Miei cari genitori - Mi trovo prigioniero

GLI ITALIANI RESIDENTI IN PAESE DIVENTATI NEMICI
di Maria MARCHETTI


INDIA

Nei campi dell' India Britannica furono internati 1.292 civili italiani. Tra di essi, alla data del 12/07/1943, secondo fonti vaticane, vi erano 90 missionari, i 70 presenti in India alla data dell'ingresso in guerra dell'Italia più 20 trasportati dal Sud Est asiatico.

Foglio lettera scritto il 25/05/1942 da un internato civile nel campo n. 22 di Clement Town in India, spedito da Bombay il 2 giugno. Francobollo per la tassa aerea (8 annas) asportato. Considerato che il mittente risulta libero fino a luglio del '41, è molto probabile che sia caduto in prigionia in una località diversa dall'India, probabilmente in Iran, che cadde sotto il controllo inglese nell'agosto del '41.

Carissimi tutti. Con grande piacere ho finalmente lettere da mamma, non mi dice se prendete, sia lei, Cita e Elvira il sussidio; che ci aspetta dal 1° luglio 1941; a Vina lo stipendio intero; al padrino la paga di Poldo, scriva alla Società. In quanto a comprare beni, ce sempre tempo, dato che le padrone non ci sono più, vedremo al mio arrivo. Datemi notizie dell'ingegnere Palatini. Vina ai ricevuto lire 25.000 speditoti in luglio 1941. Quando scrivete dilungatevi, non poche righe, avete molto da spiegarmi da oltre 15 mesi che non ho vostre. A nonna ò scritto 3 volte. Vedo che i bimbi sono promossi che bella soddisfazione per il suo babbo, bravi vi colmerei di regali; continuate.
Poldo Bartini e Dolfo non anno ancora ricevuto, stanno bene e attendono ansiosi. Domenico, Angelo, Poldo e Gregorio sono assieme ma non con noi. Vina dà alla Cita Vallesa lire 30 e scrivi a lungo. A tutti i parenti infiniti saluti a voi tutti un abbraccio ai miei due angioli tanti baci, così ad Antonio e Cici. A te uno lungo. Vostro Giacomo
25-5-42


GOLD COAST

Una piccola quota di emigranti dell'Italia del Nord, a partire dai primi anni del '900, puntò su rotte non ancora battute, come la costa occidentale del continente africano: Costa d’Oro (l’odierno Ghana), Nigeria e Sierra Leone. Paesi sotto il dominio inglese, dove però gli italiani, quasi esclusivamente piemontesi e bergamaschi, riuscirono a trovare un loro spazio nell’edilizia e nell’attività estrattive delle miniere d’oro. Con la dichiarazione di guerra dell'Italia alla Gran Bretagna e alla Francia anche per loro si aprirono i cancelli dei campi di internamento e le loro proprietà furono confiscate. Nel novembre del 1940 furono trasportati in Giamaica.

Lettera scritta in un campo della Gold Coast, probabilmente da un minatore bergamasco che era internato insieme ad un altro congiunto, diretta ad altri familiari negli Stati Uniti. Riepiloga, in poche parole, l'emigrazione da alcune desolate valli del Nord Italia e la sventura che si aggiunse alla povertà, ma anche la fiducia che le cose prima o poi sarebbero cambiate.

Kumasi internment camp
1510 Gold Cosast West Africa
18-9-40
Cara sorella Rita
Ricevuto tua lettera e pure unito biglietto della mamma sento che sei di ottima salute come posso dire di noi qui sento che il papa non è tropo bene speriamo nel buon Dio che migliori povero vecchio a lui. Noi qui siamo internati in un campo di concentramento e non possiamo mandare a casa dei soldi se tu puoi mandarci qualche cosa mi faresti un gran piacere ai capito che noi dopo te li rimanderemo a te quando le cose sono finite ai capito noi ti salutiamo te e tuo marito e tuo Luigi e spero che le cose si cambieranno
Saluti a te e tua famiglia
Sempre ricordandoti tuo
fratello
ciao ciao


STATI UNITI

Subito dopo l'invasione della Francia nel maggio 1940 con l’ “Alien Registraction Act” il governo statunitense dispose che i residenti stranieri si registrassero presso gli uffici postali e informassero il governo di ogni cambio di indirizzo. Il provvedimento coinvolse 695.363 italiani residenti negli Stati Uniti e non ancora naturalizzati i quali, con l'entrata in guerra degli Stati Uniti, divennero giuridicamente “enemy aliens”, in base al capitolo 50 del Codice degli Stati Uniti. L'internamento degli italiani fu, tuttavia, molto selettivo, riguardò solo persone considerate pericolose per la sicurezza degli Stati Uniti.

