Come tutte le operazioni postali anche la consegna della corrispondenza
aveva le sue regole. Agli esordi del servizio, in un mondo in cui
tutti o quasi si conoscevano, bastava richiedere lo scritto allo sportello
dichiarando le proprie generalità e pagare il porto dovuto
per farsi consegnare la corrispondenza.
In seguito la normativa divenne più complessa e nell'interesse
del servizio e dell'utente si introdusse la consegna a domicilio nelle
città e nelle campagne (per evitare giacenze e incassare il
dovuto); successivamente la consegna a domicilio (fu completata intorno
al 1980) si estese anche alle campagne con i servizi rurali, seguendo
anche l'evolversi dei servizi aggiuntivi che richiedevano e davano
delle maggiori garanzie, sia all'Amministrazione postale che al destinatario,
.
Bisogna ricordare che consegnare la corrispondenza scaricava l'amministrazione
postale dalle responsabilità dell'oggetto affidato.
Un esempio eclatante era il caso delle stampe e delle cartoline illustrate
con firma e data (le regole postali specificavano che: "se
non affrancate sono gettate nei rifiuti"), eppure se
non si reperiva il destinatario erano ritornate al mittente
anche se palesemente di nessuna importanza. Questo succedeva anche
se erano arrivate in altri continenti e per ritornare al mittente
dovevano attraversare mezzo mondo, perchè l'affidabilità
del servizio postale era stato il primo ed essenziale requisito per
la fiducia necessaria ad esercitare la privativa.
Se era comprensibile la solerzia degli addetti quando le corrispondenze
si pagavano principalmente all'arrivo ed era interesse degli stessi
addetti postali (spesso pagati a percentuale) e dell'amministrazione
il portare a compimento la consegna per incassare le spese sostenute
dal servizio, lo era un pò meno quando la corrispondenza era
affrancata in partenza (od anche spedita in abbonamento). L'etica
di servizio, direi quasi la "sacralità" della corrispondenza
che ha pervaso il servizio postale, è stata costruita nel tempo
con il costante controllo e con l'interiorizzazione delle regole e
dello "spirito di corpo".
Facendo un excursus sulle varie tipologie di consegna possiamo innanzitutto
ricordare il principio che: ".....La proprietà degli
invii postali è del mittente sino al momento della consegna
al destinatario....."e in caso di irreperibilità era
restituita al mittente. Il mittente, avendo affidata la corrispondenza
al servizio postale, poteva richiamarla (pagando il relativo diritto
postale), mentre il destinatario poteva "rifiutare" gli
invii . Le motivazioni potevano essere le più varie, per
esempio perchè erano tassati, per non ricevere un documento
legale, oppure per eludere un seccatore; ma la regola diceva e dice
ancora oggi chiaramente che il destinatario poteva rifiutare qualsiasi
invio.
Nel caso che la corrispondenza di posta ordinaria non si potesse
consegnare e sull'invio mancasse il mittente o risultasse sconosciuto,
era inviata alle direzioni centrali per essere poi aperta in presenza
di una commissione che cercava la possibilità di restituirla
al mittente; se anche questo tentativo si rivelava infruttuoso, l'intera
corrispondenza era distrutta con il "fuoco".
Qualche volta (in caso di posta ordinaria) gli addetti postali per
evitare lungaggini e compilazioni di moduli, sbrigativamente rispedivano
la corrispondenza alla località di partenza (rilevata dall'annullo)
e vi aggiungevano un bel "Fermo Posta" e la questione
era risolta (o meglio era scaricata all'ufficio postale mittente).
In alcuni periodi il servizio postale, nell'encomiabile tentativo
di trovare comunque il destinatario, faceva indagini all'ufficio anagrafe
del comune di destinazione (anni "30"), oppure ancora
controllava con il nome sull'elenco telefonico l'eventuale
cambio di indirizzo del mittente (anni "50).
Per gli invii con servizi aggiuntivi che richiedevano la firma del
destinatario (come le raccomandate e le assicurate che avevano
comunque il mittente), in caso di mancata consegna, era segnalato
al retro della raccomandata l'ora della mancata consegna e il motivo
(una volta accertata l'esistenza del destinatario). La normativa prevedeva
un secondo tentativo, nel caso anche questo fosse andato a vuoto per
non gravarsi di continui tentativi di consegna veniva lasciato avviso
di giacenza Mod.26 all'indirizzo della missiva con la scritta
"non potuta recapitare per assenza" invitando il
destinatario a recarsi in posta per il ritiro.
