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  La guerra italo-turca nelle corrispondenze dei pistoiesi (parte 2ª)
Enrico Bettazzi

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Una cara rimembranza
(Virgilio Niccolai del 2° granatieri, di Tizzana, alla madre)

Il 19 Dicembre fu il giorno più pericoloso, il più faticoso, di tutto il tempo da che sono nella Tripolitania. Non vorrei raccontarvelo, ma l’avrete saputo dal giornale e così finisco di raccontarvelo io. Dunque d’ordine del generale si doveva partire noi del 2° granatieri insieme con due battaglioni di bersaglieri, non credendo di trovare quello che si trovò. Partimmo dal nostro accampamento la notte alle 2, camminammo fino alle 11 del giorno, proprio ridotti in pessimo stato dalla stanchezza. Ci fermammo un momento per mangiare un poco di pane e dopo tranquillamente riprendemmo la marcia.
Avevamo fatto appena duecento metri, che incontrammo il nemico: dopo aver combattuto e fatto alle schioppettate fino alla sera, i turchi e gli arabi cessarono improvvisamente il fuoco. Le nostre vittime non furono tante: io le assistei come fratelli. I nostri furono seppelliti sul campo.
Di questa battaglia ho un ricordo e io lo tengo caro per poterlo fare vedere a voialtri. Una pallottola nemica, mentre si combatteva, mi ha colpito nella scatola a serbatoio del mio bravo fucile fracassandola completamente. Allora il mio capitano mi ha dato un altro fucile ed anche quella scatola rotta dicendomi di tenerla cara per sempre, come ricordo della battaglia del 19 dicembre. Ringrazio Iddio che mi ha salvato la vita in quelle ore così pericolose, e gli ho promesso, se avrò la fortuna di ritornare a casa, di far dire una Messa in onore di quel giorno pericoloso.


Il Natale dei combattenti.
Festa e fucilate.
(Soldato Emilio Ferretti, di Montecatini, alla madre)

Il giorno di Natale l’ho passato molto male, trovandomi troppo lontano dalla mia cara famiglia, e non mi vergogno a confessarvi che ho pianto di cuore come un bambino, mentre il Natale avremmo potuto passarlo bene, godendoci i bei regali che con si gentile e nobile pensiero ci han mandati da ogni parte d’Italia. Ma noi, proprio la mattina di Natale, alle 8, quando si doveva andare alla Messa, fummo riscossi dal suono di allarme. Insieme con l’artiglieria dovemmo sostenere un combattimento accanito, per sei lunghe ore. Dalla caserma della Herca si dovette far fuoco per sbandare il nemico che ci fece il dispetto di avanzarsi proprio di Natale. Appunto perché sapeva l’importanza della festa per noi. Ma non fu un’idea buona la sua, giacché nel combattimento il nemico ebbe numerosissime perdite. Noi invece niente, grazie alle nostre trincee si bene fortificate.

 

In attesa di sbarcare a Zuara.
(Riccardo Monticelli dell’ 89° fant., di Cutigliano, alla madre)

E’ dal 24 (dicembre) che siamo nel porto di Tripoli e non sappiamo quando partiremo, causa il mare cattivo. Il luogo dove dobbiamo andar noi è Zuara, che ancora non è stata conquistata dagli italiani, ma finché dura questo tempo pessimo non ci possiamo muovere, perché le corazzate debbono accompagnarci e bombardare il nemico, mentre noi si sbarca.
A partecipare a questo sbarco siamo circa diecimila e i poveri turchi saranno costretti ad arrendersi per forza.
Dal punto ove noi ci troviamo vediamo tutta Tripoli e anche il luogo ove furono assaliti i nostri bersaglieri.
Ti rammenti mamma quando ero piccino, se sentivo rammentare il treno, dicevo che andandoci si doveva morir tutti, che in mare si doveva annegare, e che in guerra tutti si distruggevano a vicenda?
Ed invece che cosa sono il treno, il mare, la guerra? Niente, te lo assicuro. Per credere bisogna provare. Certo nei nostri piccoli paesi si legge soltanto, non si vede e non si prova e per questo le cose ti sembrano più grosse di quello che sono.
Io non vedo l’ora e il momento di sbarcare per combattere in nome e per la gloria d’Italia.

 

Gargaresh
(Ferruccio Donati del 11° bersaglieri, di Pontelungo (Pistoia), al fratello)

Il giorno 18 di questo mese ci venne l’ordine di partire e si partì alle 4 dopo mezzogiorno, diretti a Gargaresh dove abbiamo gli avamposti. Dopo poche centinaia di metri, i turchi ci fecero scariche tremende. Noi sempre impavidi e noncuranti delle fucilate si fumava tranquillamente. Dopo quattro o cinque ore di fuoco tutto terminò e ritornammo a Tripoli. Da parte nostra si ebbero, forse, 20 morti e 50 feriti, ma ti posso assicurare che di turchi e di arabi se ne risparmiarono pochi.

(continua)

Enrico Bettazzi
27/03/2024

Corrispondenze tratte da
B.BACCI, La Guerra Libica descritta nelle Lettere dei Combattenti, Firenze, 1912