digressioni gastro - filateliche a cura della Brigata di Cucina del Postalista |
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arepas | |||
Colombia, 15 marzo 2018, Yvert 1889 | |||
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A vederle ammucchiate sui banchi dei mercati colombiani e venezuelani, in attesa di essere farcite con i più fantasiosi ripieni, non si direbbe che queste focaccine dalle forme più svariate, ma generalmente rotonde o leggermente ovali, siano talmente radicate nell’identità nazionale di questi popoli da causare aspre rivendicazioni di paternità da parte dell’uno e dell’altro stato. D’altra parte le arepas, e questo spiega forse la ragione di tanto attaccamento, oltre a costituire la base di un gustoso spuntino, sono anche l’accompagnamento abituale dei pasti principali fin dall’epoca precolombiana, giacché gli storici sono concordi nell’affermare che questa forma di panificazione fosse conosciuta addirittura un paio di millenni prima che Colombo sbarcasse in quello che lui credeva fosse il Cipango. Ottenute tradizionalmente impastando il mais macinato grossolanamente con acqua seguendo un procedimento abbastanza lungo da consentire un adeguato ammollo dei frammenti più grossi, le arepas vengono al giorno d’oggi preparate, in maniera molto veloce, impastando con acqua leggermente salata una grossolana farina di mais precotta (stesso procedimento della nostra polenta istantanea) con dosi e tempi di riposo che variano in funzione del tipo di cottura al quale saranno sottoposte le focaccine che dall’impasto vengono ricavate. Se infatti la cottura al testo, che è quella tradizionale, è di gran lunga la più usata, le arepas vengono preparate anche al forno, in padella, fritte e addirittura bollite. Una volta cotte, vengono poi farcite, magari al momento del consumo, con i ripieni più svariati: dalle verdure ai salumi, passando per la carne e il formaggio, che nel caso delle arepas fritte è spesso inserito all’interno prima della cottura… e per certe ricette, all’impasto si aggiunge anche olio, burro, latte o uova. Una grande varietà dunque di forme, colori e sapori, dove ogni città rivendica l’originalità e l’aderenza alla tradizione della “sua” versione… e naturalmente, in ogni caso, le “vere” arepas, le prime sono venezuelane in Venezuela e colombiane in Colombia. In questa disputa secolare, il Venezuela può rivendicare all’antica lingua (oggi in via di estinzione) Cumanagoto l’etimologia della parola, che deriverebbe da erepa, che indicava in generale tutti i cibi prodotti a partire da un impasto a base di farina di mais e acqua. Dalla Colombia invece, e più precisamente da un altopiano che giace sulle pendici orientali della Cordigliera delle Ande, vengono i più antichi reperti archeologici di attrezzi (una sorta di testo in terracotta) destinati alla cottura della arepas. Risalgono a 3000 anni fa, mentre le prime tracce di coltivazione del mais si ritrovano sempre nella stessa zona, abitata al tempo dal popolo Muisca, intorno al 2500 a.C. Bisogna però considerare che la domesticazione del mais era avvenuta ben prima, nella valle messicana di Tehuacán, da dove si era diffuso poi in tutto il continente e che quindi sia l’introduzione del mais che la diffusione delle varie tecniche di preparazione siano in realtà avvenute in tempi abbastanza simili in tutta la zona al giorno d’oggi occupata da Colombia e Venezuela. E a dirimere la questione non giova la presenza, in effige al francobollo, di una coppetta di mazamorra, giacché questa preparazione a base di mais bollito lungamente fino a ridurlo in poltiglia e all’occorrenza dolcificato è anch’essa largamente diffusa in tutti i paesi del Sudamerica, a partire dal Perù, dove però viene preparato con una varietà di mais dal colore rosso. Noi dell’allegra Brigata di Cucina del Postalista siamo venuti, seguendo l’emissione filatelica, a gustarle in Colombia, ma osservatori imparziali ci hanno garantito che quelle venezuelane sono altrettanto buone.
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