PREMESSA.
Il CSIEO rappresentò la seconda missione militare di pace all’estero eseguita dal Regio
Esercito.
Inquadriamola dal punto di vista storico e geografico.
Quando nel maggio 1915 l’Italia entrò in guerra contro gli Imperi Centrali, lo Stato
Maggiore di San Pietroburgo avvertì lo Stato Maggiore di Roma di avere nei propri campi
di prigionieri di guerra parecchie decine di migliaia di militari austro-ungarici d’etnia
adriatica che parlavano italiano e che avevano espresso il desiderio di diventare cittadini
italiani. Erano i cosiddetti Irredenti di Siberia, partiti come coscritti dai distretti di Trieste,
Trento, Zara e Fiume, ma che non avevano alcun legame con l’Impero di Vienna che era
un vero coacervo di razze, lingue e religioni, senza alcun serio elemento di unificazione.
Venne organizzata una missione militare per il rimpatrio di tali irredenti dalla Russia ed
un certo numero di essi venne imbarcato su piroscafi noleggiati appositamente, che partirono
dai porti di Murmansk ed Arcangelo sul Mar Bianco e che raggiunsero l’Italia via
Londra e Francia. Quando però quei porti si ghiacciarono, il rientro si bloccò. A capo della
citata missione vi era allora il Maggiore dei Carabinieri Reali Marco Cosma Manera che
non trovò altra soluzione che raggiungere Vladivostock ( sul Pacifico ) al fine di proseguire
l’operazione di rimpatrio. Si era però già nel 1917 ed il nuovo governo bolscevico
aveva parzialmente occupato quelle lontane regioni orientali. Altre zone siberiane intermedie
erano invece occupate – a macchia di leopardo – dalle truppe fedeli allo zar
dell’Armata Bianca dell’Ammiraglio Kolciak, cui si era alleata una potente formazione
militare straniera, la cosiddetta
Legione Ceca, formata da oltre
50.000 ex prigionieri di guerra
austro-ungarici d’etnia ceco-boema-slovacca.
|
Postal card stampate a
Vladivostock nel 1919 con le foto
del famoso Capitano Andrea
Compatangelo e del Tenente
Mario Gressan del Battaglione “irregolare” Savoia. |
|
|
L’intero CSIEO riunito in una caserma di Krasnojarsk prima di intraprendere le operazioni militari in Siberia
a fianco dell’Armata Bianca. |
Manera formò parecchi convogli ferroviari e in sei mesi condusse i suoi irredenti a
Vladivostock, aprendosi spesso la strada sui binari della Transiberiana con furiosi assalti
alla baionetta, laddove i sovietici bloccavano la linea ferroviaria.
Fu una vera e propria epopea di straordinario coraggio e di immensi sacrifici: la temperatura
notturna calava perfino a meno di 45 gradi sotto lo zero. I protagonisti di questa stupefacente
avventura appartenevano alla formazione militare nota col nome di “ Legione
Redenta “ . Molti di essi rimpatriarono via mare da Vladivostock per San Francisco,
Londra e Genova. Esauriti però i piroscafi disponibili, Manera dovette cercare di nuovo
altre soluzioni per il rientro in patria. I superstiti irredenti, pare in numero di 2.650, raggiunsero
con la Transiberiana meridionale la Cina, dove l’Italia aveva una Concessione a
TienTsin, che figurava come territorio italiano in terra cinese. In quei luoghi gli irredenti
giurarono fedeltà al Regno d’Italia il 15 agosto 1918.
Nel frattempo le principali nazioni dell’Intesa, la Gran Bretagna, la Francia, gli USA e il
Giappone, temendo che la nuova ideologia bolscevica si propagasse in Occidente, avevano
inviato truppe, armi, equipaggiamenti e cospicui finanziamenti in appoggio all’Armata
Bianca ed alla Legione Ceca.
