digressioni gastro - filateliche a cura della Brigata di Cucina del Postalista |
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thieboudiene | |||
Senegal, 5 settembre 2008, Yvert 1785 | |||
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Il riso, si sa, è originario della Cina, dove sembra che il primo “addomesticamento” sia avvenuto agli albori del Neolitico nella valle del fiume Yangtze, e dalla Cina nei millenni successivi si è diffuso nel subcontinente indiano, nel Sud-est asiatico e nell’arcipelago giapponese; da quelle prime piante di riso selvatico, di ibridazione in ibridazione si è andata nel corso dei millenni sviluppando l’Oryza sativa, che è oggi, nelle sue innumerevoli varietà, il cereale più consumato al mondo… in tutto il mondo, in tutti i continenti, anche in Africa. In Africa però c’era (e c’è tuttora) anche una specie autoctona di riso, il cui addomesticamento pare sia databile a quasi 5.000 anni fa, nel delta del fiume Niger, in maniera assolutamente indipendente da quanto andava avvenendo in Asia; è l’Oryza glaberrima. Un tipo di riso che, rispetto alle varietà asiatiche, mostra una maggiore resistenza a parassiti e malattie, e la capacità di sopportare siccità e alluvioni ma che, sempre rispetto al riso asiatico, ha una resa minore; i suoi chicchi inoltre sono più fragili, ed è per questa ragione che durante il processo di raccolta, sbramatura e sbiancatura si spezzano facilmente, anche se questo non influisce sulle sue capacità nutrizionali: è per quest’ultima ragione che viene spesso chiamato dagli occidentali broken rice, alla lettera, "riso spezzato". Tradizionalmente coltivato in tutta l’Africa occidentale sub tropicale è, insieme al pesce, uno dei pilastri dell’alimentazione delle popolazioni delle regioni che si affacciano sul golfo della Guinea, dal Congo al Senegal. Un binomio, quello del riso e del pesce, la cui importanza è stata recentemente riconosciuta dall’inserimento del thiebudiene nella lista dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità stilata dall’UNESCO. E thiebudiene altro non è che la trascrizione francesizzante di ceebu jën, che in lingua wolof significa semplicemente riso (ceebu) e pesce (jën). E proprio di questo è colmo il vassoio che l’allegra Brigata di Cucina del Postalista è venuta ad assaggiare tra i pescatori di Saint Louis, alla foce del fiume Senegal: uno stufato di pesce (orata, cernia, dentice e altro pesce bianco atlantico) che a seconda delle stagioni può anche essere essiccato o marinato, e poi carote, zucchini, melanzane, rape, zucca e manioca, il tutto insaporito con una varietà di aromi che elencare sarebbe impossibile, e adagiato su un letto di riso africano che, altra caratteristica interessante, ha un sapore molto intenso, che a tratti ricorda le nocciole tostate. Simbolo della convivialità senegalese, il thiebudiene viene servito in un enorme vassoio posto al centro della tavola, dal quale tutti i commensali si servono. La bevanda che tradizionalmente accompagna questa pietanza è il bissap, un infuso di fiori di ibisco essiccati aromatizzato con menta, vaniglia e ananas, servito ben fresco.
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