ANNA DA SACCO

IL FRANCOBOLLO TRA ARTE E COMUNICAZIONE NELLA REPUBBLICA ITALIANA

Tesi di laurea in Psicologia dell'Arte

 
Capitolo IV - LA SERIE ITALIA AL LAVORO

E’ questa la prima serie ordinaria completamente realizzata nell’età repubblicana e, forse, la più bella. In realtà, i primi bozzetti di questa serie vengono presentati da Corrado Mezzana già in occasione del concorso per la serie Democratica. Dietro a questi bozzetti si dimostra esserci non solo un grande artista, ma anche un professionista ed un vero esperto della comunicazione: infatti, alla base della proposta, che il Mezzana presenta sotto il motto di “Italia al lavoro”, c’è un’eloquente strategia comunicativa in un periodo storico e politico particolarmente importante e delicato. Dopo tanti anni di re, imperatori, simboli e allegorie, si vuole finalmente fare emergere la gente, la gente comune, onesta, che lavora, aiuta a valorizzare la vera libertà della democrazia, tema del concorso. Inoltre viene sottolineata la realtà di ogni giorno in un Paese che non è più in guerra e sta cercando nel l’attività quotidiana di ciascuno, le risorse indispensabili per risollevarsi e costruire il futuro. Il lavoro è considerato la base della vita sociale e nazionale e la Costituzione della Repubblica Italiana inizia proprio affermando di essere su di esso fondata e già i due francobolli del 1948 celebrativi della Costituzione, tra le numerose valenze simboliche, ricordano proprio uno dei più antichi e faticosi lavori: quello dello scalpellino.

Inoltre, come sfondo ai diversi soggetti della serie “Italia al lavoro” vi è un’immagine altrettanto vera e bella dell’Italia, da fare conoscere al mondo: ogni valore ricorda anche il patrimonio paesaggistico, artistico e storico, tanto ricco e prezioso di ogni Regione d’Italia.

Altro aspetto importante di questa serie è il nuovo formato, doppio di quelli della Democratica, che rende più maneggevoli i francobolli ma, soprattutto, è più adatto all’effetto figurativo che si vuole ottenere e permette di completare la vignetta con diciture chiare e leggibili. Una particolarità grafica è, inoltre, che tutti i francobolli di questa serie sono monocromi, con innumerevoli sfumature. Ogni abbinamento lavoro-veduta, è racchiuso da una cornice identica che, in basso, si conclude formando due spazi d’angolo ove è riportato il valore facciale del francobollo; tali spazi sono uniti da un cartiglio sul quale è stampata l’indicazione dell’attività artigiana riprodotta nelle singole vignette ed il nome della relativa Regione.

Si dice che sia stato l’allora Ministro delle Poste, l’onorevole Angelo Raffaele Jervolino, convinto estimatore di Mezzana, che decise di sostituire la Democratica, stilisticamente disomogenea, con una nuova serie originale, completa ed unitaria. Egli riportò l’attenzione sui bozzetti di Mezzana rilanciando l’idea, subito condivisa da altri, di affidargli il compito di preparare una nuova ordinaria con lo scopo di illustrare il lavoro nelle varie Regioni della Penisola e creare una serie organica per carattere ed unitaria per impostazione: “la nuova serie più che glorificare il lavoro italiano nelle sue grandi imprese industriali, commerciali ed agricole che, per essere ormai simili in altri Paesi del mondo, non avrebbero potuto caratterizzare il volto dell’Italia, si propone di esprimere tale volto attraverso la rappresentazione di attività artigiane tanto legate alle nostre tradizioni. Onde ribadire questo legame, a fare da sfondo al personaggio si è messo, in ogni francobollo, un profilo o un monumento di ciascuna delle diciannove Regioni italiane, ma ciò non vuole dire che l’attività personificata dal lavoratore sia esclusiva di quella Regione”.

Gli stessi bozzetti erano stati scartati nel precedente concorso non tanto perché considerati non validi, quanto perché si temeva che le vignette dedicate alle Regioni avrebbero potuto costituire una spinta al regionalismo rischiando di creare situazioni di forte attrito nei confronti dello Stato nascente. Proprio sul piano politico, con questa serie, si è probabilmente voluto sottolineare il principio democratico del decentramento amministrativo e funzionale, che vuole annullare il passato centralismo totalitario, principio solennemente ribadito dall’art. 5 della Costituzione repubblicana (“La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”) e, più avanti, disciplinato da altri articoli della stessa Carta Costituzionale.

