da Napoli ed era spedita direttamente dagli aeroporti del Regno. La nota del Ministero delle Comunicazioni del 27.11.43 differisce con quanto affermato nel Bollettino delle Poste n.2 dell’11.12.43, nel quale si afferma che solo con Napoli e Catania vi è un servizio aereo per posta ufficiale, escludendo quindi il collegamento con Palermo. L’incertezza se il collegamento fosse possibile solo con Catania, e non anche con Palermo, è comunque secondaria. La posta era raccolta presso le Prefetture e quindi una volta arrivata a Catania poteva essere trasmessa, per altre vie, a Palermo. La Posta civile Il blocco postale tra la Sicilia e il continente fu mantenuto totalmente fino al 9 gennaio. La sola posta che riusciva a passare, in questo periodo, è solo quella affidata a mezzi di fortuna come gli equipaggi degli aerei postali o qualche militare di passaggio. Gli Alleati vigilavano per stroncare quest’illecito “commercio” anche e forse soprattutto, per ragioni di censura (Fig. 22), (Fig. 23), (Fig. 24).
La posta dei prigionieri di guerra Probabilmente la ripresa dei servizi postali con l’estero del 10.1.44 avallata dalla Commissione di Controllo Alleata ebbe una sua giustificazione nel senso che dal 10 gennaio era possibile ricevere e trasmettere corrispondenza ai prigionieri di guerra italiani all’estero. Ciò doveva riguardare i prigionieri in mano tedesca e neutrale. Conosco una busta proveniente da prigioniero di guerra italiano in Turchia del novembre 43 recapitata in Sicilia il 19 gennaio 1944. (collezione A. Buzzetti) La posta militare Dal continente Per quella in arrivo si verificò un discreto movimento, non generalizzato ma cospicuo, di trasmissione della posta tramite i normali canali. Probabilmente ci fu una trattativa, e un accordo tacito tra Governo Militare Alleato e Regno, di cui ignoriamo i termini, per il passaggio e la consegna della corrispondenza di militari italiani. La soluzione più semplice e ovvia potrebbe essere stata che tale corrispondenza venisse considerata “posta prigionieri di guerra” e in quanto tale non soggetta alle restrizioni. Ma è solo una ipotesi. Dalle corrispondenze che ci sono pervenute si desume che questo collegamento venne deciso nei primi giorni dell’ottobre 43 e interessava i militari di stanza in Puglia e Sardegna. Esistono anche rari documenti provenienti da altre località estere (Corsica, Corfù, Samo, Lero ecc.) trasmesse in questo periodo. La sede dove si decideva cosa avviare doveva essere il concentramento postale di Napoli, se ciò era attuato, come probabile, sotto controllo Alleato; mentre poteva anche essere quello di Bari, se gli Alleati avevano dato il loro generico benestare alle trasmissioni. Personalmente propendo per la prima ipotesi. Questa posta era avviata sia con i collegamenti aerei sia con quelli terrestri, quando questi furono attivati (Fig. 25).
Dalla Sicilia Il 24 dicembre inizia a funzionare la posta militare 30 assegnata alla Divisione “Sabauda”. Questa Divisione, proveniente dalla Sardegna, è inviata in Sicilia in funzione di ordine pubblico e dislocata in posizione defilata al centro dell’Isola con sede del comando a Enna. Anche l’ufficio postale è dislocato a Enna. Il 2 gennaio 44 è aperta una sezione staccata a Catania, col compito di istradare la corrispondenza del collegamento aereo proveniente e diretto in continente. L’ufficio adopera in questo periodo un proprio bollo. Dal 24 dicembre 43 al 9 gennaio 44 è possibile la trasmissione di messaggi solo entro il territorio dell’isola. In seguito i collegamenti seguirono il normale decorso come per la posta civile, aperti il 10 gennaio 1944 da e verso il continente. Fatto quanto mai singolare, e forse unico, l’Ufficio posta militare 30, e la sezione A, funzionarono in zona di occupazione Alleata, usando anche i francobolli di occupazione. Come dire che tra nazione occupata e nazione occupante si creò un ponte possibile soltanto con lo status di “Nazione cobelligerante” affibbiato all’Italia. Questo particolare status termina ufficialmente con la restituzione dell’isola all’Italia, ma per molto tempo la posta militare funzionò in misura ridotta e sempre da località distanti dai centri decisionali dell’isola. Nel marzo del 1944 Palermo fu munita di ufficio postale militare. Catania e Messina lo ebbero dal novembre 1944 (Fig. 26), (Fig. 27).
NOTE - (14) - Il Governo Militare Alleato annuncia che i servizi postali generali nell'Italia liberata saranno ufficialmente inaugurati lunedì 20 marzo. Il servizio comprenderà Sicilia, Sardegna, Isole Eolie, Egadi, Lampedusa, Linosa, Pantelleria e Ustica; le undici provincie della terraferma: Bari, Brindisi, Catanzaro, Cosenza, Lecce, Matera, Avellino, Potenza, Reggio Calabria, Salerno e Taranto, la città di Napoli e la parte meridionale della Provincia di Napoli. I necessari francobolli saranno in vendita in tutti gli uffici postali. Sono ammessi solo cartoline e lettere recanti il nome del mittente e suo indirizzo scritto per esteso. - (15) - Archivio di Stato Brindisi, Prefettura, affari generali anno 1943.
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