Li abbiamo fatti anche noi, da giovani. Scherzi con cartoline e con lettere. Naturalmente senza indicare il mittente e, soprattutto, senza affrancare la missiva. Successivamente, facendo gli gnorri, si cercava di sapere se le nostre “pseudo spedizioni” erano giunte a destinazione, sicuramente con una tassa a carico...
Le vittime degli scherzi erano persone della nostra cerchia, in genere anziani borbottoni, con una preferenza per gli esercenti, dai quali giornalmente acquistavano i nostri genitori. Se il tiro era riuscito, il nostro gruppetto di monelli se la spassava con gioia birbona.
Nei tempi passati quando le corrispondenze erano una frazione di quelle dei nostri tempi, nessuno osava scherzare con le Poste. Gli occhi della polizia erano molto attenti, anche su chi andava a imbucare delle missive. Carbonari e ribelli vari dovevano attendere la notte fonda per la diffusione dei loro messaggi. E alla luce del giorno le giovani birbe potevano essere colte sul fatto e presto identificate. E allora erano dolori.
Fa una certa impressione il vedere uno scherzo attuato nel pieno periodo della seconda guerra mondiale. E così ho il piacere di offrire, tramite il “POSTALISTA”, un breve diversivo alle nostre ore di studio.
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Siamo in Sicilia, nell’autunno del 1941. Le foglie stanno ingiallendo e pian piano cadono. Un buontempone (a giudicare dalla grafia doveva essere un giovane) si china e ne raccoglie una di lauro, bella e grande, ingiallita. “Foglia è il femminile di foglio – e io ci scrivo sopra”, si sarà detto. Pensato e fatto.
Da lì la voglia di spedirla: alla Signora Iside, abitante a Reggio, in Emilia. Il Nostro verga la destinazione e, alle ore 13 del 1° ottobre 1941, getta la foglia in una delle cassette postale di Messina. E’ noto che i siciliani sono persone piuttosto chiuse e toste. Durante quei frangenti bellici, più che mai. Ebbene, nell’ufficio postale messinese timbrano la “foglia-cartolina”, e poiché essa non è affrancata, vi imprimono sopra anche la T di tassazione. All’epoca una cartolina scontava 30 centesimi, il doppio qualora tassata per mancata affrancatura.
Tuttavia come sia poi veramente andata, non ci è dato di sapere. Di sicuro è che questa pseudo missiva è giunta sino ai nostri giorni.
E qui mi preme ringraziare nuovamente Paolo Vaccari, che me la donò in occasione di una mia conferenza, tenuta a Vignola in una serata da lui dedicata ai suoi consoci LYONS. Durante la quale portai la dimostrazione che la prima bandiera tricolore bianco-rosso-verde era nata a Milano, il 9 novembre 1796, in anticipo su Reggio Emilia.
Regalando questa foglia Paolo volle ringraziarmi (o fare anche a me uno scherzo ?) Prediligo la prima ipotesi.
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