La serie, realizzata in diciannove valori, è veramente un capolavoro di sintesi e di incisione. Tutte le vignette vengono create dal medesimo disegnatore con rilevanti privilegi artistici a favore sia dell’impostazione grafica che della vivace unità di stile. L’intera serie dell’Italia al lavoro (inizialmente detta anche “ Regioni” o “Dell’Unità”) viene autorizzata con Decreto ministeriale il 6 febbraio 1950 ma i valori vengono posti in vendita solo dal 20 ottobre 1950; a differenza della precedente serie Democratica, esce compatta nei 19 tagli, anche per affrontare tutte le possibili combinazioni tariffarie nazionali ed internazionali. La serie ebbe però una vita abbastanza breve, in quanto tutti i valori persero validità postale il 31 marzo 1958.

La distribuzione dei valori viene fatta geograficamente, secondo la Regione rappresentata, da nord a sud o viceversa, ed in base ai tipi di attività raffigurate.

Un primo gruppo riguarda le attività artigiane, disposte dal nord verso il sud: il primo esemplare è da cinquanta centesimi e mostra un fabbro nella sua fucina in Val d’Aosta, mentre sullo sfondo, sfumato, è il Castello di Bard. Nel valore da una lira c’è un meccanico, vicino ad un banco con una morsa, che ripara un’automobile nella sua officina piemontese e l’Abbazia detta Sacra di San Michele (a Chiusa di S. Michele, in provincia di Torino).
Il due lire è stato dedicato alla Lombardia, con la rappresentazione di un capomastro che mette la chiave di volta al sommo di un arco poggiato su due pilastri e la Basilica di Sant’ Ambrogio, nonché il Duomo di Milano. Firenze con il Palazzo della Signoria si scorgono dalla bottega di un artigiano che lavora la ceramica al tornio (per il valore da cinque lire),
mentre il sei lire ci sposta dalla Toscana all’Abruzzo e Molise (che hanno formato un’unica Regione fino al 1963), facendoci incontrare due donne nei costumi regionali, intente ad attività tipiche del luogo: una ricamatrice al tombolo ed una massaia che porta la mezzina dell’acqua in testa e sullo sfondo una veduta di Scanno. La tessitrice è al lavoro nel valore da dieci lire, dedicato alla Calabria, siamo sul Golfo di Gioia e si scorge la costa di Bagnara Calabra.

Un secondo gruppo riguarda le attività marinare, anch’ esse disposte da nord a sud e siamo dunque nel Veneto (con il dodici lire) dove un marinaio è al timone della sua imbarcazione e, in lontananza, il palazzo ducale ed il campanile di San Marco, entrambi a Venezia. Lo scalo marittimo ligure è graficamente sintetizzato nel lavoro del mastro d’ascia, mentre in alto vigila il Castello di Rapallo (quindici lire). Ancora un’attività portuale nel valore da venti lire, con l’immagine del pescatore che ritira la sciabica ed il Vesuvio sul Golfo di Napoli, per la Campania.


Vengono infine, in un terzo gruppo, le attività agricole, con richiamo geografico inverso, cioè da sud a nord:
il venticinque lire ci riporta in terraferma, nella calda Sicilia, dove una donna raccoglie arance con lo sfondo del Monte Pellegrino. La vendemmia in terra di Puglia è un soggetto particolarmente riuscito, nel valore da trenta lire: la vendemmiatrice che porta sul capo una cesta ricolma d’uva ha, sullo sfondo, il medievale Castel del Monte in territorio di Andria, capolavoro dell’architettura sveva, con la sua singolare mole ottagonale, voluto da Federico II come ritrovo di caccia.
Dall’uva alle olive (con il trentacinque lire) per passare in Basilicata dove sono ancora giovani donne al lavoro nei pressi del Tempio greco di Metaponto. Il Lazio è rappresentato nel Francobollo da quaranta lire: “Carro a vino” dice la didascalia, con il disegno che vede fortemente impegnato il carrettiere su una antica strada romana; in secondo piano si scorgono un acquedotto romano e, appena appena, la cupola di San Pietro, maestosa opera ideata da Michelangelo e portata a termine nel 1589 da Giacomo Della Porta e Domenico Fontana.
La Sardegna appare nel cinquanta lire dedicato al pastore ed al suo gregge; il disegno del pastore sardo nel caratteristico costume locale, è particolarmente efficace: sullo sfondo un nuraghe, quel tipo di costruzioni preistoriche, formate con grossi blocchi di pietra, caratteristiche in terra di Sardegna. La terra duramente lavorata con l’aratro “vecchia maniera” ci trasferisce nella verde Umbria, riconoscibile per il convento di Assisi, realizzato nel Duecento, con il grande porticato sopra il quale si erge la Basilica di San Francesco, chiesa madre dell’Ordine francescano; la prima pietra fu posta da Papa Gregorio IX nel 1228, due anni dopo la morte del Santo (cinquantacinque lire)
Un carro tirato da buoi ed il palazzo ducale di Urbino (opera di Luciano Laurana che nel 1465 fu chiamato dal duca Federico da Montefeltro per ampliare e migliorare il primitivo palazzo : suoi i famosi “torricini” racchiudenti i balconi sovrapposti) nel valore, dedicato alle Marche, da sessanta lire, cui fa seguito il francobollo da sessantacinque lire che mostra una sorridente raccoglitrice di canapa dell’Emilia Romagna: sullo sfondo l’Abbazia di Pomposa, basilica di tipo ravennate, iniziata nell’ottavo secolo e successivamente ampliata; l’alto campanile fu eretto in forme lombarde nel 1036.
I due valori calcografici, il cento ed il duecento lire, sono dedicati rispettivamente al Friuli Venezia Giulia ed al Trentino. Il granoturco in terra friulana è una grande risorsa: due contadine nella grande cucina di una casa colonica, stanno preparando le pannocchie per appenderle ad asciugare. Il legname è la maggiore fonte di reddito per la gente del Trentino Alto Adige: si vede il legnaiuolo all’opera e, sullo sfondo le torri del Vajolet, guglie dolomitiche del gruppo del Catinacccio; quest’ultimo francobollo rappresenta uno dei primi esperimenti di incisione ad acquaforte e bulino.

