Da sempre nel servizio postale è stato possibile il cambio di destinazione o il richiamo delle corrispondenze causato da sopravvenute esigenze del mittente che poteva (con pagamento alle Poste) richiamare la missiva o cambiare l’indirizzo della stessa.
Ricordando che la corrispondenza fino alla consegna al destinatario era di proprietà del mittente, in caso di impossibilità di consegna era ritornata al mittente come legittimo proprietario.
In queste note tratterò invece di oggetti postali inviati e rispediti sempre al destinatario iniziale, oppure a chi per esso se permesso dal servizio postale, ma ad altro indirizzo.
Se la corrispondenza era arrivata a destinazione e non poteva essere consegnata per cambio di domicilio o per momentanea assenza, oppure per spostamento in altra località del destinatario in viaggio, poteva essere rimandata al nuovo indirizzo come prima consegna. Naturalmente sia prima dell’Unità d’Italia, per l’interno del territorio degli Antichi Stati e successivamente prima della normativa U.P.U. anche per l’estero, le regole sarebbero state molto più complesse.
Sul regolamento postale del 1908, secondo normativa U.P.U. era previsto che se il destinatario avesse cambiato indirizzo, la corrispondenza avrebbe potuto proseguire alla nuova destinazione senza ulteriore pagamento di tassa.
Era previsto il solo adeguamento di tariffa alla spedizione finale, che variava dal distretto alla tariffa interno, oppure l’adeguamento alla tariffa per l’estero.
Le persone in viaggio avevano spesso il domicilio presso gli alberghi, questi avevano la facoltà di ricevere la corrispondenza e se necessario rispedirla ad altro indirizzo del cliente se ripartito o al domicilio se rientrato dal viaggio; gli alberghi potevano rinviare anche le cartoline di corrispondenza e di convenevoli ed anche le stampe che nelle rispedizioni per la normativa U.P.U. dovevano essere riaffrancate. Il portiere dell'albergo aveva invece la facoltà di rispedirla in un secondo tempo dovendola smistare ai clienti, questi potevano essere già ripartiti oppure non ancora arrivati (in questo ultimo caso era trattenuta in attesa dell'arrivo del destinatario anche per lungo tempo).
Era prevista anche la segnalazione preventiva della nuova destinazione alla Posta che poteva reindirizzare anche le cartoline illustrate e le stampe) in questo caso alla riscrittura del nuovo indirizzo avrebbe provveduto l'ufficio postale stesso, seguendo la normativa internazionale U.P.U. che prescriveva la cancellatura del vecchio indirizzo e la riscrittura del nuovo con inchiostro rosso (nel caso di gente in viaggio la rispedizione poteva ripetersi più volte). Un estratto del regolamento stesso recita:
“Art. 1114 - Non dà motivo a pagamento di tasse la rispedizione di lettere o di biglietti postali non ritirati, o che, essendolo stati, sono riconsegnati alla posta intatti, o riconsegnati ai portalettere, o immessi nelle buche o cassette, cioè senza essere stati aperti, né modificati nell'indirizzo (veggasi articolo 1116).
Art. 1116 - ….. Non si considerano come modificazioni di indirizzo:
a) il cambiamento di destinazione o di recapito, e qualsiasi aggiunta tendente soltanto a meglio precisare i destinatari;
b) qualsiasi cambiamento che si faccia dagli uffici postali di primitiva destinazione ad istanza dei mittenti, su corrispondenze da rinviarsi ai mittenti medesimi o da rispedirsi a loro richiesta ad altra persona (1)…”.
In sostanza la normativa divideva la corrispondenza in oggetti sigillati oppure non sigillati. Gli oggetti sigillati potevano essere rispediti se intatti, mentre se per loro natura aperti e controllabili, non lo erano, fra questi ultimi si enumerano: le cartoline illustrate e di corrispondenza, le stampe, i manoscritti, i giornali ecc. . Con alcune eccezioni: gli enti governativi come le Poste, gli uffici pubblici, giudiziari, militari ecc.. od anche i portieri degli alberghi che qualificandosi, potevano rispedire a nuova destinazione anche questi oggetti e qualche volta, che vedremo, modificare anche il destinatario.
Le rispedizioni potevano comprendere tariffe diverse: distretto, interno ed estero a cui adeguarsi. Se era a tariffa distretto, alla rispedizione doveva essere integrata per l’interno oppure per l’estero. Le altre regole erano che le raccomandate e assicurate non aperte, dovevano essere restituite per il cambio d’indirizzo alla Posta e riammesse al servizio allegando anche il vecchio tagliando a firma. Nel caso di invii espresso la rispedizione sarebbe stata effettuata in posta ordinaria, perché il servizio era stato già svolto al primo indirizzo, (il recapito espresso era pagato dall’Amministrazione postale individualmente al fattorino per ogni consegna).
Molto spesso le persone che effettuavano la rispedizione non conoscevano la normativa ed il più delle volte effettuavano la nuova francatura dell’oggetto postale, oppure rinviavano senza adeguamento tariffario ed erano tassate all’arrivo. Le cartoline con adeguamento tariffario o riaffrancate se “gettate in buca” molto spesso non avevano l’applicazione dell’annullo sui francobolli aggiunti.
Una categoria che potremmo comprendere nell’elenco delle rispedizioni sono le lettere “aperte per errore” con le varie motivazioni: vuoi per omonimia, vuoi per errore dell’amministrazione postale o di aziende ed enti, in sostanza si è trattato sempre di mandare l’oggetto ad un altro indirizzo e quindi è una rispedizione, anche se sui generis.
Mostro alcuni documenti che sono stati rispediti con motivazioni diverse dal 1853 fino ad oltre la metà del Novecento, in Italia ma anche al/o dall’estero. Ho diviso in capitoli le categorie dei documenti e per ogni documento una breve descrizione delle caratteristiche postali che lo ha prodotto. Alcune di queste testimonianze ci restituiscono le problematiche del passato, principalmente legate alle comunicazioni di luoghi lontani; a volte per arrivare a destino occorrevano molti giorni, o mesi di avventuroso cammino.
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Referenze:
ISTRUZIONE PER IL SERVIZIO DELLE CORRISPONDENZE POSTALI
Normativa rispedizioni
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