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I trasporti su rotaia e la posta tra il 1880 e il 1933 nella Lomellina, la parte settentrionale della provincia di Pavia | ||||||||||||||
di Eugenio Priola | ||||||||||||||
PRIMA PARTE Verso la fine del 1880, con lo svilupparsi della reale unità d’Italia, si sentì la necessità di facilitare i collegamenti tra i centri minori ricorrendo alle ferrovie. Dopo l'inaugurazione della linea ferroviaria Mortara - Vigevano (1854) e della linea Vigevano-Milano (1870), si avverti l'esigenza di servire più capillarmente i paesi sparsi lungo le strade statali e ciò aveva portato ad individuare nelle tramvie extra-urbane, date in gestione ai privati, una soluzione interessante e praticabile
Dalla stazione di Vigevano, prima della seconda Guerra di Indipendenza, un passeggero diretto a Milano doveva procurarsi una carrozza per arrivare al Ticino, farsi traghettare sulla sponda “austriaca”, proseguire con un altro mezzo sino ad Abbiategrasso e da lì proseguire o via Naviglio o con altri mezzi (non esisteva ancora la linea ferroviaria) sino al capoluogo. Per spostarsi tra i vari centri minori, che non erano serviti dai treni tradizionali e che risultavano, sovradimensionati per le reali esigenze, si ricorreva a linee ferroviarie a scartamento ridotto, con pochi vagoni e con una trazione molto “spartana” (in qualche caso addirittura animale!), sopratutto a vapore e solo in seguito elettrica. BREVE STORIA “TRAMVIARIA” Nel 1884 la multinazionale belga “Società per le ferrovie del Ticino" realizzò le linee lomelline:
I requisiti tecnici delle tramvie extra-urbane erano così sintetizzabili: Durante la Prima Guerra Mondiale il tram trasportò anche i feriti all'Ospedale Militare di Mortara, reparto staccato di Sartirana Lomellina.
Un punto a favore delle tramvie è che non necessitavano di costose massicciate ferroviarie poichè i binari erano a lato della viabilità ordinaria (su sterrato), per cui non occorrevano stazioni ma solo luoghi di fermata, ben indicati. Le uniche “stazioni” erano i capolinea, in cui esisteva la possibilità per il mezzo traente di invertire la marcia. Le locomotive a vapore delle tramviarie ebbero un aspetto del tutto diverso da quello delle locomotive ferroviarie: le ruote ed il meccanismo motore vennero protetti esternamente con una specie di “grembiule” per non arrecare danni ai passanti ed ai quadrupedi - allora ancora molto abbondanti - che circolavano su dette strade Per evitare che durante il passaggio nei centri abitati la fuoruscita di vapore procurasse danni, molte macchine erano provviste di condensatori del vapore di scarico, per attutire i rumorosi colpi dello scarico
Inoltre il capotreno del tram che passava a San Bernardo segnalava con il suono di un corno l'imminente arrivo del convoglio. Malgrado questi accorgimenti ci fu una grave collisione (7 morti e 50 feriti) il 14 ottobre 1929, fiera del lunedì dei festeggiamenti per il patrono di Vigevano Beato Matteo Carreri – tradizionalmente la seconda domenica di ottobre- per cui dai vari paesi toccati vi era un notevole flusso di persone per il capoluogo sulla linea Ottobiano-Vigevano.
L’incidente fu dovuto a: Quell'incidente si meritò una copertina sui giornali dell'epoca quali la Domenica del Corriere (anno XXXI 27 ottobre 1929 n° 43) e L'illustrazione del Popolo (supplemento della Gazzetta del Popolo) e segnò il punto di decadenza del tram in Lomellina. E non fu l’unico incidente con esiti dolorosi sulle linee lomelline….
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