E' infatti abbastanza complesso, almeno per me che mi sto affacciando sull'affascinante settore degli Antichi Stati Italiani, orientarsi su di queste poiché non esiste una uniformità di comportamento e di valutazione.
Basta infatti prendere in mano un catalogo qualsiasi per rendersi conto di questo:
>> descrizioni spesso "fumose" fatte in modo da esaltare qualche particolare per nasconderne altri: quando leggo "margini perfetti in alto" significa che gli altri tre lati sono perlomeno insufficienti?
>> innumerevoli definizioni circa la qualità complessiva: si va da fresco, molto fresco, freschissimo, ottimo, buono, molto buono, splendido, extra, lusso, super, ecc.
>> quando poi si parla di storia postale, quasi nessun riferimento al fatto che la busta presenti o meno tracce di linguella, riparazioni leggere, ecc.
Il risultato di tutto ciò è una grande diffidenza all'acquisto in quanto ti chiedi come realmente sarà il pezzo che hai acquistato temendo sempre brutte sorprese (lo so che molti permettono la restituzione del materiale in caso di insoddisfazione ma, almeno per me, è una cosa sgradevole che comunque non risolve il problema).
Trovo allora corretto il comportamento della Ditta Vaccari (la cito solo perché mi sembra sia l'unica a farlo) che autonomamente classifica i vari pezzi entro categorie alle quali corrisponde una ben determinata qualità.
Allora mi chiedo: perché i commercianti non si impegnano a fissare dei criteri validi per tutti, in base ai quali a ciascun pezzo venga riconosciuta una certa categoria che inequivocabilmente ne stabilisca la qualità e se ne rendono responsabili?
Non voglio certo mettere in dubbio la serietà di nessuno, ma sono convinto che una maggior chiarezza sarebbe un vantaggio per tutti, venditori e acquirenti.
Che ne pensa?
Danilo Paolo Vittorio Vignati - 23 settembre 2002 |
Il mercato italiano è sicuramente quello più difficile per il commercio, dato che l'acquirente pretende sempre la qualità più estrema, ciò che gli inglesi chiamano Italian quality.
Se certe volte, per incontrare i requisiti di chi compra, molti pezzi vengono abbelliti e talune mancanze vengono non solo nascoste ma addirittura riparate forse è anche colpa di chi pretende sempre di trovare il pezzo più fresco, la gomma integra, i margini più abbondanti.
La descrizione di chi vende tende a magnificare la propria mercanzia, facendo passare in secondo piano le mancanze; è umano che succeda così.
Difficile stabilire a priori delle categorie di qualità che siano ben strette ed applicabili. Il francobollo non è una pera o una mela, ma quando acquistiamo una mela o una pera ed abbiamo diverse alternative, anche solo il prezzo ci può dare indicazioni sul sapore e la freschezza di ciò che si vorrebbe comprare. È anche vero il contrario perché per taluni commercianti il prezzo di vendita non è lo specchio di ciò che si compra. Una mela o una pera potrebbero essere bellissime ma anche insapori. E questo anche perché il prezzo può essere preteso dal venditore e non fissato dal commerciante che agisce in nome e per conto suo. Oppure che la descrizione sia fatta e imposta dal venditore stesso e non dal commerciante che agisce da intermediario.
Descrivere la qualità di un francobollo o di un oggetto da collezione non è difficile. Difficile invece è essere obiettivi senza per questo svalutare o sminuire il pezzo o descrivere una qualità indebita.
Può essere difficile per un neofita entrare e capire il gergo filatelico. Se un francobollo è perfetto in un punto, se è un francobollo non dentellato, in quel punto il margine è inferiore a quelli vicini pur senza intaccare la parte stampata. Tanto meno è desiderabile che un francobollo sia perfetto in un punto tanto più i margini per quella serie sono ampi fra francobollo e francobollo. Ad esempio per i francobolli di Toscana la norma è che siano perfetti nei margini, ovvero che vi sia un accenno di margine bianco appena percettibile oltre alla parte stampata. Per i francobolli di Lombardo Veneto, stampati con larghezza di margini, un margine appena visibile non è certamente desiderabile. È stato versato un fiume d'inchiostro quanto il Rio delle Amazzoni per dire che la freschezza è in funzione del tempo trascorso dalla data d'emissione. Se un francobollo novità non è freschissimo, lo si dovrebbe utilizzare per spedire della posta. Se è invece un francobollo dell'ottocento andrebbe usato un po' di accondiscendenza. Nel caso della storia postale è naturale che le parti esterne al francobollo siano un po' vissute, dato i continui passaggi di mano e nel macchinari, iter necessario per la effettiva spedizione.