Fin dall’aprile 1941, un migliaio di marittimi delle navi della flotta mercantile, che erano stati bloccati nei porti americani dallo scoppio della guerra, furono raccolti in campi, prima a Ellis Island e in seguito a Fort Missoula, con lo status di “excluded aliens under detention”. Con la dichiarazione di guerra divennero internati civili e sottoposti alle regole dell’internamento. Analogo sorte toccò all’equipaggio del piroscafo passeggeri Conte di Biancamano, che si era rifugiato a Cristobal, nel Canale di Panama e che fu prelevato e trasportato negli Stati Uniti.

Nel mese di ottobre 1942, in occasione del Columbus day, agli italiani, e solo a loro, fu tolto lo status di “enemy aliens” e molte restrizioni furono revocate.

La resa dell'Italia l'8 settembre 1943 portò alla liberazione della maggior parte degli internati italiani entro la fine dell'anno. Alcuni erano stati rilasciati da mesi sulla parola dopo un "esonero" sulla base di appelli avanzati dalle loro famiglie.
Negli Stati Uniti furono trasportati da 15 Paesi dell'America Latina circa 6.000 persone di origine giapponese, tedesca e italiana, individuati dai governi dei Paesi latinoamericani come pericolosi. All'interno di questo gruppo gli italiani erano 288.
Il numero complessivo degli italiani internati nei campi definitivi negli Stati Uniti, esclusi i marittimi, fu di poco inferiore a 900. La maggior parte trascorse circa due anni come prigioniero, passando da un campo all'altro ogni tre o quattro mesi. L'organismo incaricato della loro gestione fu l'“Unites States Immigration & Naturalization Service” (U.S.I.&N.S).

Lettera scritta nel McAlester internment camp da un italoamericano, diretta alla moglie in California. Il testo è scritto su un modulo per internati di guerra ma è stato spedito in una busta commerciale con in evidenza in alto a dx “free – prisoner of war mail”. Se questo uomo fu internato perché pericoloso per la sicurezza degli Stati Uniti, bisogna fargli i complimenti per l'abilità con cui nella lettera è riuscito a dissimulare la sua pericolosità!


Mrs. C. Ilacqua
1024 Pierce Street
San Francisco, Calif. 4 aprile 1943
Carissima Buba: ho ricevuto la tua del 23 marzo e quella di Gioia del 24, ieri e sono contento. So che avete ricevuto il rosario e la medaglietta. Ieri ho passato la giornata nel riaggiustare il mio angolo nella barracca. L'ho aggiustato abbastanza carino. Sulla porta accanto al letto ho tutte le fotografie tue e di Gioia e dei quadri riproduzioni artistiche ritagliati da riviste della Modonna col bambino e di Gesù Cristo sulla croce. Ho pure ritagliato un quadro di una “living room” che assomiglia la nostra anche nei particolari del “fire place” con sopra scritto “home sweet home” e anche quello ho attaccato alla parete perchè mi ricorda la nostra casetta e la nostra felicità domestica. Accanto al letto ho il mio tavolino -home made – lo stesso che avevo a Camp Forrest e ho fatto degli scaffali in fronte al tavolino e sopra il letto per i libri e gli oggetti che mi occorrono continuamente, in poche parole ho cercato di rendere il mio angolo più attraente possibile date le circostanze. Ho messo la lampada in modo possa usarla anche a letto. La nostra barracca adesso ha doppio pavimento, uno di hardwood ed è foderata di cartone isolante contro il freddo ed anche contro il caldo, ma è sempre una barracca. Stamane abbiamo avuto la messa in una nuova barracca adibita a cappella, decorata artisticamente e dopo sono stato alla classe di francese. Nel pomeriggio ho passeggiato un paio d'ore al sole, scoperto dal busto in su per pigliare un po' di sole. La giornata è ventosa ma piena di sole e bellisssima. Dopo ho dormito un paio di ore e dopo cena, dopo essermi goduto il crepuscolo ed un magnifico tramonto, mi sono messo a scriverti: oggi ho passato una giornata di completo riposo per la mente. Sono contento quanto mi scrivi nei riguardi di Gioia e dei suoi progressi a scuola. Saluti a tutti e baci a te e Gioia. Tuo Carmelo


