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I fatidici tre giorni e la travagliata vita del francobollo da 15 cent “tipo Sardegna” |
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Gianluca Palano | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Chi mi conosce o chi semplicemente ha letto i miei precedenti lavori, sa che una caratteristica che mi contraddistingue nell’approccio allo studio della storia postale è la ricerca minuziosa delle leggi e dei regolamenti che spiegano e giustificano il viaggio di quel particolare pezzo che, per qualche motivo, ha attirato la mia attenzione. Un tassello che mi mancava nello studio di queste varie regole riguardava alcune lettere affrancate con il bellissimo francobollo da 15 centesimi noto come “tipo Sardegna”, del quale riuscivo a reperire i documenti che spiegassero compiutamente alcuni passaggi della sua breve, ed alquanto travagliata, vita. Questo vuoto normativo riguardava i suoi tre giorni di non validità, ma andiamo con ordine. Prima di arrivare e comprendere il fulcro della questione, cerchiamo innanzitutto di riassumere brevemente i dati salienti, cominciando proprio dall’inizio.
Questo francobollo (Fig.1) vide la luce la mattina del 1° gennaio 1863, quando venne posto in vendita in tutti gli uffici postali e le rivendite autorizzate dell’allora Regno d’Italia. La sua genesi la dobbiamo in primis alla legge 604 del 5 maggio 1862 in cui viene sancita, tra le altre cose, la nascita della tariffa unica da 15 centesimi, uguale per tutte le province del Regno. Da questa legge nacque l’evidente esigenza di un francobollo che potesse soddisfare la nuova tariffa e di cui era preventivabile un’enorme richiesta. Questo taglio fu in effetti puntualmente previsto e preannunciato nell’art. 68 del successivo regolamento attuativo, emanato con il Regio Decreto 21 settembre 1862, n. 891 (fig.2), che descriveva valori e colori dei nuovi francobolli.
Purtroppo all’Amministrazione fu presto evidente l’impossibilità della ditta appaltatrice Sparre-Pellas (che si era aggiudicata il contratto di fornitura dei nuovi francobolli) di ottemperare ai vincoli contrattuali e di poter dotare il Regno, per l’inizio del nuovo anno, delle previste scorte dei nuovi francobolli. Le colpe di tali ritardi furono imputate da ciascuno dei due contendenti alla parte antagonista, tanto che la vicenda sfociò, dopo la rescissione dello stesso, in una lunga battaglia legale seguita da altrettante richieste di risarcimenti. Ma tralasciamo volutamente le cause che portarono a questo ritardo poiché costituiscono argomento complesso ed a sé stante. Il 1862 volgeva velocemente al termine ed il primo gennaio del nuovo anno era sempre più vicino. Occorreva trovare una soluzione urgente. Trovandosi dunque impossibilitato a distribuire i nuovi francobolli previsti ma mai realizzati, il direttore Generale delle Poste, G. Barbavara, si rivolse ancora una volta al Cav. Francesco Matraire, incisore e litografo di casa Savoia, chiedendogli di continuare temporaneamente a rifornire il Regno con i suoi francobolli e di iniziare anche a prepararne uno per soddisfare la nuova prevista tariffa da 15 Centesimi. Contento di continuare a lavorare (vista la scadenza del precedente contratto), il Matraire si mise solerte all’opera; in brevissimo tempo realizzò, nella sua officina, quanto richiesto usando il procedimento litografico a lui tanto caro. Il 30.11.1862 con tutta l’urgenza del caso venne firmato il R.D. n.1019 (fig.3) con il quale venne ufficialmente posticipata l’introduzione dei nuovi francobolli, venne soppresso il vecchio francobollo da 20 centesimi, e soprattutto venne sancita la nascita di questo nuovo francobollo da 15 centesimi, conosciuto appunto come “tipo Sardegna” (dei quali ne conservava le fattezze fatta eccezione per il valore e per il metodo di stampa).
Il 1° gennaio 1863 tale francobollo venne dunque regolarmente distribuito ed impiegato in tutti gli uffici del Regno. (fig. 4 e 5)
Dopo soli 11 giorni, volendo iniziare la produzione e distribuzione di un nuovo francobollo che riportasse le previste diciture “francobollo Postale Italiano”, il governo emanò il Regio Decreto n.1101.
