QUINTA PARTE
MA PRIMA DEI TRAMWAY (1883) COME SI SPOSTAVA LA POSTA
IN LOMELLINA?
Fino al Settecento la struttura della Posta era alquanto limitata, sia per lo scarso numero di uffici esistenti (praticamente solo nei centri di una certa importanza esisteva un ufficio postale) sia perché le strade postali esistevano solo sulle principali direttrici di traffico e i mezzi di trasporto disponibili erano pochi
Dall’Ottocento, con le possibilità date dal progresso tecnico e dalle crescenti esigenze di comunicazione dovute al graduale miglioramento delle condizioni sociali, l’organizzazione postale si fece sempre più ampia e articolata, sia come struttura operativa sia come mezzi e sistemi di raccolta, trasporto e recapito.
È dal marzo 1889 che esiste il Ministero delle Poste e dei Telegrafi, giunto fino a noi anche se con nomi diversi nel tempo
Fra il Settecento e l’Ottocento, quando le corrispondenze viaggiavano in gran parte in porto assegnato (pagava il destinatario), esistevano i “tassatori”, cioè degli impiegati postali specializzati, che nelle grandi città avevano l’esclusiva incombenza di segnare sulle lettere le tasse dovute dai destinatari.
Una delle prime importanti leggi approvate dal nuovo Regno d’Italia, fu quella“sulla riforma postale” firmata da Vittorio Emanuele II il 5 maggio 1862, che fissava la privativa dello Stato sul servizio e che all’art. 3 ne stabiliva l’estensione “entro l’anno 1873 a tutti i Comuni del Regno” ma in realtà ci si arrivò solo più di 10 anni dopo, dando la preferenza ai comuni che concorrevano alle spese necessarie.
Un ufficio di posta occorreva infatti che fosse in grado di garantire un minimo di introito, tale da giustificare le spese per il personale, l’affitto ecc.: era la cosiddetta “rendita”, oggetto di costanti controlli e di statistiche sul numero annuale di lettere, raccomandate, vaglia e loro importo in ciascun“stabilimento postale”.
L’orario di apertura degli uffici un tempo era più lungo ed adeguato alle necessità locali. Nell’Ottocento gli uffici non chiudevano neppure la domenica e neanche nelle grandi festività come a Natale, Capodanno e Pasqua.
Ricordiamo comunque che fino a tempi recenti (1945) il servizio di recapito postale veniva svolto anche la domenica mattina.
Servizi rurali / collettorie
Dal “Capo XXVIII delle Istruzioni speciali provvisorie per il servizio della Posta delle Lettere”, primo testo postale unitario del nuovo Regno, in vigore dal 1º marzo 1861, apprendiamo che il numero dei comuni che approfittarono del servizio rurale furono 1422 e 1202 furono i portalettere che vi furono addetti
Il Regno di Sardegna e poi quello d’Italia promossero la creazione di portalettere rurali o collettori, dipendenti dell’ufficio postale e stipendiati dalla/dalle comunità che servivano.
Fu il Regio Editto 30 marzo 1836 n. 132 a stabilirlo, con la clausola che “la retribuzione a favore del distributore” fosse “a carico delle stesse Comunità” (art. 12).
Inizialmente le collettorie non ebbero alcun bollo: erano gli uffici postali che, come nel caso degli uffici ambulanti, dovevano apporre sulle corrispondenze anche un bollo indicante la località esatta di provenienza, per facilitare l’eventuale restituzione al mittente.
La gran parte degli uffici se ne dimenticava quasi sempre, specie dopo l’introduzione degli annulli a numero, finché nel 1871 non si decise di affidare questi bolli direttamente al collettore.
Le collettorie, per norma, dovevano avere nella loro sede una buca delle lettere, accessibile dall’esterno, per imbucare.
All’interno del locale c’era lo sportello della buca, chiuso con lucchetto, per il prelievo; le chiavi erano nelle mani del solo collettore che era il solo autorizzato a recuperare la posta imbucata in orari di non apertura.
