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Dall’8 settembre 1943 alla cobelligeranza
di Giuseppe MARCHESE (Nuovo Corriere Filatelico 33/1981)

«Il Governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la schiacciante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi danni alla Nazione, ha chiesto l'armistizio al Generale Eisenhower, comandante in capo delle forze anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane, in ogni luogo. Esse, però, reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».

Con questo annuncio diramato dai microfoni di radio EIAR di Roma la sera dell'8.9.43 e che seguiva quello analogo trasmesso nel pomeriggio da Radio Londra, iniziò per le nostre forze armate un periodo che portò a drammatiche vicende per quasi l'intero esercito (fig. 1).

Come conseguenza diretta dell'armistizio si ebbe la fuga da Roma di Vittorio Emanuele, di Badoglio e di quasi tutti i membri del suo gabinetto, nonché degli alti gradi delle forze armate che scapparono al sud ponendosi sotto la protezione delle forze anglo-americane, sbarcate a Taranto e Salerno proprio l'8 Settembre.

Con questo atto le nostre forze armate vennero lasciate prive dei suoi centri operativi e le decisioni che dovevano essere prese a Roma dal Comando Supremo furono lasciate alle iniziative dei singoli comandi.

Molti di questi generali si dimostrarono inferiori al compito che li attendeva preoccupandosi solo della propria incolumità, altri cedettero alle pressioni del più forte ex alleato e lasciarono che i tedeschi disarmassero e internassero i reparti dipendenti; mentre altri, invero pochi, ebbero la stoffa di capi e presero delle decisioni autonome, che il più delle volte avevano lo scopo di riportar in Italia il personale dipendente, attraverso territori controllati ormai da ex amici o antichi nemici, quasi sempre ostili a questo repentino mutamento di fronte.

Nelle linee generali l'elemento caratterizzante della decisione di cooperare con i tedeschi o di partecipare a fianco degli alleati fu dettato da quella delle due forze che aveva il controllo del territorio.

Così nel Nord Italia, in Jugoslavia e in Grecia i tedeschi non ebbero difficoltà ad assumere il controllo delle forze italiane dislocate nella zona; in Albania si ebbe una notevole autonomia delle forze italiane nei giorni immediatamente susseguenti l'8 Settembre; nelle Isole dell'Egeo, nelle Jonie e nelle Cicladi vi fu una equivalenza o preponderanza di forze italiane che ebbero come conseguenza la resistenza ai tedeschi (figg. 2-6).













Quasi. sempre la decisione di passare da una parte o dall'altra venne sempre assunta dai comandanti di livello superiore al generale di divisione.

Solo in un caso la decisione fu collegiale, e vi presero parte anche i soldati. Si ebbe a Cefalonia quando il Gen. Gandin, titubante se arrendersi ai tedeschi o combatterli, venne stimolato a prendere una decisione da una assemblea dei soldati che optarono per la continuazione della lotta. Quando si apprese che il generale, nonostante questa decisione, era possibilista verso la resa, una batteria puntò i cannoni contro la residenza del generale al fine di fargli cambiare idea.

Questa decisione fu pagata cara dai fanti della poi gloriosa Divisione Acqui che ebbe 6.000 uomini tra caduti in combattimento e uccisi in seguito dai tedeschi. I rimanenti 4.000 uomini non riuscirono mai a raggiungere i campi di internamento della Germania poiché le navi che li trasportavano saltarono in aria nel tragitto verso il continente greco (fig. 7).

Infine l'epilogo.

Da una parte quelli che per ordine superiore, motivi contingenti, opportunità o scelta politica o ideologica decisero di continuare la guerra a fianco dei tedeschi (figg. 10-12). Questi elementi furono inviati in Germania in attesa di ricostituire i nuovi reparti sotto le bandiere della Repubblica Sociale Italiana.

Dall'altra quelli che per ordine superiore, opportunità o scelta costituzionale seguirono le sorti del Governo legittimo e in conseguenza di ciò ebbero a combattere contro i vecchi alleati, quasi sempre in formazioni partigiane in Alta Italia, Jugoslavia, Montenegro, ma anche a fianco dei nuovi alleati come a Lero e Samo; e, infine, nel ricostituito esercito del Sud che, dopo tanti rinvii, iniziò la sua prima azione contro i tedeschi a Monte Lungo, assieme alla 36a Divisione americana (figg. 8-9).