Non si deve pretendere che qualcuno si possa orientare in poco tempo in un campo così vasto. Se si è agli inizi buona regola è studiarsi le condizioni di vendita di ogni catalogo d'asta che si riceve, oltre alle avvertenze poste all'inizio dei cataloghi annuali. Se si è ancora più diligenti è meglio confrontare tutte le condizioni di vendita e le descrizioni qualitative, anche delle case d'asta estere.
Qualche anno fa si assisteva all'applicazione generalizzata di una condizione devastante: la clausola da esaminare riportata alla fine di ogni descrizione. Come se chi vende all'asta non avesse espletato la condizioni inderogabile di aver esaminato attentamente la merce che viene venduta, anche se di proprietà di terzi, prima di inserirla nel catalogo. È bastata una mia lettera alla rivista Qui Filatelia, che gentilmente l'aveva riportata per esteso, per far capire che fosse una clausola che dimostrasse una scarsa considerazione della clientela ed uno scarso impegno professionale. La clausola da esaminare escludeva infatti la possibilità di recesso dalla vendita per difetti palesi o occulti.
È molto difficile, benché non impraticabile, che tutti i commercianti utilizzino i medesimi criteri descrittivi. Penso che una omogeneità di descrizioni sia auspicabile benché alla lunga pericolosa. Auspicabile perché taglierebbe fuori chi bleffa nelle descrizioni. Pericolosa perché assopirebbe lo spirito critico di chi compra. Chi compra deve avere tutti i dati e poi decidere autonomamente. Delegare ad altri la propria decisione alla lunga potrebbe dare brutte sorprese.
Il collezionista filatelico deve credere nel proprio arricchimento culturale. Ed anche questo, saper vagliare il grano dal loglio, è cultura. Il collezionista filatelico deve sempre avere una fame insaziabile di cultura.
COME LEGGERE LE DESCRIZIONI DELLE OFFERTE FILATELICHE
di Giorgio Landmans 25 settembre 2002
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Grazie per le Sue domande, gentil Signor Paolo ed ora Le passerò le informazioni concrete che ritengo Le possano tornare utili per il Suo futuro di appassionato filatelico.
Le descrizioni di vendita che vengono fatte nelle offerte (non chiami «cataloghi» i listini più o meno ricchi che sono altra cosa e potranno essere oggetto di un eventuale particolare futuro articolo) sono stilate da un venditore che può essere anche molto affamato alla vendita.
Le stesse valutazioni o richieste sono in linea di massima soggette a certe leggi di mercato per cui – ad esempio - se il venditore ha avuto la fortuna di fare a sua volta un acquisto vantaggioso sarà propenso a richiedere un prezzo inferiore a quello che altri
domanderanno per lo stesso pezzo. Ciò non significa che il maggior costo corrisponde al miglior francobollo.
Vede, gentile Signore, come in tutti i campi commerciali vi sono vari tipi di venditori, più o meno seri, più o meno onesti, più o meno graffianti., più o meno tutto quel che Lei vuole. Un po’ come succede con la pubblicità alla quale, io spero, Lei non crederà ciecamente. Io ritengo che la cosa di gran lunga più importante sia quella, per il collezionista, di saper esaminare con occhio critico ma esperto ogni esemplare disinteressandosi delle terminologie spesso "fumose" che Lei ben definisce. A mio avviso nemmeno il parere del perito può dare valido aiuto altro che nel fatto che un francobollo è originale. Per ciò che riguarda le riparazioni, lo stato di conservazione, la centratura, la ripulitura da linguella, l’originalità di un annullo ed altro io credo è meglio che il collezionista impari a fare realmente il suo personale esame ai francobolli. Vede così verrebbe semplificato ogni diatriba: Lei sarebbe in grado di considerare il francobollo se di Suo pieno gradimento o potrebbe scegliere anche la strada del minor costo a pari qualità, o addirittura preferire una buona seconda scelta a vile prezzo (e potrebbe esaminare ben più francobolli per lo
studio di questi). Lei così sarebbe in grado di divenire autonomo nel Suo giudizio.