Il collettore - più propriamente collettore rurale o procaccia – doveva accogliere la posta consegnatagli direttamente, svuotare la buca delle lettere e consegnare il tutto all’ufficio postale da cui dipendeva il territorio postale di sua competenza.
Ovviamente tali spostamenti erano a suo carico e durante la trasferta consegnava la posta ai destinatari ma anche la raccoglieva dai nuovi speditori. Spesso segnalava il suo arrivo con un segnale sonoro (fischietto).
Tali lunghi percorsi erano fatti a piedi, fatica alleviata verso i primi anni del 1900 dalla possibilità di usare una bicicletta.
Per distinguere la provenienza della corrispondenza da tali località minori vennero introdotti caratteristici bolli di tipo corsivo lineare e successivamente a forma ottagonale.
Precedentemente tale trasporto era affidato a messi comunali, carrettieri o pedoni
A seconda dell’importanza della collettoria vi erano varie qualifiche:
- Collettore rurale: era il titolare della collettoria aggregata ad un ufficio postale
- Portalettere collettore : raccoglieva e distribuiva la posta
- Portalettere rurale collettore: titolare di piccola collettoria che raccoglieva e distribuiva
- Portalettere rurale distributore: raccoglieva e distribuiva la posta e vendeva i valori bollati
- Pedone rurale: era addetto al trasporto dei dispacci tra le collettorie rurali e gli uffici postali. Era l’unico obbligato a portare il distintivo delle Regie Poste
E‘ cosa curiosa passare in rassegna gli articoli presenti nelle “Istruzioni speciali provvisorie per il servizio della Posta delle Lettere” dove al Capo XXVIII – servizio rurale - possiamo leggere i seguenti articoli:
….omissis
Art. 371.
Il portalettere rurale, che per infermità od altra causa non può eseguire il suo servizio, deve farsi surrogare provvisoriamente ed a sue spese da una persona accetta al Sindaco del luogo, il quale rende consapevole il titolare dell’Ufizio di posta relativo dell’avvenuta surrogazione
…Omissis
Art. 388.
È proibito ai portalettere rurali:
1º Di fare il servizio senza avere la bolgetta;
2º D’incaricarsi del recapito di lettere pieghi giornali e stampati qualunque, che non siano loro consegnati dal titolare dell’Ufizio o della Distribuzione da cui dipendono;
3º Di distribuir lettere o giornali con francobolli non annullati;
4º Di leggere o lasciar leggere ad altri i giornali e gli stampati che hanno da recapitare;
5º Di fermarsi quando sono in servizio nei caffé nelle osterie ed in altri pubblici luoghi
….omissis
8º Di lasciar leggere l’indirizzo delle lettere a persone cui non spettino, tranne il caso che quello fosse poco intelligibile o scritto in lingua straniera.
…omissis
Art. 390.
Il portalettere rurale colpevole di ritardo nella consegna delle lettere ai destinatari o dello smarrimento d’una lettera, sarà punito con una multa da lire tre a cinque, e sarà inoltre responsabile di ogni conseguenza dipendente dal ritardo o dallo smarrimento di cui trattasi; e quando risultasse provenire l’uno o l’altro da colpevole fine, verrà immediatamente licenziato.
…omissis
Nello stesso documento si legge:
I messi ed i pedoni incaricati dai Municipi di ritirare dagli Ufizi postali le corrispondenze d’ufizio e le particolari, è opportuno che sappiano leggere e scrivere. Gli Ufiziali di posta perciò procureranno possibilmente che vengano eliminati da tale servizio gl’individui analfabeti
Vediamo di seguito qualche documento postale che illustri quanto sopra riportato.
Il primo documento è una lettera partita da Vigevano 7/4/1863 e arrivata a Garlasco il giorno dopo (8/4/1863), spedita dall’Ospizio degli esposti per la provincia Lomellina in Vigevano
La curiosità di tale documento nasce dal fatto che, dai timbri, si vede che nel giorno della spedizione ha impiegato ben un'ora per andare dalla città ducale (ore 4 S ossia ore 16) a Mortara (ore 5 S ossia ore 17)
Sin qui niente da eccepire: la ferrovia che collegava i due centri e che si fermava a Vigevano (perché il confine con il Lombardo Veneto era al Ticino) era stata inaugurata nel 1854.