Questi avvenimenti portarono, per quanto riguarda l'organizzazione della posta militare, ai seguenti eventi:

- cessazione del coordinamento centrale di Roma con gli uffici periferici della posta militare;

- interruzione dei collegamenti che permettevano l'inoltro e lo smistamento della posta militare;

- interruzione dell'attività di ogni singolo ufficio.

In sostanza al collasso dell'organizzazione militare seguì, ovviamente, quella della posta militare che dalla prima era retta.

Una qualche attività postale da parte di singoli uffici di posta militare, nel periodo immediatamente susseguente l'8 Settembre, è possibile rintracciarla in quasi tutti i settori, generalmente affidati a collegamenti postali momentanei e contingenti che accrescono notevolmente il fascino e il valore di questi decreti.

Al Sud invece la posta militare continuò quasi ininterrottamente dopo l'8 Settembre ma lo sbandamento di quasi tutti i reparti e la lenta ricostruzione dei nuovi danno un discreto valore a queste missive, specie nel mese di Settembre.

Le lettere meno interessanti sono quelle provenienti dalla Sardegna e dalla Corsica i cui reparti restarono intatti e continuarono l'attività quasi ininterrottamente.

Gli elementi e i reparti che scelsero la collaborazione a fianco dei tedeschi passarono quasi istantaneamente ad utilizzare la Feldpost tedesca.

Anche questi documenti del settembre-dicembre sono oltremodo interessanti poiché provengono da elementi isolati o da piccoli reparti italiani «di passaggio» e non regolarmente. Purtroppo non sempre è possibile localizzare questi numeri di Feldpost, magari per scacchiere; e la mancata localizzazione toglie a questi documenti quasi tutto il loro interesse storico postale.

Infine, prima di passare alla situazione per singoli settori, una precisazione. Siamo abituati a vedere l'8 Settembre con l'occhio diretto verso gli avvenimenti del Nord o verso quelli del Sud; nella sostanza come di eventi separati e a sé stanti.

Nella trattazione del presente articolo la situazione dopo l'8 settembre è presentata in maniera globale, anche se con una messe di notizie per gli eventi «del sud» e ciò perché:

1) le forze in campo si sciolsero dopo l'armistizio in contrasto con le forze tedesche e di conseguenza vengono considerate emanazioni del governo del Sud; ciò anche in considerazione degli eventi successivi;

2) con eccezione della P.M. 141 della Divisione Zara, tutti i reparti che passarono ai tedeschi utilizzarono la Feldpost;

3) non mi risulta pubblicato da parte di fonti ufficiali un elenco delle unità passate ai tedeschi, in quanto il fenomeno viene considerato lesivo dell'onore militare;

4) la storia la scrivono i vincitori, teoria lapalissiana, e sui reparti passati ai tedeschi si è preferito stendere un velo di silenzio, salvo qualche volume scritto da nostalgici e riservato alla lettura dei soli «aficionados».

 

ITALIA SETTENTRIONALE

Dappertutto i tedeschi ebbero il sopravvento sui reparti italiani lasciati senza guida. Si ebbero sporadiche isole di resistenza che durarono fino al 10 Settembre.

Brescia fu occupata il 9, così come Parma e Forlì; Pavia, Piacenza, Bologna, Reggio Emilia, il 10; Milano la sera dell'11. Le comunicazioni postali militari vennero interrotte la sera dell'8 settembre; a chi aveva necessità di scrivere non restò altro che affidare i messaggi alla posta civile che continuò a funzionare (figg. 13-19).

QUADRO DELLE UNITÀ E DELLA P.M. OPERANTI ALL'8.9.43. (Vedi Tabella A)

 

LIGURIA E TOSCANA

La Liguria era sotto la giurisdizione della 4a Armata dislocata in territorio francese.

Per le difficoltà connesse al trasferimento dei reparti in Italia e della forte presenza tedesca il Comando della 4a Armata ordinò lo scioglimento della stessa la sera dell'11.9.43.

La Toscana era presidiata dalla 5a Armata.

Dopo vari scontri tra italiani e tedeschi, questi ultimi ebbero il sopravvento.

Pisa fu occupata il 9.9; Firenze il mattino dell'11.9.

Lo stesso giorno fu sciolta la 5a Armata.

Anche in questo settore i documenti di posta militare dopo l'8.9 sono molto interessanti e rari; più comuni quelli inoltrati per il tramite la posta civile (figg. 20-21).

 

QUADRO DELLE UNITA E DELLA P.M. OPERANTI ALL'8.9.43 (Vedi Tabella B)

ROMA

Attorno alla capitale cominciarono a confluire la sera dell'8 settembre numerosi reparti italiani e tedeschi.

