digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

soparnik
Croazia, 15 aprile 2024, Yvert 1521
 
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La specialità che questa volta l’allegra Brigata di Cucina del Postalista è andata a scovare nell’immediato entroterra della Dalmazia, tra le brulle colline carsiche che una volta costituivano l’antica Repubblica di Poljica, è un piatto povero di origine contadina, esattamente come contadini erano, fin dalla sua costituzione nel tardo Medioevo, i cittadini della repubblica che proprio dai campi (polje, in croato) aveva preso il suo nome.

Una comunità contadina che già nel 1440 si era data uno statuto scritto, e che nonostante si fosse venuta a trovare nella sfera di influenza della potente repubblica marinara di Venezia, della quale riconosceva la sovranità, conservò sempre con fierezza la sua autonomia amministrativa, difendendola anche con le armi contro i tentativi di invasione dell’impero ottomano nel corso del XIV e XVII secolo.

Una comunità che, secondo numerose attestazioni, aveva anche una sua tradizione culinaria, ovviamente rustica e improntata alla cultura contadina, nella quale fin dal Medioevo spiccava quello che a buon titolo è stato sempre considerato il “piatto nazionale” della Repubblica di Poljica: il soparnik. Talmente forte è il legame tra il nostro soparnik e la memoria storica degli abitanti di queste regioni, che nel 2016 il governo croato ha ottenuto che fosse inserito tra i beni culturali immateriali della Croazia… il che, per una focaccia, non è poco.

Sì, perché il soparnik è costituito da due sottili dischi di pasta (nient’altro che acqua, farina e sale) dal generoso diametro di quasi un metro tra i quali viene steso un impasto costituito solitamente da bietole (o talvolta altre erbe, anche selvatiche) grossolanamente tritate, cipolle affettate finemente, abbondante prezzemolo, olio e sale.

Il tutto viene messo in teglia e cotto in forno fino a doratura della pasta, ma una variante più rustica prevede che la teglia venga adagiata su un letto di brace e coperta con un’altra teglia sulla quale si cosparge altra brace ardente, fino a cottura. In entrambi i casi, prima di essere servito bello caldo, il soparnik deve essere spennellato con una mistura di olio e aglio ridotto in poltiglia.

Tradizionalmente cucinato in grandi forni comunitari durante le festività, il soparnik è una specialità autenticamente e veracemente vegana, e non per una scelta filosofica o modaiola, ma perché fin dalla sua nascita è un piatto povero e preparato con ingredienti contadini economici e facili da reperire.

 

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