Non era ancora nata la Mortara Pavia che ha avuto varie date di inizio servizio
• Pavia – Cava Manara il 10 maggio 1862
• Cava Manara – Garlasco l’11 settembre 1882
• Garlasco – Mortara il 31 dicembre 1882
per cui il nostro documento ha dovuto partire il giorno dopo, data l’ora, ed un pedone rurale (probabilmente uno o più) l’ha trasportata, per coprire la distanza che separa Mortara da Garlasco passando per Remondò e Tromello (km 17,5).
Non conosciamo l’orario di arrivo in tale centro perché il timbro a doppio cerchio del paese non riportava tale dato
Passiamo ad un documento, precedente come data, e di cui è più semplice scoprire il percorso
È partito da Vigevano il 12 gennaio 1858 (ossia circa un anno prima della seconda guerra di indipendenza) con destinazione Novara.
Già sopra abbiamo visto che esisteva la Vigevano Mortara dal 1854 per cui c’era il successivo trasbordo sulla Mortara Novara, già inaugurata il 3 luglio 1854
Un altro documento “complicato” come percorso.
Era partito dalla Dogana di San Martino Siccomario il 3/3/1859 diretto a Cilavegna (abitanti, nel 1871, 3878), dove dovrebbe essere arrivato il giorno successivo.
Il condizionale è d’obbligo visto che nel 1871 (quindi 12 anni dopo) non c’era ancora in tale centro un ufficio postale…. mentre esisteva a Gravellona che aveva solo 2448 residenti.
Come si spiega che un centro meno popoloso avesse un ufficio postale mentre uno più popoloso no?
Presto detto: a Gravellona era nato ed aveva una casa Giovanni Barbavara che era il direttore delle Poste del Regno di Sardegna e poi del Regno d'Italia dal giugno 1859 al febbraio1880.
Ovvio che necessitasse di un ufficio locale…
Facevano parte della “Divisione di Novara” le provincie di Novara, Vercelli, Lomellina e Pallanza.
La dogana di San Martino Siccomario, serviva per controllare il passaggio delle merci alla dirimpettaia Pavia, lombardo veneta sino al 1859.
Ricordiamo che il confine dello stato sabaudo verso il Lombardo Veneto era costituito dal Ticino (in quella zona lo era il suo canale Gravellone, ramo secondario), e tutti i territori ad ovest di tale fiume erano piemontesi.
Il documento è inviato dalle Dogane Nazionali - Ufficio Principale di S. Martino Siccomario - sezione contenzioso, per “tentata introduzione di una coperta di lana” (probabilmente dal confine austriaco e senza pagamento del dazio) di una residente a Cilavegna, per cui si chiedeva al sindaco di contattare detta persona- di cui è evidente che non si conosceva l’indirizzo- perché si presentasse a S. Martino Siccomario all’ufficio per risolvere “con una tenue oblazione” il contenzioso
Troviamo i seguenti timbri sul documento (si leggono con difficoltà perché mal impressi)
Vigevano - ? mar(zo) 59 8 M (ore 8 Mattino)
Alessandria - 3 mar(zo) 59 8 S (ore 18 Sera)
San Martino Siccomario - 3 ? 59 (orario non presente)
Gravellona - 4(?) mar(zo) 59 (orario non presente)
San Martino Siccomario aveva solo 1508 abitanti ma disponeva di un ufficio postale, data la sua posizione strategica di posto di confine.
Ma nessun treno passava da tale centro visto che la linea Pavia - Cava Carbonara era inaugurata solo nel 1862: ovvio quindi che uno o più pedoni rurali abbiano spostato il documento sino ad Alessandria (arrivo ore 18).
Finalmente lì trova un treno che lo porta a Mortara (non dimostrabile ma intuibile visto che dal 5/6/1854 esisteva tale linea) e poi un probabile passaggio sul Mortara-Vigevano (probabilmente il 4 marzo, visto che arriva alle 8 del mattino).