La seconda serie ordinaria repubblicana, questa elegante e qualitativa emissione filatelica, nasce non solo per l’urgenza di rinnovamento sentita in ogni ambito nazionale ma, sopra ogni altra considerazione, per necessità: alcuni valori della Democratica sono fuori corso ed i falsi (sempre più diffusi e perfezionati) stanno terrorizzando l’amministrazione postale. Dice testualmente Luigi Piloni, autore del testo I francobolli dello Stato Italiano edito nel 1959 dall’Istituto Poligrafico dello Stato, commentando l’emissione: “Pur povera di materie prime, l’Italia moderna, secondo le sue possibilità ed il suo genio ha dato incremento anche alla grande industria: basti ricordare le industrie automobilistiche, quelle laniere, quelle conserviere, gli impianti idroelettrici, i cantieri navali ed altro. Resta tuttavia vanto dell’Italia il suo artigianato. Alle attività artigiane è ispirata la serie.”

Dal punto di vista storico-postale la vita dell’“Italia al lavoro” si inserisce tra la Democratica (ufficialmente fuori corso dal 31 dicembre 1952) e la nascente e longeva serie della Siracusana dando luogo, con quest’ultima, ad alcune affrancature miste molto interessanti per i collezionisti.

Questa splendida serie presenterà, con il tempo, dei limiti dati dal formato e, soprattutto, dal “numero chiuso” dei valori. Il formato proposto a suo tempo dal Mezzana era, infatti, quello più piccolo, da sempre usato nel regno per tutti gli ordinari; ma poi si è passati al formato celebrativo per accontentare le autorità postali e, soprattutto, i politici, che vogliono esibire l’Italia al mondo. Inoltre il formato celebrativo non è dei più maneggevoli, soprattutto in un’epoca in cui le misure standard delle lettere e persino delle stampe, sono ancora molto contenute: se si devono usare tre o quattro esemplari sorge perciò qualche problema. L’handicap maggiore è però dato dal numero fisso delle Regioni, che impedisce la creazione di valori complementari. Neppure un anno dopo l’emissione, quando le nuove tariffe in vigore dal primo agosto 1951 richiedono un francobollo da tredici lire per le lettere a metà tariffa di sindaci e militari ed uno da ottanta lire per la lettera semplice raccomandata, è impossibile adeguarsi per “mancanza di nuove regioni” (non certo di altre professioni!). Utilizzare bozzetti già esistenti d’altra parte è sconsigliato in quanto creerebbe solo confusione e, soprattutto, si rischierebbe di “favorire” qualche Regione.

L’Italia al lavoro fu anche l’ultima serie varata tenendo conto delle regole che facevano obbligo ai Paesi membri dell’Unione Postale Universale di adottare determinati colori da attribuirsi a ciascun valore (in particolare l’obbligatorietà delle tinte “verde, rosso e blu” da assegnare ai valori da dieci, trentacinque e cinquanta lire). La disposizione in questione aveva lo scopo di facilitare il controllo delle corrispondenze in arrivo: dal colore, e non dal valore espresso nelle monete più disparate, l’addetto postale poteva immediatamente giudicare se l’affrancatura era corretta oppure no, in particolare per le corrispondenze internazionali. Tale disposizione venne abbandonata nel 1952: i profondi mutamenti valutari venutisi a creare durante e dopo il secondo conflitto mondiale avevano contribuito a mettere in sordina le disposizioni UPU riguardanti i colori.
 
 

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