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Memorie di un anziano collezionista di storia postale (LXXIX parte): RICORDO GLI UFFICI POSTALI DELLA MIA CITTA’: ROMA APPIO |
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Antonio Rufini | ||||||||||||||
§ 1) – Inizio, con la presente memoria, ad illustrare gli Uffici Postali del mio grande Comune, con qualche foto e con piccola panoramica di oggetti di Storia Postale (con A.M., bolli, timbri ed altro). Il primo di cui tratto è Roma Appio ed il perché di questa scelta è presto detto: è stato il mio primo Ufficio Postale Principale (di distribuzione) da quando io nacqui in Via Ugo Foscolo (in casa, durante l’occupazione di Roma da parte delle forze armate tedesche, nel marzo 1944) e poi per i 35 anni successivi; e poi ancora lo fu anche per le residenze della mia famiglia che si trasferì prima in Viale Furio Camillo e poi in Via Paolo Albera, ma sempre in zona dell’Ufficio Postale di distribuzione di Roma Appio. Il fabbricato di Roma Appio è stato sempre di proprietà delle Poste, fin dala inaugurazione nel 1933 allorquando il Governo del Regno d’Italia dell’epoca decise la costruzione di quattro nuovi fabbricati postali, situati un po’ a raggera nelle nuove zone di Roma, per decentrare il lavoro dai grandi Uffici Postali di Roma Centro e e Roma Arrivi e Distribuzione e, in somma, per “servire” i nuovi quartieri che andavano formandosi attorno ai vecchi, storici, Rioni romani, nuovi quartierii che con il fenomeno dell’inurbamento del primo dopoguerra erano in tremenda espansione demografica. Allorquando vennero pubblicati i bandi di concorso per la progettazione dei nuovi Uffici Postali il dibattito architettonico sul “razionalismo” europeo era in gran fermento, come fosse stato gettato un cucchiaio di citrato di sodio Brioschi in un bicchiere d’acqua; molti giovani architetti erano in disaccordo con lo stile di Piaecentini (monumentalismo senza gli archi e le colonne ed in contrapposizione con i progetti di Gropius e Le Corbusier, sul “tipo” dell’E.U.R. di Roma, in somma). IL POSTALISTA non è un periodico di Architettura quindi, nonostabnte la “cosa” sia sempre stata di mio interesse, dovrò andare per le spicce: come nacque Roma Appio? Venne messo a concorso il progetto; i Giurati della Commissione per il Concorso furono tutti di varie tendenze culturali (quindi “plurtalismo” assicurato: docenti universitari quali Giovannoni, Calza-Bini, Del Debbio,; e tecnici già noti: Pagani e Vaccaro; uno era anche giornalista e specializzato in architettura). Le Poste ebbero un bel lotto di terreno tra le Vie Taranto e La Spezia, proprio in mezzo ai palazzoni già realizzati, ad un tiro di schioppo fuori della Porta San Giovanni delle Mura Aureliane e dall’inizio della Via Appia Nuova (Strada Statale n° 7), quindi Roma Sud, Quartiere Appio (poi Appio-Latino). L’Architetto siciliano Giuseppe Samonà (1898-1983) sfruttò tutto il terreno a disposizione, al netto dei marciapiedi, e realizzò un edificio modermo ma, secondo me, alla maniera del Palazzo Ducale di Venezia: capovolse la convenzione architettonica mettendo al piano terra una struttura leggera (vetrata) sovrastata dalla struttura pesante dei due piani superiori con travertino a faccia a vista, il tutto raccordato da una facciatina concava ad angolo; certo il Palazzo Ducale di Venezia era l’esaltazione dei colori: una doppia dominante inferiore nera con sopra la facciata in colore bianco rosastro; per Roma Appio ci fu una dominante a vetri (per dare luce al salone della clientela) al di sotto dei piani soprastanti bianchi; comunque una realizzazione eccezionale, bella e ben inserita nella città circostante. Roma Appio non fu realizzato in stile “Piacentini”; il progettista, poi, era un convinto comunista anche durante il “ventennio”; non solo: per il vecchio P.C.I. fu perfino Senatore della Repubblica! Il fabbricato, anche se ha 90 anni, è modernissimo e ben conservato; pare quasi che non abbia alcun bisogno di restauri, nemmeno esterni, quindi realizzazione quantomeno perfetta. A Roma l’Architetto Samonà non è conosciutissimo, nonostante abbia progettato qualche altra opera, sia pubblica che privata; ma lo conoscono benissimo i messinesi: è coautore della loro nuova PALAZZATA. Chiudo qui; il fabbricato di Roma Appio eccovelo:
Antonio Rufini | ||||||||||||||
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