Un altro pedone rurale lo porta poi all’ufficio postale di Gravellona e poi arrivo, ragionevolmente con l’ennesimo pedone, a Cilavegna
Un altro documento interessante che dimostra come le autorità - tra cui anche i vescovi - godevano della franchigia postale
Il documento è inviato dalla Curia Capitolare di Vigevano (da qui il timbro “R. Poste – Vescovo di Vigevano” che gli permetteva l’esenzione delle tasse postali) al parroco di Gallia, allora già non più comune come lo era nel XVIII secolo, ma inglobato in quello di Pieve del Cairo, nel 1818, come dimostrato dall’annullo posto a retro del documento
Difficile stabilire il percorso fatto: si vede solo che è partito il 30 dicembre 1861 ore 4 S (ore 16) ma è illeggibile la data di arrivo a Pieve del Cairo (si legge solo 62, ovviamente 1862).
La strada più logica sarebbe quella che passa da Tromello, Ottobiano, Lomello e poi a destino, strada tutta percorribile solo con i pedoni rurali.
Un’altra possibilità era sfruttare il treno Vigevano Mortara e poi proseguire con i pedoni per San Giorgio, Ottobiano e Lomello.
Non ci sono tracce del percorso seguito
Sin ora abbiamo trattato documenti partiti da centri “importanti” o comunque dotati di ufficio postale (Vigevano aveva anche il telegrafo!)
Proponiamo un documento partito da Goido il 17/8/1879 e diretto a Mortara
Goido è stato comune sino al 1928 e poi è stato inglobato nel comune di Mede
Non aveva un ufficio postale (abitanti nel 1871 486) e per questo il documento è stato spostato alla vicina Semiana (abitanti a quella data 1173) che, sempre nel censimento del 1871, non denunciava presenza di ufficio postale: evidente che negli 8 anni successivi (tra il 1871e il 1879) ne era stato dotata e la cosa è dimostrata dalla presenza del timbro.
Da quell’ufficio postale a Mortara si possono ipotizzare due strade: Velezzo Lomellina, Olevano di Lomellina, Cergnago, Mortara o Velezzo Lomellina, Campalestro, Cergnago, Mortara: tutti centri senza ferrovie per cui tutto affidato a pedoni.
Un percorso di più facile intuizione è quello del seguente documento, spedito dal sindaco di Langosco (nel 1871 abitanti 1838) con destinazione Mortara, il 27/?/1876.
Il comune di Langosco non aveva ufficio postale per cui un pedone ha portato il documento a Candia Lomellina (abitanti 2739 e dotata di telegrafo).
Oltre al timbro di Candia Lomellina il documento presenta anche un francobollo obliterato con l’annullo numerale 617, numero assegnato a tale centro
Lì giunto transitavano i binari della ferrovia Castagnole - Asti – Mortara (inaugurata il 12/7/1870) e su tale treno proseguiva probabilmente a destino
Presentiamo un altro documento proveniente sempre da quel piccolo centro e diretto alla lontana (per l’epoca) Cavarzere (ora in provincia di Venezia).
Ricordiamo che il Veneto era diventato italiano da due anni, grazie alla terza guerra di indipendenza
Come il precedente documento la missiva è stata trasportata a piedi all’ufficio postale Candia Lomellina e fatto ripartire, grazie alla ferrovia Castagnole - Asti – Mortara, sino al capoluogo lomellino per prendere un ulteriore treno della Mortara – Milano, a giudicare dal timbro che si nota nel retro.
Indi è proseguita per Venezia sulla Milano - Venezia, linea costruita tra gli anni 1840 e 1860
Ecco un altro documento di un piccolo centro che si appoggia ad uno più grande e dotato di ufficio postale
Il documento parte dal comune di Borgo San Siro (abitanti 1245 nel 1871) diretto a Mortara.
Un pedone lo porta alla posta di Garlasco (18/3/1878) che lo annulla.
