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  La guerra italo-turca nelle corrispondenze dei pistoiesi (parte 3ª)
Enrico Bettazzi

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Il fiero assalto dei beduini del 17 Novembre
(Alfredo Giovannelli, di Montevettolini, del 22° fanteria, ad un amico)

In quanto alla guerra, male non si va, perché per ora ne toccano a tutto spiano.
Hai da sapere che la notte del 16 e del 17 si ebbero due grossi attacchi. La notte del 17 quando furono le tre incominciarono a tirarci fucilate, ma noi siamo trincerati dietro a un muro di sassi e sacchi di rena e non ci offendevano. Noi ci fecero sparare soltanto quando i nemici furono a 100 metri dalla nsotra trincea. Quando si videro bene si cominciò a sparar loro addosso un ammasso di fucilate, cannonate e mitragliatrici. Insomma durò fino al giorno e la nostra perdita non era stata punta, ma otto soldati con un caporal maggiore che erano di piccolo posto, fecero un gran fuoco, e fino all’ultimo non vollero ritirarsi. Poi quando si ritirarono, perché avevano queste bestie addosso, quattro soldati ed il cap. Maggiore presero una strada, gli altri 4 poveri disgraziati ne presero un’altra. Caddero in braccio al nemico e furono uccisi. Del nemico si trovarono pochi morti e feriti, ma avanzatici un chilometro, si vide un grande spargimento di sangue.

Il 3° battaglione, il 20, fece un’avanzata di parecchi chilometri e trovò della gente che faceva una specie di cimitero. I nostri videro un ammasso di morti fra turchi, beduini e arabi, domandarono a codesti quanti erano; e dissero che erano 162 più altri 100 feriti, che avevano portati via sotto il fuoco. Li caricavano sopra dei cammelli, queste bestie!
Erano esposti su tre colonne, erano 1200 in tutti, ma quelli che ci attaccarono erano 800 e 400 rimasero indietro per rinforzo. Quando arrivarono e per la strada trovarono tutti questi morti, tornarono indietro. La indovinarono a venir di notte, perché se era di giorno non ne scappava uno.


La battaglia del 1° Dicembre.
La prima cannonata. Tutti in armi- Spettacolo grandioso

(Tenente medico Celso Bellini, di Pistoia, del 20° fant., alla famiglia)

Ho assistito finalmente ad un combattimento. Fu il 1° Dicembre, cioè venerdì. Tu sai, che gli Arabi festeggiano il Venerdì e pare fosse per loro tale giorno una ricorrenza sacra al Dio Allah. Noi ce lo aspettavamo,, ma non in proporzioni si grandi quale fu.
Durante tutta la notte furon scaricate fucilate agli avamposti, che andarono aumentando col sorgere dell’alba. La mattina verso le 6, stavo allora per vestirmi, tuonò la prima cannonata sui monti che abbiamo di lato all’accampamento. Alla prima ne seguì una seconda..una terza e così via. Ad un tratto, suonò l’allarme generale. In fretta e furia mi vesto, mi armo fino ai denti, ed esco fuori dalla mia baracca. Tutto il battaglione è in armi. I cucinieri nelle loro sudicie divise, gli attendenti tutti impugnano le armi e corrono ai loro posti per rispondere al fuoco del nemico. Tutti puntano lo sguardo verso i monti: è di lì che deve venire il nemico, è lì che già si è impegnato il combattimento. Il cannone tuona a tutt’oltranza: così le mitragliatrici. Si sparano colpi senza requie. L’artiglieria, che è a 50 metri da noi su un piccolo rialzo, fa fuoco...Accorrono le regie navi Napoli ed Amalfi e sputano anch’esse proiettili sulle montagne nei punti ove appariscono gruppi d’arabi.

Alla prima emozione snervante, timorosa, è subentrato in me un senso di coraggio, di ebbrezza. Avrei voluto anch’io sparare e fare i miei morti. Il battaglione mio si avanza di circa mezzo chilometro: io ho l’ordine di restare al posto di medicazione col mio sottotenente, coi miei 8 portaferiti e col mio attendente. Abbiamo le armi in pugno, sicuri di veder spuntare dai vicini giardini arabi del paese...Inutilmente. Devo cogli altri restar deluso: non posso sparare perché nessuno si presenta. Nella lunga aspettativa, mentre continuano a tuonar da ogni parte il cannone e la fucileria, salgo sul colle dove sta l’artiglieria da campagna e che spara a più non posso sui monti, ove appariscono gruppi di 7, 8 e 10 arabi e beduini.