Evidente l'importanza politica che le parti attribuivano al possesso della città.

Mentre le forze italiane, più numerose, erano prive di direttive e la notizia della fuga del re e del governo a Bari non era certo un incentivo, le forze tedesche attorno alla capitale erano decise a tutto.

Dopo accanite scaramucce locali, la resa delle forze italiane e della città avvenne il 10 settembre alle ore 16.

I documenti da Roma in questo periodo sono particolarmente interessanti.

QUADRO DELLE UNITA E DELLA P.M. OPERANTI ALL'8.9.43 (Vedi Tabella C)

ITALIA MERIDIONALE E SARDEGNA

L'8 settembre '43 reparti anglo-americani erano sbarcati a Salerno e Taranto.

All'annuncio della resa italiana i tedeschi iniziarono una ritirata su posizioni più difendibili.

In questo settore la posta militare non interruppe la propria attività, almeno non del tutto, anche se ridotta al minimo e sempre diretta verso territori controllati dagli anglo-americani (fig. 22).

QUADRO DELLE UNITÀ E DELLA P.M. OPERANTI ALL'8.9.43 (Vedi Tabella D)

JUGOSLAVIA

In questo paese la nostra sfera di influenza era localizzata nell'Erzegovina e Montenegro da una parte e nella Slovenia-Dalmazia dall'altra. Faceva da spartiacque con la zona di influenza tedesca lo stato «libero» della Croazia dove però risiedevano nostre truppe con lo status di «truppe stazionanti in territorio di stato amico ed alleato» ma di fatto truppe di occupazione per i disordini etnici tra Croati e Serbi, e per la lotta antipartigiana.

Divisione Venezia, Montenegro: rifiuta di consegnare le armi a tedeschi e croati contrastando le violente reazioni di questi fino ad iniziare vere e proprie azioni di guerra. Il 20 Novembre brigate della Venezia e della Taurinense si fondono dando vita alla Divisione partigiana Garibaldi.

Divisione Taurinense, Montenegro: anch'essa come la Venezia si rifiuta di consegnare le armi. Il 15 ottobre si riordina su tre brigate riunendosi alla Divisione Venezia.

Divisione Bergamo, Slovenia: sostiene scontri con reparti tedeschi fino al 27.9.43. Alcune centinaia di soldati della divisione formano il battaglione di patrioti Garibaldi che si affiancò poi all'esercito regolare jugoslavo.

In Jugoslavia i collegamenti normali della posta militare vennero a cessare. Qualche sporadico documento fu inoltrato con le navi che trasportavano i soldati nelle Puglie per il Sud e a Trieste per il Nord. Naturalmente meno rari i documenti inoltrati con la Feldpost che svolse il servizio sia per i militari che optarono per la collaborazione, sia per i militari fatti prigionieri.

Caso unico, la P.M. 141 della divisione Zara continuò la sua attività durante il periodo settembre-ottobre 1943.

QUADRO DELLE UNITÀ E DELLA P.M. OPERANTI ALL'8.9.43 (Vedi Tabella E)

QUADRO DELLE UNITÀ E DELLA P.M. OPERANTI ALL'8.9.43 (Vedi Tabella F)

GRECIA

In Grecia, come si è detto, la situazione passò subito sotto il controllo tedesco.

Nelle Isole dell'Egeo si può dire che i reparti italiani non sostennero combattimenti. Nelle Isole Jonie vi fu l'episodio ormai celebre della Divisione Acqui.

Nelle Cicladi e Sporadi, e principalmente a Samo e Lero, i reparti italiani, sostenuti da rinforzi inglesi, resistettero ai tedeschi.

Riportiamo i fatti salienti:

Divisione Pinerolo, Grecia. Ebbe scontri con i tedeschi fino al 17 settembre. Il 20.9.43 si costituì il Comando FF.AA. italiane in Grecia a fianco delle formazioni partigiane greche che il 15.10 disarmarono gli uomini della divisione internandoli.

Divisione Cuneo, Samo. Dopo la resa di Rodi fu sede di Comando di tutte le forze armate dell'Egeo. L'isola venne adoperata come base avanzata dagli inglesi per le truppe inviate a sostegno degli italiani a Samo e Lero. Samo venne evacuata totalmente il 23.11.43. Durante questo periodo si ebbe un solo dispaccio postale verso l'Italia, per il tramite dei servizi postali militari inglesi. Evidente la rarità di tali documenti.