Questa legge, oltre ad annunciare la nascita di un nuovo francobollo a sostituzione del precedente, di fatto sanciva contestualmente la fine del corso legale del 15 cent tipo Sardegna, consentiva l’uso promiscuo dei due tipi fino a tutto il mese di febbraio, ed autorizzava il cambio del vecchio modello, agli sportelli di posta, fino alla fine di marzo. (fig.6) Il nuovo modello, totalmente litografico, avendo l’effige non più in rilievo, necessitava di un solo passaggio di stampa ed evitava il doppio lavoro imprescindibile invece per il modello precedente. Il 15 tipo Sardegna difatti aveva bisogno per la sua realizzazione di due fasi distinte: stampa del disegno e successiva impressione a secco delle testine. Questa novità rendeva dunque più speditivo l’intero processo di produzione, giovando all’enorme richiesta di francobolli che la nuova tariffa unificata aveva determinato ed a cui il Matraire doveva, necessariamente, far fronte anche a costo di turni di lavoro massacranti (Fig. 7)
Tuttavia, durante i primi tre giorni di marzo le corrispondenze affrancate con il 15 centesimi Tipo Sardegna (che in base al Decreto 1101 sarebbe stato da considerarsi fuori corso) vennero trattate in maniera differente in base alle interpretazioni che i vari uffici postali diedero alle ulteriori comunicazioni fornite dall’Amministrazione delle Poste, diramate mediante i bullettini postali. In particolare quelle del gennaio 1863 risultarono poco chiare in merito soprattutto alla tassazione da applicarsi: cap.8: “…. potranno questi essere cambiati presso gli ufizi di posta con altri intieramente a stampa, e ciò fino a tutto marzo. Trascorso questo termine l’attuale francobollo da centesimi 15 non sarà più riconosciuto e, qualora venga apposto sulle lettere, queste saranno assoggettate a tassa.” Da sottolineare che diverse Direzioni Compartimentali, tra la fine di febbraio ed i primissimi giorni di marzo, scrissero alla Direzione Generale delle Poste per sollecitare chiarimenti in merito al comportamento da adottare ma, evidentemente, le risposte non furono esaustive. Il risultato fu inevitabilmente un pasticcio. Alcune lettere furono fatte passare regolarmente (in minoranza), altre invece considerate non affrancate e pertanto tassate per il doppio della tariffa dovuta, ed altre ancora inizialmente tassate e poi detassate. Questa confusione durò per 3 giorni, creando di fatto nove possibili differenti combinazioni (considerando i tre giorni ed i tre differenti tipi di trattamento). Le lettere di questo brevissimo periodo risultano ovviamente molto interessanti e ricercate dai collezionisti. (fig. 9,10,11) 01.03.1863
02.03.1863
Per rispondere a queste domande si arriva allo snodo cruciale di questa storia ed all’origine di questo articolo. È facile trovare, più o meno su tutti i testi specializzati, la notizia che per limitare le giuste proteste poste in essere dal pubblico (in particolar modo dalle ditte che avevano fatto scorta di questi francobolli), vennero emessi d’urgenza due documenti che ne riabilitavano l’uso, dapprima per tutto il mese di marzo e, successivamente, fino ad esaurimento. Ancora una volta, (come già visto in un precedente mio articolo dedicato al francobollo da 20 centesimi) il nuovo Regno commise un piccolo passo falso, consentendo l’uso di un francobollo la cui fine validità era stata precedentemente sancita con Regio Decreto. Sì, ma come? Spinto dalla mia curiosità volevo a tutti i costi visionare e leggere quei documenti che ne modificavano la validità postale. Di questi due documenti ero riuscito, nel tempo, a risalire alla loro posizione d’archivio ed al protocollo, ma nonostante diverse ricerche mi risultavano impossibili da trovare e visionare: A.C.S. – D.G.P., BUSTA 32: Ho essenzialmente cercato in qualunque testo disponibile ed in qualunque archivio presente online; ho chiesto praticamente a tutti gli amici collezionisti, ma niente. Nessuna traccia. Questi documenti sembravano spariti nell’oblio della storia e nelle pieghe del tempo. Senza arrendermi ho cercato di rintracciare Aurelio Di Noi, grande studioso e collezionista specializzato, del quale avevo letto il bellissimo libro dove egli ha perfettamente spiegato tutto il processo di stampa di questo francobollo, riuscendo a plattare