Ma la linea ferroviaria Garlasco Mortara non è ancora stata costruita (31/12/1882) per cui, sempre a piedi prosegue per Mortara dove arriva lo stesso giorno alle 19
Diversa sorte subisce un documento partito dallo stesso posto (il municipio di Borgo San Siro) il 17/4/1884, diretto a Pavia.
Solito tratto a piedi sino a Garlasco (17/4/1884) dove però è già attiva la linea ferroviaria Garlasco Pavia (11/9/1882) e con quella facilmente può arrivare a destino
Un percorso pure facilmente intuibile è quello del documento sotto riportato
È l’autorizzazione della Provincia di Lomellina, il cui capoluogo era sito a Mortara, di provvedere alla nomina di un organista in sostituzione di quello defunto nel comune di Cozzo, il tutto datato 21/12/1843.
Il percorso, tutto a piedi, non può essere stato che Mortara, Castello d’Agogna, Cozzo: circa 15 km.
Ma come allora era servita dal lato ferroviario la nostra zona?
Ci viene in aiuto l‘orario ferroviario del 1868 di cui si è accennato all’inizio.
Ricordiamo che la terza guerra di indipendenza è stata combattuta nel 1866, (così anche il Veneto era diventato italiano), mentre la presa di Roma era stata nel 1870
Le linee attive nel 1870 tra il Piemonte orientale e la Lombardia sudoccidentale erano solo 3.
• Alessandria Vercelli (via Valenza, Casale), aperta nel 1858
• Alessandria Arona (via Valenza, Mortara, Novara), entrata in servizio nel 1854-1855
• Alessandria Pavia (via Valenza, Mede, Lomello, Sannazzaro, Cava Carbonara) del 1854-1862
Come si capisce facilmente molti spostamenti - compreso i postali - erano affidati ai piedi di bipedi e quadrupedi perché le linee ferroviarie erano veramente poche.
Poi nel 1880 sono arrivati i tramway (assieme alle biciclette) a facilitare le comunicazioni
Andiamo ulteriormente a ritroso nel tempo.
Quasi impossibile trovare documentazione “locale” come orari di spedizione o simili, con mezzi “pubblici”.
Utili informazioni si possono reperire, per estrapolazione, in una “Guida di Milano” del 1846 che riporta notizie su documenti che potevano partire dalla “metropoli” e diretti nelle nostre zone.
Apprendiamo che presso la I. R. Direzione Centrale delle Poste di Milano – Contrada de’ Rastrelli 5279 - (con aprimento per tutta la settimana alle ore 9 antimeridiane e chiudimento alle ore 6 pomeridiane)
- dalle ore 12, tutti i giorni meno la domenica, era possibile ritirare la posta proveniente da Abbiategrasso mentre se si aveva un documento da spedire a tale centro occorreva consegnarla entro le ore 13,15, al solito con esclusione della domenica
- da Vigevano la posta in arrivo era disponibile dalle 9,30 tutti i giorni mentre in partenza doveva essere in posta alle 13,15, giornalmente
- stessi orari per Mortara,
per cui se ne deduce che il mezzo che la trasportava era lo stesso di Vigevano
Per una destinazione che può riguardare il circondario lomellino vediamo che per Alessandria (definita ancora con il vecchio nome “della paglia”) la posta in arrivo era disponibile dalle 10, tutti i giorni, mentre in partenza doveva essere in posta alle 13,15, giornalmente.
Tranne delle minime differenze orarie, sembrerebbe che una “linea” Milano Alessandria ci fosse, malgrado l’assenza di ferrovie
Per Pavia la posta in arrivo era disponibile dalle 10 tutti i giorni, mentre in partenza doveva essere in posta alle 13,15
Per San Martino Siccomario (Dogana….) la posta in arrivo era disponibile dalle 9,30 tutti i giorni mentre in partenza doveva essere in posta alle 13,15
Ma per gli “umani” esistevano anche “corrieri, velociferi, malleposte e forgoni” pubblici che coprivano tutta l‘Italia settentrionale ed arrivavano sino a Vienna, in Svizzera ed in Francia/Inghilterra.
