Francobollo commemorativo
nel bicentenario della morte Ma era anche la città con la Tour Eiffel, strana torre di metallo che, sgradita ai parigini del 1889, si è poi prepotentemente inserita nel panorama cittadino.
Adriana si guardò intorno e vide una folla di anonimi
cappotti che frettolosamente sembravano andare ovunque, sentì il solito
indistinto confuso vociare che accomuna tutte le stazioni delle grandi
città nelle ore di punta. Sollevò la pesante valigia e lentamente
s’incamminò lungo i binari verso l’uscita. La città l’accolse tinta di
giallo da un sole di cartone né caldo né freddo. Adriana, con il cuore a
mille e un sorriso incerto sulle labbra, salì sul taxi, diede l’indirizzo
del foyer dove avrebbe trascorso i mesi a venire e guardò fuori dal
finestrino: Parigi, sorniona regista di un vecchio film infinite volte
proiettato, faceva sfilare i suoi eleganti palazzi, i ponti, le chiese,
mentre la Senna scorreva placida ed incurante del già caotico traffico
mattutino; con fascino ipnotico le dava il benvenuto in città.
Erano giusto 400 anni da quando Enrico III di Francia aveva posato la prima pietra. Fu chiamato Ponte Nuovo perché fu il primo in pietra, mentre i precedenti erano in legno. Unisce la riva sinistra e la riva destra con l’Île de la Cité; lì, a solo pochi passi, c’è la Sainte-Chapelle con le sfavillanti vetrate.
Ma ora nevica e Adriana si rifugia nello Jue de Paume, il Museo degli Impressionisti. Un’emozione diversa la invade, intensa, più intima e privata, tra le nebbie e le luci di quei quadri dove la melanconia si mescola alla serenità.
Adriana chiude l’album dei francobolli, immagini
miniaturizzate che conservano il ricordo delle emozioni di allora, un
sorriso confuso tra le rughe del tempo.
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