Anche l’Italia volle fare la sua parte e nel Luglio 1918 costituì il CSIEO, oggetto del presente
articolo.
Cartolina Reggimentale (non autorizzata la
franchigia ) stampata
dal Battaglione Savoia.
Sul verso la dicitura :
Battaglione Italiano“ Savoia “ – Samara – Siberia – Vladivostock. |
|
|
Foto con un gruppo
di Ufficiali dei
Battaglioni Neri.
Seduto e secondo da
sinistra il Maggiore
Cosma Manera ;
sul bordo a sinistra
la sua firma autografa
e la data
4 novembre 1919. |
L’ARRIVO IN CINA DEL CSIEO.
Il Corpo partì da Napoli col piroscafo “ Roma “ agli ordini del Colonnello Barone Edoardo
Fassini – Camossi, che a suo tempo era stato in Cina contro i Boxer. Il CSIEO era composto
da circa 800 uomini e si articolava in una Sezione di Reali Carabinieri, una batteria
d’artiglieria da montagna, una Sezione di mitragliatrici Fiat ed in tre compagnie di fanteria.
La nave “Roma“, che li trasportava, giunse a Tien Tsin, nella rada di Taku, il 17 ottobre
1918. Qualche bell’ingegno ministeriale aveva escogitato di arruolare gli ex irredenti
come rinforzo del Corpo. Aderirono alla proposta circa 800 uomini che andarono a formare
due Battaglioni denominati “Neri” dal colore delle mostrine cucite sui loro baveri.
Gli ex prigionieri austro – ungarici, ora freschi cittadini italiani, tornarono in Siberia per
combattere i sovietici ancora per quasi due anni, mentre in tutto il mondo le armi tacevano
!
IL CSIEO IN SIBERIA.
Il Corpo di spedizione italiano rifece il cammino a suo tempo compiuto dalla Legione
Redenta, ma in senso inverso, partecipando brillantemente a parecchi fatti d’armi. Era
stato inserito in una forza bianca di circa 3.500 uomini agli ordini del Generale zarista
Rosanoff unitamente ad un contingente ceco di circa 1.800 miliari.
Inizialmente furono
impiegati in un’operazione a sud della Transiberiana, tesa a liberare la zona intorno al villaggio
fortificato di Stepno Balsceikoe, tenuto dal Corpo d’Armata sovietico del Generale
Kravcenko. Dopo aspri combattimenti il nemico fu cacciato dal citato villaggio (fine aprile
1919).
Il CSIEO partecipò ancora ai seguenti scontri : Janowski (15 maggio 1919),
Semenowskoe (17 maggio), Imbesci (18 maggio) ed Agiskoe (20 maggio). Venne raggiunto
il fiume Mana, un impetuoso corso d’acqua rigonfio per la piena invernale. Nel
frattempo un altro contingente del CSIEO si batteva, il 17 maggio 1919, a Rubenskey in
appoggio ad una Divisione cecoslovacca, mettendo in rotta un forte raggruppamento di sei
reggimenti sovietici, che ripiegarono sotto il tiro dei nostri obici alpini e per l’attacco alla
baionetta da parte di italiani e cechi.
|
Solita cartolina reggimentale, stavolta coi colori più vivaci, utilizzata dal Capitano Compatangelo.
Con la firma autografa del Capitano Compatangelo, il raro timbro in gomma artigianale usato dal Battaglione
Savoia, e la dedica: “All’Aspirante Sotto Tenente Gressan Mario, perché uno dei primi nove volontari del mio Battaglione Savoia, quale ricordo del suo Capitano offro. A. Compatangelo.” |
L’avanzata bianca nel senso est – ovest continuava.
Nella prima quindicina di giugno si avanzò verso sud, al di là del villaggio già citato di
Stepno Balsceikoe. Il Battaglione Nero del maggiore Gaggiotti il 15 giugno oltrepassò il
fiume Mana su battelli di fortuna, costituendo una testa di ponte che permise in seguito il
passaggio dell’intera truppa di Rosanoff.