Per il sud arrivavano sino a Roma e Napoli, e al solito la forza traente era data dai cavalli
Ma esisteva anche la possibilità di usare trasportatori “privati”.
Ad esempio per Vigevano c’erano vetture tre volte alla settimana che partivano da Milano e le si trovavano all'albergo della Gran Parigi, detto del Ponzone, contrada di Valpetrosa 3297.
Allo stesso indirizzo c’erano quelle per Abbiategrasso: evidente che era una linea unica
C’erano poi condottieri e cavallanti, sempre partenti da Milano, per il trasporto di merci.
Come esempio riportiamo “per Vigevano Giuseppe Basti, corriere, che arrivava e partiva due volte per settimana. e lo si trovava all' osteria della Torre alla Palla sulla corsia di S.. Giorgio 5296”.
- Ma in direzione Milano c’erano pure i navigli che venivano usati per trasporto di persone e merci.
Riportiamo i seguenti orari per partenze da Abbiategrasso per Milano
Tutti i giorni, esclusa la domenica:
- Gennajo, Dicem. ore 6 matt.
- Febbraio. ore 5 e mezzo matt.
- Marzo, Apr., Maggio, Settem., Ottobre e Novembre ore 5 e mezzo matt.;
- Giugno, Luglio, Agosto alle 4 e mezzo mattina,
- Tutti i giorni, compresa la domenica:
- Genn. e Dicembre ore 9 matt.;
- Febb. alle 8 e mezzo mattina;
- Marzo, Aprile, Maggio, Sett., alle 7 e mezzo mattina;
- Giugno, Luglio alle 6 e mezzo matt.;
- Agosto alle ore 7 matt.;
- Ottobre alle 8 matt.;
- Novembre alle ore 8 e mezzo mattina.
Per un posto cent. 29; per le merci cent. 3.
Se per l’andata a Milano ci si affidava alla corrente ed un cavallo al trotto, per il ritorno la barca era trainata da più cavalli
C’era poi una gondola celere che impiegava 3 ore e mezzo da Milano ad Abbiategrasso, e sole ore 2 e .¾ da Abbiategrasso a Milano.
Come si può intuire, una rete di “trasporti pubblici” gestiti da privati è probabile che ci fosse anche nella nostra Lomellina, almeno colleganti centri appena importanti.
Vigevano, Abbiategrasso, Pavia, Mortara, Casale probabilmente ne erano serviti, mentre per i piccoli centri tutto era affidato al singolo, magari appoggiandosi al comune, che aveva tutto l’interesse a facilitare la cosa per incrementare il commercio o gli scambi, che ovviamente portavano soldi - con i dazi- nelle casse comunali.
NOTA
A esclusione di qualche cartolina scaricata da internet, le immagini dei documenti postali sono di mia proprietà.
In particolare è di mia proprietà: la copia della copertina della Domenica del Corriere e il biglietto del tram del giorno dell'incidente. Tale pagina, incorniciata, era in possesso della sorella di mio nonno che era a bordo del tram incidentato... da questo è derivata la mia curiosità sull'argomento, ma anche il fatto che questo tram transitava proprio davanti alla mia attuale abitazione e, l'Osteria della scopa, indicata come fermata "a richiesta" tramite esposizione di scopa, distava pochi metri alla mia abitazione.
BIBLIOGRAFIA
Luigi Pagetti, Lomellina in tram - Le ferrovie extraurbane (1880-1930), Archivio Lomellino n. 19, 2013, Italia Nostra -sezione Lomellina - (Alcune foto "storiche" sono tratte da tale volume);
Wikipedia, Tranvia Mortara Ottobiano Pieve del Cairo - Tranvia Novara Vigevano Ottobiano;
Paolo Guglielminetti, Il tram come mezzo di trasporto della posta, 2014 - in www.filatelicisalernitani.it;
Guida di Milano per l'anno 1846 - anno XXIII;
Filanci Franco, La bolzetta vien dalla campagna, in www.ilpostalista.it.
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