digressioni gastro - filateliche a cura della Brigata di Cucina del Postalista |
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pozole | |||
Messico-Brasile, 1° giugno 2012, n.c. | |||
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Fresco di emissione, al punto di non avere ancora una classificazione nei vari cataloghi, il francobollo e la ricetta di questo mese proiettano l'allegra Brigata di Cucina del Postalista verso mondi lontani sia nello spazio (Messico) che nel tempo (epoca pre-colombiana). Fin dalle epoche più antiche il mais ha costituito la base dell'alimentazione delle popolazioni centroamericane, che avevano quindi escogitato numerosi modi di utilizzo e conservazione del prezioso cereale: uno di questi era (ed è tuttora) la cosiddetta nixtamalizzazione. Consiste nel cuocere i grani di mais in una soluzione di ceneri, calce e acqua, per poi consumarli freschi, oppure, dopo averli essiccati, conservarli per lungo tempo, interi o trasformati in farina. Questo tipo di trattamento del mais, usato con piccole varianti locali in tutta l'America centrale e settentrionale, oltre a consentirne la conservazione, ha anche il pregio di migliorarne le proprietà nutrizionali, migliorando la disponibilità degli aminoacidi e, soprattutto, delle vitamine del gruppo B. Ed è proprio a partire dal nixtamal (parola che nell'antico nahuatl significava più o meno "pasta di mais ottenuta con la cenere") che gli aztechi preparavano una zuppa chiamata, sempre in nahuatl, potzolli, ovvero "schiumosa". Tuttora largamente usato nella cucina messicana di tutti i giorni, il pozole è diventato oggetto, il primo giugno scorso della Emisión Conjunta México-Brasil avente come tema la Comida Tradicional, qui presentata nell'edizione brasiliana. Ma veniamo alla nostra ricetta: si tratta di una zuppa densa, generalmente a base di carne di maiale o pollo e fortemente speziata, che conosce moltissime varianti, probabilmente tante quante sono le persone che la cucinano. Tratti in comune tra le varie preparazioni, sono l'impiego dei chicchi interi e l'abbondante uso di chili, il piccantissimo peperoncino messicano. Anche in passato ne esistevano diverse versioni, tra cui molte senza carne. E se i Maya, a quanto pare, prediligevano l'uso del tacchino, sembra che gli Aztechi allevassero addirittura una speciale razza di cani, le cui carni erano considerate una vera ghiottoneria riservata a pochi e ricchi gourmet. Su quest'ultimo ingrediente, però, gli storici non sono d'accordo, e oggi si tende a ritenere che la notizia sia nata dalla confusione tra due parole simili: a finire in pentola non era il famoso "cane nudo" messicano, ma il paca, una specie di piccolo coniglio autoctono. Su una cosa però gli studiosi sono concordi: in virtù della sua importanza nell'alimentazione, il mais era considerato sacro dagli Aztechi, i quali credevano addirittura che il primo uomo fosse stato modellato dagli dei proprio a partire da un impasto di nixtamal. Per questa ragione, in certe festività religiose, i sacerdoti preparavano un pozole utilizzando carne proveniente da sacrifici umani. |
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