Nel frattempo si svolgevano, sempre lungo la Transiberiana, le battaglie di Narva (23
maggio) che portò alla conquista della predetta città, di Aleksejewska (1° giugno) e del
fiume Leiba (10-12 giugno), dove un Battaglione Nero tenne coraggiosamente la testa di
ponte, che consentì poi ad una Divisione cecoslovacca di attraversare il fiume e di sfondare
la linea sovietica.
Gli atti d’archivio parlano poi di un curioso raid oltre le linee nemiche, del tipo commando,
compiuto da un gruppo di 13 uomini agli ordini del Capitano Emilio Ferraris. Questi
avevano ricevuto dal Colonnello zarista Romeroff l’ordine di gettare nel caos le retrovie
bolsceviche, risalendo il fiume Jenissei fino alla confluenza con l’Angara. L’operazione
aveva altresì una valenza propagandistica per evidenziare alle popolazioni locali che i
bianchi erano presenti, tentando così di evitare la saldatura tra militari rossi e abitanti del
posto. I nostri divennero famosi come “i tredici della tàiga”e rientrarono in seguito felicemente nelle linee bianche. Alla fine però il governo bolscevico riuscì a formare un forte
esercito di oltre tre milioni di soldati (l’Armata Rossa) che un po’ alla volta rioccupò i territori
siberiani, per poi dilagare verso oriente. Come noto, Kolciak, rimasto isolato a Omsk
capitale della sua “Repubblica Bianca”, venne catturato il 14 novembre 1919 e successivamente
fucilato. I contingenti alleati iniziarono lo sganciamento e si imbarcarono per
rientrare in patria, abbandonando l’idea di sconfiggere il bolscevismo sul nascere.
Il sogno di una restaurazione zarista sfumò quindi nel freddo gelido della Siberia !
Il CSIEO lasciò in Russia 22 caduti, tumulati in alcuni piccoli cimiteri di guerra. Furono
centinaia i feriti, che, ancora a distanza di due anni dalla fine ufficiale della Prima Guerra
Mondiale, avevano versato il loro sangue nella fredda steppa russa, per onorare il giuramento
fatto alla Patria che avevano nel cuore.
IL RIENTRO DEL CSIEO. CONCLUSIONE.
A fine agosto 1919 il CSIEO ricevette l’ordine di rientro e tutti i reparti vennero concentrati
a Krasnojarsk, da dove a scaglioni partirono per la Cina, nella città di Tien Tsin, sui
vagoni della Transiberiana – tratto meridionale. La Cina era colpita in quel periodo dal
colera, e parecchi irredenti si ammalarono. Fra quarantena e scarsità di navi, passarono
ancora parecchi mesi perché l’intero Corpo potesse essere evacuato. I rimpatri durarono
fino al febbraio del 1920, quando il “ France Maru “, una nave giapponese che era stata
all’uopo noleggiata, partì il 23 febbraio da Chin-kwan-tao con gli ultimi 13 ufficiali, il
Colonnello Fassini- Camossi e 463 uomini di truppa. Giunsero, via Suez, a Napoli il 2
aprile, dove il reparto venne ufficialmente sciolto ed infine arrivarono a Trieste il 16 aprile
1920.
La seconda missione militare di pace in Estremo Oriente si era definitivamente conclusa.
BIBLIOGRAFIA
Caminiti Alberto: Gli irredenti in Siberia 1918/20. Edizioni Liberodiscrivere. Genova,
2012.
Tutte le immagini ed i supporti sono di proprietà dell’autore ( Archivio storico ex
Mestroni, Trieste). Chi fosse interessato ai 13 timbri usati in Siberia, legga il bell’articolo
di Giuseppe Marchese: Il Corpo di Spedizione Italiano in Estremo Oriente 1^ parte |