ANNA DA SACCO IL FRANCOBOLLO TRA ARTE E COMUNICAZIONE NELLA REPUBBLICA ITALIANA Tesi di laurea in Psicologia dell'Arte |
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Capitolo III - LA SERIE DEMOCRATICA L’anno 1946, fondamentale nella storia d’Italia, presenta aspetti essenziali per lo studio storico postale e la comprensione dello sviluppo del settore delle comunicazioni, dalla fine della guerra ad oggi, nel nostro Paese. E’, infatti, un anno di transizione tra i più importanti della storia nazionale. Il 9 maggio 1946 Vittorio Emanuele III abdica a favore del figlio Umberto (che diventa, pertanto, il quarto re d’Italia), già Luogotenente generale del Regno dal giugno 1944, quando il padre era partito per l’esilio in Egitto1. Da tempo i partiti contrari alla monarchia premono affinché gli Italiani vengano chiamati ad un referendum istituzionale che viene indetto, con un decreto luogotenenziale, per il 2 giugno 1946, giorno stabilito per le votazioni. Nonostante i risultati del referendum istituzionale non presentino una enorme maggioranza (la Repubblica ha vinto per due milioni di voti), si cerca distensione e concordia, per lasciarsi alle spalle un periodo storico tragico. Così, il 13 giugno, dopo appena trentaquattro giorni di regno, il re lascia il Quirinale per recarsi a Ciampino da dove, con un aereo militare italiano, parte per il suo definitivo esilio. La Corte di Cassazione proclama i risultati definitivi che danno la vittoria alla Repubblica cinque giorni più tardi, il 18 giugno; Enrico De Nicola assume la carica di Capo Provvisorio dello Stato Italiano fino al 1 gennaio 1948 quando, all’entrata in vigore della Costituzione, diventerà, a tutti gli effetti, il primo Presidente della Repubblica Italiana. Il nostro Paese aveva subito danni economici e perdite incalcolabili e la completa distruzione del sistema produttivo. Ai danni materiali si aggiungono, altrettanto gravi e pesanti, quelli morali e sono in molti a temere che possa riaprirsi la contesa tra monarchici e repubblicani. In questa burrascosa situazione sorgono esigenze apparentemente secondarie ma da non sottovalutare: la rinascita delle nostre comunicazioni, distrutte da anni di guerra sul suolo nazionale, ed il ripristino dei collegamenti con Paesi Esteri, verso i quali i cittadini italiani non avevano più avuto la possibilità di comunicare. Occorre, inoltre, emettere nuovi francobolli che sostituiscano quelli in circolazione appartenenti, anche come rappresentazione figurativa, all’Italia monarchica e fascista. Per preparare la nuova serie filatelica la Direzione Generale delle Poste bandisce, già nei primi giorni del 1945, un concorso, in vista di una nuova “emissione di carte valori postali (ordinarie, espresso e posta aerea) per adeguarle alle nuove tariffe e per ispirarne i tipi alle mutate condizioni del Paese”. Il bando dice chiaramente che i bozzetti devono ispirarsi ai “principi di libertà e di democrazia che si sono affermati nel Paese in conseguenza delle mutate condizioni politiche”. Merita di essere sottolineato che, in un certo senso, furono proprio i francobolli a precorrere gli avvenimenti diffondendo in tutto il territori nazionale delle vignette che poterono simboleggiare non solo il primo periodo post-bellico, ma anche la fase di transizione tra Regno e Repubblica. Alla gara, regolamentata con decreto interministeriale, sono liberi di partecipare “tutti gli artisti del Regno” così da “avere un ampio campo di scelta fra i bozzetti che saranno presentati”. Per i disegnatori della Democratica, la nuova serie che sta per nascere, non si trattava di un compito facile anche perché i primi valori dovevano essere emessi già il primo ottobre 1945: bisognava dunque evitare simboli compromettenti dato che ci si trovava in un periodo di transizione che si avviava, con molte probabilità, a tramutarsi in repubblica. Ben sessantasette sono gli elaborati che prendono parte al concorso: di questi disegni furono presto scartati quarantacinque progetti. I bozzetti rimasti vengono giudicati da una apposita Commissione la quale decide di coinvolgere l’opinione pubblica in questo importante cambiamento istituzionale: il ventidue aprile, sei giorni dopo la chiusura del concorso, il Circolo Filatelico Italiano di Roma ospita un’apposita ed inedita mostra per proporre al pubblico i bozzetti della nuova serie come “atto di riguardo che l’Amministrazione postale, pur sovrana delle sue deliberazioni, ha inteso compiere in omaggio al più alto e squisito spirito democratico”. I disegni scelti vogliono trasmettere, con importante valenza simbolica, un elemento di base non legato ad alcun partito politico né ad alcuna forma istituzionale, proprio per non inasprire gli animi in un momento storico tanto importante e delicato. L’elemento conduttore della serie è la “speranza” ed i relativi bozzetti rappresentano, infatti, i seguenti soggetti:
Ha inizio così la Democratica, capostipite della raccolta della
Repubblica, destinata a restare in vigore solo per sette anni. Questi
francobolli, filatelicamente, sono considerati la prima serie ordinaria
della Repubblica Italiana ma allo stesso tempo sono l’ultima del
Regno d’Italia, giacché la prima parte di questa serie, quattordici
francobolli di posta ordinaria (con valore tra dieci centesimi e cinquanta
lire), è emessa il 1 ottobre 1945. Ulteriori valori, con i medesimi
soggetti, sono emessi successivamente per necessità di adeguarsi
all’aumento delle tariffe postali e l’ultimo francobollo della
Democratica, l’esemplare da otto lire, fa la sua comparsa il diciannove
gennaio 1948. L’intera serie uscirà di validità nel
dicembre 1952. Ma i primi francobolli della Democratica non fanno in tempo a nascere che già mutano le tariffe postali: infatti, già dal primo febbraio 1946 molti dei tagli emessi sono superati. L’Italia è, però, tutta da ricostruire e non ci si può permettere il lusso di sprecare carta: dunque circoleranno lettere e plichi affrancati con “lenzuoli” di francobolli. Il porto per una lettera, tre-quattro lire a seconda della destinazione, sarà, in molti casi, assolto con quindici-venti esemplari da venti centesimi o, addirittura, con trenta o quaranta esemplari da dieci centesimi! Questo fino al 1950, quando viene emessa la serie “Italia al lavoro” che sostituisce la “Democratica”.
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