Le temute baionette. La spavalderia turca e il caffè di Derna.

Mi faccio dare un binocolo per veder meglio ed osservo gli effetti micidiali delle granate, degli schrapnels lanciati dalle artiglierie. I soldati puntano con una precisione perfetta. Dopo un attimo, vediamo lo scoppio sopra un certo gruppo e di esso non vediamo più niente: qua e là solo qualche fuggitivo che subisce la sua sorte appena gli arriva vicino un’altra granata. Tutte le truppe nei dintorni e dietro, le proprie trincee fatte con fatica nei giorni precedenti, per propria difesa, fremono vorrebbero uscire, salire, arrampicarsi sui monticelliper tirare più da vicino, vorrebbero fare una carica alla baionetta. Sanno che questi nemici hanno paura della baionetta e non desiderano morire per mezzo di essa. Muoiono volentieri solo a colpi di fucile. Sono così le 10. Il fuoco rallenta un po’. Il nemico tenta di venir di fronte. E’ una nuova strage che si compie dal cannone. Così senza accorgersene si fanno le 14 circa...Ancora qualche colpo isolato e tutto ritorna nella calma.
Tornano i reparti che si trovavano più vicini al nemico e ci narrano la strage del nemico era completa. I sopravviventi sono fuggiti. Riassumendo: assalto generale : nemico respinto con perdite numerosissime; punte da parte nostra: semplicemente qualche lieve ferito. Il maggiore turco comandante le forze arabo-beduine aveva fatto sapere che la sera del 1° Dicembre avrebbe bevuto il caffè in piazza principale di Derna ove è il Comando delle nostre truppe, e battezzata con Piazza Vittorio Emanuele III. Noi invece abbiamo brindato alla vittoria con buon caffè e cognac. Le poche ore resstanti del 1° Dicembre, le abbiamo passate allegramente e fra la generale gioia di tutte le truppe. Il battaglione alpini poi ne ha fatto molti prigionieri e presto dal Tribunale militare sarà data loro la sentenza che si meritano. Abbiamo passato la notte seguente abbastanza tranquillamente, la
mattina del 2 è stata sparata qualche cannonata sopra gruppi spersi, e tutto è finito in meno di un’ora. Fino al presente momento tutto è tranquillo e si spera di star così per qualche tempo. Qui tutti i giorni va aumentando il numero delle truppe. Sono arrivati il 26° e il 57°. Si attende ora il 71°.

 

Il 7 Dicembre
Le perdite nemiche – Bare coperte di palme.

Oggi ho inviato un pacco postale contenente uno schrapnel vuoto. E’ un ricordo del 7 Dicembre: l’ho raccolto nel campo nemico. E’ uno dei tanti nostri che scoppiarono tra i nemici. Tenetemelo e custoditemelo, per ricordo di quel giorno. Il ricordo, però, l’ho pure nella mente e niente varrà a cancellarlo. Credetelo, certe impressioni non si dimenticano mai, quando ci si trovi all’improvviso assaliti dai nemici ed i feriti ci cadono sotto gli occhi.
Qui poco o nulla di nuovo. Ieri l’altro , furono attaccati i nostri avampostisull’altipiano, alla mattina.
Il cannone tuonò fino all’imbrunire e così le fucilate. Due terzi delle truppe furono inviate di rinforzo, perché il nemico era numeroso e pareva proveniente da Bengasi, composto in parte dagli sconfitti di Bengasi. Il nemico si ritirò con perdite immense. Noi abbiamo avuto sei o sette morti ed una ventina di feriti. Il nostro battaglione dovè rimanere qui in prossimità del campo, cioè alle ridotte degli avamposti del settore occidentale, perché si temeva un attacco anche da questo lato. Ma, però, il nemico che lasciò vittime dappertutto, pensò bene di ritirarsi e non farsi più vivo dalla nostra parte.
Che giornata brutta fu! Immaginate. Acqua, vento, nebbia e poco sole; e poi continuamente colpi da ogni parte senza vedere in faccia il nemico e potergli dare qualche colpo anche noi. Una parte di noi restò anche a guardia del paese, perché si temeva qualche ribellione d’accordo con l’attacco sull’altipiano. Nulla, però, successe. Ieri tutto passò e tutto tornò tranquillo. Questa mattina recandomi in paese, ho incontrato il trasporto di due morti del 7° fanteria, sul campo di battaglia. Che differenza di trasporti fra qua e da noi! Quanta più serietà e solennità nel trasporto qui. E’ un lungo corteo composto di soldati ed ufficiali di tutte le armi. Le bare sono coperte di palme. Di rami di palme sono fatte varie corone con nastri italiani. Così altri eroi col loro sangue hanno pagato queste terre oramai italiane. Speriamo che tutto proceda bene e che altri eventi si succedano per l’onore della nostra Italia, ormai grande e potente.