in maniera esemplare tutte le singole posizioni del foglio (testo indispensabile per chiunque fosse interessato ad approfondire l’argomento). Anche Aurelio nella parte iniziale del suo testo citava, appunto, tali documenti e confidavo quindi nella risoluzione del caso, immaginando che ne fosse in possesso. Non senza difficoltà sono riuscito a contattarlo e ne è nata subito una bella amicizia incentrata su passione comune, approfondimenti tecnici, notizie storico-postali e scambio di conoscenze ed opinioni. Con estremo stupore ed un pizzico di delusione, ho scoperto che anche lui, nelle sue ricerche, non era riuscito a venire in possesso di questi documenti così importanti e si era affidato, infine, alle informazioni fornite dai testi classici di storia postale. Condividendo l’importanza di visionare di persona tali documenti per la comprensione dei fatti che portarono ai diversi trattamenti della corrispondenza nei fatidici primi tre giorni di marzo e poi fino alla fine dell’anno, abbiamo deciso di unire ed intensificare gli sforzi di ricerca. Come detectives di un giallo poliziesco, abbiamo cercato di ripercorrere a ritroso le tracce di questi fantomatici documenti misteriosamente assenti dal panorama filatelico, nonostante la loro indubbia valenza. Inizialmente abbiamo imboccato le strade più semplici e rapide che, però, si sono dimostrate senza via d’uscita (ricerche nelle pubblicazioni specializzate, interviste a colleghi studiosi della materia ecc.). Successivamente, sulla base dei riferimenti presenti nel noto “Trattato Storico-Postale d’Italia” di Zanaria-Serra, abbiamo pensato di cercare direttamente alla fonte più volte citata al suo interno: l’Archivio Centrale di Stato a Roma, ed in particolare nei Fondi, ivi custoditi, relativi all’Amministrazione delle Poste. Sfruttando il domicilio romano di Aurelio e le mie precedenti esperienze di contatto con la direttrice, siamo riusciti infine ad ottenere un appuntamento. Purtroppo la prima visita, a metà aprile, si è rivelata quasi un fallimento, poiché proprio la busta che noi cercavamo non si riusciva a trovare e risultava “dispersa”. Si è scoperto, tra l’altro, che la fatidica “busta 32”, a causa di un riordino dei cataloghi interni dell’Archivio, era nel frattempo diventata la “busta 54”! Ci siamo dovuti accontentare, quindi, della rassicurazione da parte della responsabile della Sala Studio dell’Archivio, che presto l’agognata cartella sarebbe sicuramente saltata fuori e che ce ne avrebbe subito comunicato la disponibilità. Questo primo accesso e quelli dei giorni seguenti sono stati comunque proficui dal profilo storico postale, poiché Aurelio ne ha approfittato per leggere e fotografare altri documenti contenenti misfatti ed aneddoti molto interessanti di quel periodo, su cui auspico voglia in futuro scrivere qualche interessante articolo. I giorni passavano senza notizie dall’Archivio, la delusione montava e le nostre speranze di trovare ciò che desideravamo si affievolivano sempre di più: se nemmeno nell’Archivio di Stato si fossero trovati i fatidici documenti, probabilmente avremmo dovuto accettare di considerarli perduti per sempre! Finalmente la svolta: il 17 giugno Aurelio mi ha contattato e, in preda ad una giustificata e pacata euforia, mi ha avvisato che l’Archivio Centrale aveva finalmente ritrovato la busta che cercavamo. Nel pomeriggio dello stesso giorno è riuscito, finalmente, a mettere le mani su questo ambito, vecchio e polveroso faldone! Con grande soddisfazione da parte nostra, abbiamo ora il piacere di mostrarvi pubblicamente gli originali manoscritti delle circolari che sancirono le due proroghe di validità del francobollo da 15 cent e che per facilità di lettura trascrivo integralmente: Ministro dei Lavori Pubblici Direzione Generale delle Poste Prot. n. 5577 del 03.03.1863 Alle Direzioni Compartimentali “Il Ministero avendo determinato di prorogare a tutto marzo corrente il tempo utile per valersi dei francobolli da C.mi 15 coll’effige sovrana in rilievo, ha fatto stampare l’avviso di cui si unisce qui una copia. Egli manda pertanto in pacco a parte alla S.V. ill.ma un competente numero del medesimo perché sia immantinente diramato agli uffici di ogni categoria da Lei dipendenti” (fig.12)