Le varie terminologie – ivi comprese quelle del caso da Lei citato – sono puramente d’ordine commerciale e pubblicitario per vendere o per cercare di creare danno ai concorrenti pensando in questo modo di esserne avvantaggiato.
Lei pensa che i commercianti filatelici siano disposti a fissare dei criteri validi per tutti. Ma non si è chiesto perché ciò non avviene in altri campi ? Cito a caso: antiquari, supermercati, mobilieri e potrei proseguire per molto tempo.
Vede le sorprese in filatelia sono possibili come in altri campi. Però c’è una scappatoia assolutamente elementare che – ed io non ne comprendo la ragione – è nelle possibilità del compratore.
La legge punisce chi vende qualcosa che non corrisponde a quanto affermato. Ma il collezionista come può dimostrare di aver acquistato da una certa persona se si accontenta di un certificato di un terzo, esperto o perito fin che si vuole, ma che ha stilato
un documento di nessun valore legale vista la formula deresponsabilizzante «a mio parere …» ? Alcuni commercianti si sono iscritti ad un albo peritale e stilano certificati e naturalmente usano quella formula che servirà da scappatoia nel caso che qualcuno avrà qualcosa da ridire. Che garanzia è questa se in caso di contestazione la risposta sarà inevitabilmente : ma io faccio certificati a chiunque esprimendo il mio personale parere a chi me li chiede (e ciò naturalmente non vale come garanzia).
Un tempo , poi non tanto lontano, la funzione dei periti era quella di fornire ai commercianti un certo aiuto per evitar loro di cadere in certi possibili trucchi. Il commerciante in linea di massima deve occuparsi di sostenere il suo giro d’affari e ha ben poco tempo disponibile per occuparsi di studi molto approfonditi. Poi venne la moda delle perizie fatte direttamente ai collezionisti, con quel che ne segue. Il negoziante sa chi può dargli un valido parere in quel determinato settore e si affida a questi. Il collezionista tifa per un certo nome piuttosto di un altro … e perciò non sempre riceve pareri ottimali.
Mi creda semplifichi: chieda al venditore (naturalmente non per i valori di media-modesta entità) la sua firma per esteso (e non una sigletta anonima) al retro del francobollo e si faccia dare una semplice fotocopia da lui controfirmata con uguale mano con data e
prezzo pagato. La firma del venditore ha valore legale di garanzia di originalità e l’esistenza della data permetterà in caso di buggeratura il ricorso nei termini stabiliti dalla legge. Il prezzo pagato è elemento indispensabile per ottenerne la piena rifusione.
Quella che ritengo essere stata la mia chiarezza Le basta ?
Un appunto finale: cerchi di non troppo essere esigente in cose assolutamente inutili. Mi parla di documenti postali o buste che dovrebbero essere senza linguella ?!?!? Ma questo è il frutto di ciò che Le hanno detto ? Abbandoni quei Dei falsi e bugiardi !!!
Vede, caro signor Paolo, io responsabilizzo anche le riviste filateliche di dare spesso fantasiose risposte molto opinabili ed essere soprattutto i primi promotori della propaganda della parafilatelia attuale delle poste riempiendo le pagine di notizie che il tal paese ha emesso … ed il talaltro sta per … invece di insegnare a collezionare e ad esaminare per bene i francobolli con lo spirito e l’animo necessario ma anche con l’occhio necessario e con il dovuto giudizio. Sarebbe un bene, a mio parere, dare quelle notizie base perché ogni filatelico possa divenire al più presto giudice lui stesso dei suoi acquisti Il buon collezionista non chiede di fare l’affare immediato ma di divenire un intelligente cassettista che potrà ritrovarsi negli anni futuri qualcosa che abbia un certo valore reale sul mercato rapportato ai denari spesi. E per ottenere questo bisogna che la filatelia non fallisca per mancanza di interessati.
Un ultimo piccolo pensiero. La poste emettono francobolli e non ne difendono il mercato, impegno che ritengono dovuto dai commercianti.
Ci pensi e vedrà che sarà Suo interesse rivolgere le Sue attenzioni filateliche ai settori non attuali.