8 marzo 2024 LA FORZA DI LUDMILLA ELENA GIANINI BELOTTI NON SOLO MIMOSA BIBLIOGRAFIA DEL DIVENIRE DA TERESA BANDETTINI LA BALLERINA MASCHILISMO DI CENT'ANNI FA LA NOSTRA EMISSIONE 2024 È DEDICATA A LUDMILLA NAVALNAYA MADRE DI ALEKSEJ NAVAL'NYJ PLATONE ERA FEMMINISTA? NI! Indice di tutti gli articoli pubblicati Tutte le emissioni de "il Postalista" dal 2019 al 2024
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DA TERESA BANDETTINI LA BALLERINA AD AMARILLI ETRUSCA LA POETESSA ESSERE DONNA ALLA FINE DEL SETTECENTO |
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di Enrico Bettazzi |
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Una lettera scritta da Lucca ai primi del 1798 ci riconduce in quella società europea che tra moti rivoluzionari post illuministici e cultura neoclassica stava ponendo le basi di un nuovo mondo, che dai “vecchi lumi” dell’Antico Regime si incamminava verso i “nuovi”. La missiva esteriormente porta segni postali che già la inquadrano, anche se in maniera non sicura: il timbro a cuore che la annulla ha nel cartiglio la sigla PTINR ed un numero, indicante la settimana, che parrebbe essere un 6.
Lucca 31 del 1798
Molto altro quindi vi sarebbe da dire degli argomenti del testo della lettera, ma ciò che al momento ci interessa è inquadrare meglio la figura della donna che scrive la missiva. Era nata a Lucca l’11 agosto del 1763. Il padre le muore che lei è piccina, la lascia con la madre e vari fratelli: la situazione economica in casa è pessima. La madre deve sobbarcarsi il peso della famiglia, le insegna a leggere e scrivere e poi la avvia assieme ad una sorella alla professione di danzatrice: Teresa è aggraziata, di piacevole aspetto, ma la natura le ha dato un altro grande dono. Si sente attratta dalla lettura, dalla scrittura, dalla carta: di notte, nei suoi momenti liberi, fin da piccola legge: Metastasio, Petrarca, Goldoni, Ariosto, Tasso; si appassiona alla mitologia; compone versi. La chiamano la Ballerina Letterata perché durante gli intervalli degli spettacoli la si vede leggere di continuo; divora tutti i classici che le capitano sottomano; danza fino al 1789 quando si innamora di un altro teatrante, Pietro Landucci, e lo sposa; il marito si rende conto delle potenzialità della moglie e la incoraggia ad abbandonare la professione di danzatrice per intraprendere l’improvvisazione poetica. Il talento è chiaro, tanto da ingraziarla presto in vari salotti letterari; il successo arriva subito: a Bologna, Udine, Ferrara, Padova le accademie di improvvisazione in rima sono un trionfo. Ma intanto studia latino, greco, francese e traduce Ovidio e Virgilio e incontra letterati e pittori e ne viene apprezzata. A venticinque anni pubblica la prima raccolta di rime, a trentuno, nel 1794, è a Roma e viene accolta nell’Arcadia con il nome di Amarilli Etrusca. E’ in questo periodo che viene ritratta dalla pittrice tedesca Angelica Kaufmann nelle vesti di Melpomene, musa della tragedia, in quanto Teresa scrive anche tragedie mitologiche secondo la moda dell’epoca. Le tragedie comunque non le sono assenti neppure nella vita: in questi anni perde tre figlie ed i problemi finanziari che l’hanno assillata fin da piccola non la lasceranno mai, perché un conto sono la fama e gli allori accademici ed un conto è far quadrare i bilanci familiari. Lodata da Vittorio Alfieri, Vincenzo Monti e Giuseppe Parini; talentuosa nelle improvvisazioni in cui oltre alla metrica porta il pathos personale tanto da commuoversi lei stessa assieme agli astanti (e per questo chiamata l’Improvvisatrice Commossa). Ma è un mondo ristretto quello degli intellettuali, dei salotti, delle accademie; intorno un volgo quasi totalmente analfabeta e irrequieto, pronto a dileggiare una donna “fuori posto”: la arcadica poetessa pistoiese, Corilla Olimpica, sarà sbeffeggiata e presa a lanci di ortaggi a Roma...quanto difficile è essere una donna emancipata, fuori dagli stereotipi!. Tornata a Lucca, acclamata anche in altre città toscane, viene aiutata dai governi filo francesi e per questo viene accusata di giacobinismo; lascia la sua città ed allora si sposta di continuo: Venezia, Parma, la corte viennese dove rimane fino al 1803; in Italia si esibisce davanti a Napoleone e in quell’anno si ritira dalle scene. Ottiene una pensione dal Duca di Modena e finalmente può vivere più dignitosamente; il suo desiderio di tornare a Lucca trova sfogo solo nel 1819. Qui, rimasta vedova, viene apprezzata dai regnanti Borboni, che ne curano trascrizioni e stampa delle opere. Ormai il gusto neoclassico ha lasciato spazio al Romanticismo; nel crepuscolo anche personale, la grandezza di questa coriacea donna si rivela quando, afflitta negli ultimi anni di vita da un tremolio della persona, lei scherza dicendo che avrebbe finito come aveva iniziato, cioè ballando. Enrico Bettazzi
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA P.Vollmeier, I bolli postali toscani del periodo prefilatelico fino al 1851, Firenze, 1974, p.58 A. Caroli, Un inventario del Reale Officio della Posta di Toscana in Roma, in “Il Monitore della Toscana”, n.33 B. Manetti, Carte di donne nei fondi manoscritti della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Carteggi vari, profili biografici, Teresa Bandettini., p.67 https://it.wikipedia.org/wiki/Teresa_Bandettini https://www.treccani.it/enciclopedia/teresa-bandettini_(Dizionario-Biografico)/ https://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-antinori_(Dizionario-Biografico)/ https://www.elle.com/it/magazine/storie-di-donne/a29855029/teresa-bandettini-poesie/
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