Ministro dei Lavori Pubblici Direzione Generale delle Poste Prot. n.6911 del 19.03.1863 Circolare a tutti i compartimenti “il Ministero ha creduto conveniente di lasciar continuare l’uso dei francobolli da C.mi 15 coll’effige sovrana in rilievo fino al loro esaurimento, ed ha fatto stampare in proposito una circolare a tutti gli ufizi, di cui si unisce un esemplare. Si trasmette pertanto alla S.V. Ill.ma in pacco a parte un competente numero di detta circolare con incarico di diramarla senza ritardo agli ufizi di qualunque categoria compresi questi compartimenti. Si osservi che non occorre dare alcun avviso al pubblico". (Fig.13)
Direzione Generale delle Poste Prot. n.6911 del 19.03.1863 Oggetto: Francobolli da C.mi 15 coll’effige in rilievo. Agli ufizi postali del Regno. La facoltà di far uso dei francobolli da C.mi 15 coll’effige sovrana in rilievo, che colla circolare a stampa del 3 corrente era stata limitata a tutto il mese di marzo, è mantenuta fino al loro esaurimento. Eppertanto gli ufizi delle poste dovranno considerare come regolarmente francate le lettere che trascorso il mese volgente portassero ancora dei francobolli da C.mi 15 in rilievo, continuando però di seguire il cambio di quelli che di essi fossero a quest’uopo presentati. Di questa disposizione non occorre dare avviso al pubblico". (Fig.14)
Come abbiamo potuto apprezzare leggendo i manoscritti, la regola fu abbastanza chiara e la circolare del 19 venne immediatamente riassunta e inviata a tutti i compartimenti. Salta anche all’occhio l’ultima frase in cui si specifica la NON necessità di informare il pubblico. Probabilmente si voleva comunque lasciare l’idea di massima della non possibilità di utilizzo del francobollo dopo il mese di marzo e favorirne, viceversa, il cambio. Questa, ovviamente, è solo la mia interpretazione personale. Un’altra anomalia in questa vicenda è data dal fatto che le disposizioni, emanate con queste circolari, non vennero mai ribadite all’interno dei Bullettini postali di tutto il 1863. Cosa davvero molto strana visto che, ogni deroga, ogni variazione al regolamento, convenzione o regio decreto veniva prontamente diffuso capillarmente a tutti gli uffici attraverso queste pubblicazioni mensili. Sta di fatto che dopo la sua “riabilitazione”, l’uso di tale francobollo, col trascorrere dei mesi, fu sempre più infrequente fino a divenire pressoché introvabile nell’ultimo trimestre. Usato su lettera del mese dicembre è piuttosto raro.
Difatti, con la firma del Regio Decreto n. 1562 del 29.10.1863 (Fig. 16,17) il Governo del Regno stabilì, a decorrere dal successivo 1° di dicembre, la nascita e la distribuzione della nuova emissione definitiva, nota come “De La Rue”, che sostituiva totalmente ogni precedente francobollo ancora in circolazione (facenti tutti capo all’incessante lavoro del Matraire). Venne consentito un mese transitorio in cui poter affrancare promiscuamente con le vecchie e la nuova emissione, in modo tale da consentire lo smaltimento delle scorte in possesso dei privati. Infine, dal 1° di Gennaio 1864 veniva consentito, come di consueto, un ulteriore mese destinato al solo cambio presso gli uffici postali. Ancora una volta un regio decreto sanciva contemporaneamente la nascita di una nuova emissione e contestualmente la fine di altre.
Ovviamente furono prontamente cassati e tassati secondo le regole della riforma postale in vigore. (Fig. 19)
In realtà per chi come noi studia ed ama la storia postale, riuscire rintracciare un documento, che da tempo si credeva disperso, significa raggiungere un piccolo traguardo che ci ricompensa delle tante ore di studio dedicate e delle impegnative ricerche effettuate. La fattiva collaborazione di due collezionisti, sfociata poi in sincera amicizia, ha dunque dato i suoi frutti ed ha dimostrato che, come spesso si dice, l’unione fa la forza. Aurelio merita un mio sentito ringraziamento per la condivisione di alcuni dei suoi bellissimi pezzi e per il fattivo e decisivo supporto nella ricerca. Concludo riportando il mantra di Giuliano Padrin, mio carissimo amico nonché grande studioso e collezionista di Pontificio, ormai non più tra noi: “La conoscenza è poca cosa se non viene condivisa”. A Lui è dedicato questo articolo. La bellezza della storia postale. Gianluca Palano |