digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

pulpo gallego
Spagna, 23 luglio 2021, Yvert 5264
 
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Partita due mesi fa da Madrid e attraversate nel mese scorso le Asturie, l’allegra Brigata di Cucina del Postalista prosegue il suo viaggio verso ovest, per arrivare all’estremità nord-occidentale della penisola iberica: la Galizia.

Ci siamo spinti fin qui per assaggiare un piatto figlio di un altro viaggio verso la Galizia: quello che nei secoli scorsi intraprendevano i mercanti maragatos tra Galizia, Estremadura e Madrid. Pare che sia proprio a causa delle loro destinazioni che questi mercanti fossero chiamati maragatos: perché, transitando dal loro natio regno di León e dall’Estremadura, trasportavano beni dalle coste atlantiche (il mare, in spagnolo mar) a Madrid, i cui abitanti sono da sempre soprannominati gatti (gatos, in spagnolo)… dal mar ai gatos, e di qui il loro soprannome.

Commerciavano in pesce essiccato, e specialmente polpo, proveniente dalle coste galiziane, olio dell’Estremadura, peperoni e patate delle campagne di León, e con questi ingredienti confezionavano una pietanza che al giorno d’oggi, preparata con polpo fresco o congelato, è chiamata in tutto il mondo polpo alla galiziana (pulpo gallego)… in tutto il mondo, ma non in Galizia, dove invece lo chiamano polbo á feira, polpo delle feste.

È infatti costume che il nostro polpo venga preparato nei giorni festivi e di mercato in apposite bancarelle lungo la strada da personale rigorosamente femminile, las polbeiras, che è possibile osservare durante tutte le fasi della preparazione, dalla triplice immersione del cefalopode in acqua bollente fino all’impiattamento in rustici vassoi di legno.

Al momento di iniziare a bollire il polpo le cuoche, tenendolo per la testa, lo immergono per alcuni secondi nel pentolone, lo tirano fuori e subito dopo lo rimettono dentro: questa manovra, ripetuta tre volte, ha il duplice scopo di far arricciare i tentacoli, impedendo così che si aggroviglino tra di loro, e di far restare la pelle ben aderente al corpo dopo la bollitura.

Una volta arrivati al giusto punto di cottura (non troppo tenero, ma nemmeno stopposo) i tentacoli del polpo sono tagliati a fettine alte circa un centimetro che vengono disposte su un vassoio di legno alternandole con le cosiddette cachelos, patate divise a metà, lessate e poi affettate con la loro buccia.

Il tutto viene poi abbondantemente cosparso di pimentón, una polvere ricavata dalla macinazione dei peperoni essiccati, che secondo il gusto potrà essere dolce, piccante, o una miscela dei due, in ogni caso mai affumicato, perché questo finirebbe col coprire troppo il sapore del polpo, e condito o generosamente con olio di oliva.

A questo punto il nostro pulpo gallego è pronto per essere servito, ancora ben caldo, con l’accompagnamento di un po’ di sale grosso, del quali i commensali, che pescano dal vassoio utilizzando degli spiedini di legno, si serviranno a loro piacimento; i puristi sostengono che, essendo la carne di polpo già sufficientemente salata di suo, è bene andarci piano col sale, se non addirittura evitare del tutto di usarne.

Bon proveito...

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