Se esistevano problemi sull' esattezza dell'indirizzo destinatario,
era inviata al mittente una cartolina con risposta Mod.42
per la richiesta di disposizioni; la detta cartolina viaggiava
in esenzione sia in andata che al ritorno; il costo relativo all'operazione
era soddisfatto con segnatasse applicati sulla lettera in giacenza
e annullati con il timbro a data variabile. In caso di rispedizione
"al mittente" era allegato parte del modulo Mod. 42 con
la risposta ottenuta per comprovare l'avvenuta emissione.
Dopo 30 giorni di giacenza all'ufficio postale (in alcuni periodi
erano 60 giorni) la missiva era rispedita al mittente se conosciuto
(con un vistoso "AL MITTENTE" sul fronte lettera) con le
motivazioni della mancata consegna, al retro della corrispondenza
"inesitata" (perchè "non chiesta"
o perchè "non curato ritiro" se l'oggetto
aveva atteso in posta il suo ritiro) dopo lo "scarico dal
libro di registrazione".
Le frasi applicate al retro delle missive (con timbro o manoscritte)
ritornate al mittente erano le seguenti (o molto simili) :"sconosciuto
al portalettere", "sconosciuto all'anagrafe", "non in
elenco", "destinatario sconosciuto", "indirizzo insufficiente",
"non curato ritiro".
Viceversa se il mittente era sconosciuto erano inviate
alle direzioni centrali per essere poi aperte in presenza di una commissione
che, verificato il contenuto e la presenza di un eventuale valore
economico, cercava la possibilità di restituirla al mittente;
se anche questo tentativo si rivelava infruttuoso, l'intera corrispondenza
era distrutta con il fuoco e gli eventuali valori, accantonati momentaneamente
a disposizione per possibili aventi diritto; successivamente erano
incamerati dall'amministrazione postale.
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Fronte e retro di cartolina
che dopo aver attraversato l'oceano per raggiungere un marinaio
di una nave da guerra, dopo un mese di giacenza è stata
consegnata al consolato italiano che l'ha indirizzata (come?)
e rispedita senza riaffrancare.
(forse con la valigia diplomatica ?).
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Una normativa poco nota e non sempre applicata era l'impossibilità
di indirizzare la posta raccomandata e assicurata o degli atti giudiziari
a due persone; l'addetto allo sportello non avrebbe dovuto
accettare un invio indirizzato a due persone, poteva invece accettare
una raccomandata e l'assicurata indirizzata ad un ufficio o ad
una società, in tal caso gli unici abilitati a ritirare
l'invio avrebbero dovuti essere i legali rappresentanti delle
ditte o degli uffici (o un loro incaricato fatto conoscere alla posta
con deposito della relativa firma). Infatti negli indirizzi degli
atti giudiziari insieme al nome della società destinataria
compare sempre il legale rappresentante.
Altro motivo di sorpresa è stata la diversità, fra la
maggiore età anagrafica legale e quella stabilita dalle poste
per gli utenti; le poste fissavano a 12 anni la possibilità
di avere una tessera di riconoscimento postale e a 14 anni l'età
minima per poter ritirare (?) gli atti giudiziari, le raccomandate
o le assicurate (nel primo Novecento i ragazzi cominciavano presto
a lavorare!). Mentre nel periodo 1861- 1961 quella legale si conseguiva
a 21 anni.
Altra sorpresa è stato rinvenire corrispondenza raccomandata
inesitata e non potuta restituire al "mittente" per
irreperibilità del mittente!
Esisteva anche la possibilità di richiamare gli invii o di
cambiarne l'indirizzo dopo la partenza, facendo richiesta in ufficio
postale su opportuni moduli postali da compilare. Il Mod. 30 era
lo stampato su cui si elencavano le variazioni richieste pagando nei
primi tempi dell'Unità l'affrancatura di primo porto raccomandato,
successivamente si versò una quota fissa da tramutarsi
in francobolli da applicare al Mod.30 e annullare con il solito
bollo a data variabile; per accelerare l'operazione era possibile
(sempre a pagamento) sollecitare il cambio di indirizzo del destinatario
della missiva o la sua restituzione utilizzando il servizio telegrafico
(si pagava a parte in contanti). In entrambi i casi l'ufficio
destinatario rinviava al mittente una parte del Mod.30 su cui
era steso un resoconto dell'operato dell'ufficio postale destinatario.