EGITTO

La presenza di comunità italiane in Egitto cominciò nei primi anni del diciannovesimo secolo, con l'arrivo di esuli per motivi politici e proseguì per tutto il secolo, favorita dai Governi decisi ad ammodernare il Paese. L'apertura del Canale di Suez, a cui contribuì anche l'ingegno italiano, con la sua importanza strategica, determinò la perdita di sovranità dei governi egiziani poiché la Gran Bretagna impose il suo controllo politico, amministrativo e militare, pur lasciando una parvenza di indipendenza. Agli stranieri furono concesse particolari forme di immunità giurisdizionali, dette “capitolazioni”, che permisero loro di vivere e di prosperare come comunità autonome, con proprie istituzioni culturali, religiose, sociali e commerciali. Tra queste comunità vi era quella italiana, forte di circa 60.000 unità.

Con la dichiarazione di guerra dell'Italia alla Gran Bretagna il Governo egiziano, pur non entrando mai formalmente in guerra con l'Italia, fu costretto ad adottare un piano di sicurezza a difesa degli interessi della Gran Bretagna, tra i quali importantissimi erano quelli militari.

Per gli uomini dai 15 ai 65 anni e per alcune donne considerate pericolose vi fu l'internamento, che coinvolse 8.000 persone circa e durò 4 anni e 4 mesi.

Cartolina scritta il 3 novembre '41 dal campo n. 15 di Fayed, Geneifa, diretta al Cairo. Fayed era localizzato lungo il Nilo, all'inizio del deserto egiziano, ospitò in tende 5.500 internati, suddivisi in 21 “cages”, tenute separate da una recinzione di filo spinato. E' affrancata perchè gli italiani non erano considerati internati di guerra, ma detenuti in quanto pericolosi per la sicurezza del Paese.


Geneifa 3 nov. 41
Cara Maria
ho ricevuto la tua lettera e sono contento che i bambini stanno bene, solo mi dispiace che tu sia indisposta con la nevralgia, io ti consiglierei di purgarti un po' più spesso questo ti può aiutare molto ha regolare anche il tuo sistema nervoso.
Mi fa piacere che ti aplichi a leggere la mia lingua vorrei sentirti leggerla correntemente vedrai com'è bella quando l'avrai imparata. Non voglio insistere riguardo a Mirella ma vorrei credere alla tua competenza a suo riguardo.
Riconosco che tu ti stanchi affinché sbrighi i nostri affari e tutte le formalità volute per noi tutti, cosa vuoi, pazienza un bel giorno ti riposerai. Ti ringrazio del pacco che mi hai mandato solo non voglio che tu mi mandi del formaggio bianco perchè è assolutamente proibito.
Mi scuserai se nella mia precedente ti do l'incarico noioso, ossia quello di mandarmi qualche indumento invernale credo se preghi a Ritter lui cercherà di arrangiare qual'cosa per me vorrei un po di filo kaki per cucire il mio short che si è scucito e anche una piccola forbice.
Qui a Geneifa sono in trattative di fare venire le visite. Ho pensato bene non farti venire almeno per il momento così tu non fai delle spese inutili. Poi vorrei vedere in quale maniera verranno le prime visite e quali saranno i mezzi di trasporto.
Non ho altro da scriverti
ti mando i miei aff. Baci insieme
ai bimbi Tuo marito
Alfredo
Tanti saluti al babbo e Jolanda e Edi