digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

tatar böregi
Cipro Nord, 14 dicembre 1992, Michel 349
 
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A distanza di tanti anni (quasi otto… come passa il tempo) l’allegra Brigata di Cucina del Postalista torna a Gaziantep, la città turca vicina al confine con la Siria dove avevamo gustato una squisita ezogelin çorbasi, per concedersi un bel piatto di tatar böregi.

Si tratta di una pasta ripiena simile per forma e dimensioni ai nostri ravioli. La pasta è semplicissima: acqua e farina, a volte addizionata con pochissimo lievito; il ripieno è costituito da carne bovina e/o ovina cotta con spezie di vario genere e tritata. Una volta cotti nel brodo, i tatar böregi vengono accomodati uno accanto all’altro in un vassoio circolare e coperti di yoghurt, a sua volta cosparso di halloumi (formaggio semiduro di capra) grattugiato, foglie di menta tritata e sumak.

L’acidità dello yoghurt attenua il sapore forte della carne speziata, mentre la menta aggiunge una nota di freschezza al piccante del sumak: il risultato, sia che lo si gusti caldo che freddo, è talmente stuzzicante che noi abbiamo forse esagerato senza neppure rendercene conto.

La cosa strana è che, nonostante il nome uguale a quello del tradizionale börek turco (e infatti böregi, niente altro è che il plurale di börek), conosciuto con nomi e ingredienti leggermente diversi un po’ in tutti i territori che nei secoli scorsi subirono il dominio, o comunque l’influenza, dell’impero ottomano, i tatar böregi sono in realtà molto diversi, e come l’aggettivo tatar parrebbe suggerire, in realtà originari di altre zone dell’Asia, situate molto più ad est della Turchia.

Il börek infatti, pur nelle sue innumerevoli declinazioni locali, è sempre grande almeno come un panino, e molto spesso è addirittura una torta da tagliare a fette di yufka, che è una sorta di pasta sfoglia delicatissima. Il ripieno, quasi sempre salato anche se se ne conoscono alcune varianti dolci, è anche questo estremamente variabile, e il risultato finale è comunque molto diverso dai nostri tatar böregi, che viceversa, per forma, dimensione e modalità di preparazione ricordano molto da vicino, oltre che i nostri ravioli e tortelli, anche gli jiaozi cinesi, o addirittura i mandu coreani.

Questo fatto ha portato gli storici ad ipotizzare che in Turchia essi siano giunti con le orde mongole di Gengis Khan e suo figlio Ogotai, i temibili guerrieri tartari, come spesso erano chiamati dai loro nemici, nella prima metà del XIII secolo. O, in subordine, che si siano diffusi fino a noi lungo l’immenso sistema viario mercantile noto come “via della seta”. In tutti i paesi attraversati sia dagli eserciti mongoli che dalla "via della seta" esiste un qualcosa di simile ai nostri tatar böregi, anche se i nomi locali somigliano quasi tutti al coreano mandu.

In Turchia invece, dato che pur sempre di pasta ripiena si tratta, potrebbero aver preso il nome dal già noto börek, con l’aggettivo tatar a connotarne la provenienza, anche se in certe zone centrali dell’Anatolia, dove una volta passata l’onda dell’invasione mongola restarono degli insediamenti tartari, ancora oggi, in certe occasioni speciali come i fidanzamenti, è usanza offrire ai futuri suoceri i mantisi, ravioli talmente piccoli che in una sola cucchiaiata si dice possano entrarne addirittura quaranta.

Prima o poi torneremo in Asia, per occuparci anche di queste specialità… per oggi vi salutiamo davanti a un bel caffè turco che ci aiuta a smaltire i (forse) troppi tatar böregi che ci siamo divorati.

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