Isola di Lero. Nell'isola il presidio era formato principalmente da marinai e reparti della Divisione Cuneo e Regina. Comandante un capitano di vascello vecchio stampo, sicuro di sé, capace. Lero fu l'unico esempio di resistenza accanita e caparbia ai tedeschi che dovettero subire le iniziative italiane appoggiate poi da reparti inglesi e rinforzi della Cuneo. L'isola si arrese il 16.11.43. Anche i reparti di Lero usufruirono del dispaccio postale inoltrato verso l'Italia dagli inglesi: i documenti sono rari.

Divisione Acqui, Cefalonia e Corfù. Per volontà quasi unanime dei soldati la Divisione si oppose ai tedeschi che ne intimavano la resa.

I combattimenti furono violentissimi dal 14 settembre e terminarono il 25.9.43. Dei diecimila uomini della Divisione 2.000 caddero combattendo e 4.000 furono trucidati dopo la resa.


QUADRO DELLE UNITÀ E DELLA P.M. OPERANTI ALL'8.9.43 (Vedi Tabella G)

ALBANIA

Nel paese vi era un forte contingente di truppe italiane che non deposero le armi ma tentarono di aprirsi la strada verso l'Italia.

Ecco i principali avvenimenti:

9a Armata. Il Comando si arrese il 19.9.1943.

Divisione Arezzo. Alcuni reparti del 226° reggimento fanteria si unirono alle Truppe della Montagna costituendo il battaglione «Antonio Gramsci».

Divisione Firenze. Si oppose alla richiesta di resa dei tedeschi. Il 23.9.43 sostenne aspri combattimenti. La Divisione costituì il Comando Truppe Italiane della Montagna, con sede a Arbora, proseguendo l'attività contro i tedeschi per tutta la durata della guerra.

Divisione Brennero. Alcuni reparti del 232° reggimento riuscirono a trasferirsi a Corfù dove combatterono fino al 25.9.1943.

Divisione Perugia. Il Comando della Divisione e elementi isolati dei reparti si unirono alle Truppe della Montagna.

Il servizio postale militare si interruppe e i pezzi inoltrati tramite collegamenti occasionali sono molto buoni; così come sono buoni quelli inoltrati tramite la Feldpost. La difficoltà maggiore consiste nel localizzare tali provenienze.


QUADRO DELLE UNITÀ E DELLA P.M. OPERANTI ALL'8.9.43 (Vedi Tabella H)

FRANCIA

All'annuncio dell'armistizio quasi tutti i reparti italiani erano in fase di spostamento verso la Liguria; molte divisioni erano già in Italia.

Il disarmo delle unità italiane da parte dei tedeschi non incontrò grosse difficoltà e la chiusura degli uffici di posta militare avvenne il 9.9.43.

Documenti da questo settore dopo tale data sono eccezionali. Interessanti quelli spediti con la Feldpost e localizzabili.

CORSICA

In Corsica vi era una preponderanza di forze italiane che tennero testa a quelle tedesche e le costrinsero a riparare in terraferma.

Nel novembre del '43 la Corsica venne abbandonata e le unità destinate in Sardegna. La posta militare italiana funzionò quasi regolarmente in tutta l'isola, ovviamente per la corrispondenza diretta al Sud.

QUADRO DELLE UNITÀ E DELLA P.M. OPERANTI ALL'8.9.43 (Vedi Tabella I - Francia - Corsica)

 

BIBLIOGRAFIA STORICA ESSENZIALE

Le operazioni delle unità italiane nel settembre-ottobre 1943. A cura dello Stato Maggiore Esercito-Ufficio Storico, Roma 1975, pp. 705.

Il 1° Raggruppamento Motorizzato italiano. A cura dello Stato Maggiore Esercito-Ufficio Storico, Roma, 1974, pp. 204.

BIBLIOGRAFIA FILATELICA:

Fernando Ales, Catalogo Ales posta militare, Roma, a cura dell'A., 1980, pp. 154.

Salvatore Di Pietro, La posta militare dell'esercito di liberazione. In «Il Nuovo Corriere Filatelico» N. 29, giugno 1980 e N. 30 dell'agosto 1980.

Giuseppe Marchese, Avvenimenti in Egeo dopo l'8.9.43: in «Il Notiziario ASIF», agosto-settembre 1978 e ottobre 1978.

Giuseppe Marchese, Avvenimenti a Cefalonia dopo l'8.9.43, in «Il Notiziario ASIF di storia postale» N. 177, gennaio 1979.

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