 

Echi di combattimenti
Un po’ di tregua – Di nuovo in armi.

(caporale Raffaello Matteini, del 26° fant., di Montale Agliana, ad un amico)

Un altro attacco l’avemmo il 16 (Dicembre). Verso le 9 partimmo con due battaglioni del 26°; scavalcate le trincee, ci inoltrammo nel deserto per tre o quattro chilometri, quando fummo sorpresi dalle fucilate nemiche. In un attimo, noi rispondemmo energicamenteaccompagnati dalle dalle artiglierie da campagna e da montagna: i nemici perdettero quattrocento uomini e noi avemmo 7 morti e tredici feriti.
L’ultimo combattimento l’avemmo il 27; il nemico era fornito anche di quattro cannoni, due dei quali furono messi fuori uso dalle nostre artiglierie, che spararono più di 900 colpi. Non dico poi, del nostro fuoco che durò fino a tarda sera. Mille furono le perdite del nemico;le nostre pochissime. Si dice che i beduini siano stanchi del giogo turco, e anzi che si tirino delle fucilate fra loro. Speriamo che presto si arrendano.

 

I turchi non vogliono cedere con le buone e il cannone domanda la parola – Distruzione spaventosa
(Ferdinando Tosi, di Villa di Baggio, artigliere, al cognato)

Non puoi credere come mi trovo contento di essere qua tra questa gente che non ha forma né di bestia né di cristiano. Ci sembravano curiosi gli algerini, ma se tu vedessi questi qua, ne avresti paura! Sembrano tanti cammelli e nudi sono sporchi. Oltre a questo sono anche cattivi; il giorno fan vista di essere amici e la notte ci tradiscono. Io credevo che alla guerra si dovesse aver paura. Ma invece è tutto il contrario. Avrei avuto piacere che tu fossi stato qua, ma non tra il fischiar delle palle, come vi sono stato io. Soltanto per vedere un poco e ti saresti divertito.
Appena arrivati a Bengasi, il comandante delle truppe di mare, domandò al comandante nemico che occupava la piazza, se ci lasciava entrare senza far fuoco. Ma il turco rispose: No! Vogliamo combattere.
Allora , la mattina del 19, i nostri bravi marinai incominciarono a bombardare e in 5 minuti, caserme e forti furono abbattuti. Noi si restò a bocca aperta nel vedere cadere quelle case che sembravano di cartone. Io non credevo mai che la nostra marina avesse tanta potenza. Appena sbarcati, ci furono caricati sulle spalle i cannoni, perché sul momento non fu possibile portare a terra i mulia causa del mare cattivo. Si attaccò il fuoco e , credilo, pareva il giorno del giudizio. Cannonate a destra, cannonate a sinistra, e non si capiva più nulla. Piovevano le palle come grandine, ma noi sempre avanti. Per tutto il giorno combattemmo e sulla sera i turchi pensarono bene a fuggire. Però, la marina per tutta la notte, continuò a mandare sulla città grossi confetti. La mattina dopo non si vedeva più un campanile in piedi. Sembrava che fosse battuto il terremoto. Distante da noi circa 50 metri, c’era un monte di cadaveri. Non si poteva passare. Militari turchi non ce n’erano tanti, un 200 circa: gli altri erano arabi e tra questi combattevano vecchi e ragazzi. Per ora sembra che le cose vadano bene. Noi siamo qua in circa 10.000, abbiamo circondato la città e i turchi non ci rientrano.
Questi posti sono belli e la terra è fertile come costà: l’Italia l’ha pensata bene ad impossessarsi di questa regione.

Che la mamma mi benedica!
(Ettore Donnini, di San Mommè, del 6° fanteria, alla cognata)

Sono a Bengasi di guarnigione. Si attende di momento in momento qualche attacco, ma per ora niente di nuovo. Si sta sempre in vedetta, perché non nascano delle rivolte fra queste bestie. Ti prego di non stare in pensiero, perché io non corro alcun pericolo. Di alla mamma che io penso sempre a lei e che mi benedica.

 

(continua)

Corrispondenze tratte da
B.BACCI, La Guerra Libica descritta nelle Lettere dei Combattenti, Firenze, 1912