digressioni gastro - filateliche a cura della Brigata di Cucina del Postalista |
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cotoletta alla kyiv | |||
Ucraina, 12 novembre 2018, Yvert 1398 | |||
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La Brigata di Cucina del Postalista non è, per una volta, allegra… e del resto in questi giorni di guerra di motivi per essere allegri ce ne sono davvero pochi, con una delle città più belle e ricche di storia del mondo sottoposta ad un sanguinoso assedio da parte di un esercito invasore: stiamo parlando, ovviamente, della capitale dell’Ucraina, e l’esercito invasore è quello di Putin. Ma questo è su tutti i giornali e in tutte le televisioni, e anche noi vogliamo in qualche modo unire la nostra voce a chi cerca di far sentire la propria solidarietà al popolo ucraino. Come è giusto che sia, ognuno affila le proprie armi, e noi della non-allegra Brigata di Cucina del Postalista possiamo al massimo affilare un coltello da cucina, e con esso andare a sfilettare un petto di pollo per cucinare, nell’impossibilità di andarla ad assaggiare in Ucraina, quella che nei manuali di cucina di inizio ‘900 era spesso indicata col nome di suprême de volaille à la Kiev. Il nome francese si giustifica con la moda, nella Russia imperiale di fine ‘800, di scimmiottare la haute cuisine delle grandi capitali europee adattando piatti internazionali ai gusti della nobiltà locale o, viceversa, rielaborando ricette locali secondo i dettami della cucina occidentale. Potremmo dire che si trattò di un esperimento di fusion ante litteram, e per realizzarlo i nobili russi non badarono a spese, ingaggiando molti celebri cuochi europei per le loro cucine. Molti di questi cuochi provenivano dalla Francia, e tra questi uno, in particolare, aveva tra le sue ricette un qualcosa di molto simile alla nostra cotoletta alla Kyiv: Marie-Antoine Carême. Sua è la ricetta del filet de poulet à la maréchale, un petto di pollo farcito con carne aromatizzata con erbe varie, passato nell’uovo, impanato e fritto. La cotoletta alla Kyiv in effetti somiglia molto al piatto dello chef francese, perché sempre di un petto di pollo farcito si tratta, solo che, come in ogni suprême che si rispetti, l’osso dell’ala viene rovesciato verso l’esterno e rimane attaccato alla carne, fornendo così una sorta di impugnatura normalmente decorata con una specie di ventaglio di carta. Il filetto di pollo così acconciato viene imbottito con del burro freddo a volte lavorato con prezzemolo (o altre erbe aromatiche) e aglio, passato nell’uovo, impanato, e fritto nel burro… il tutto con buona pace dei dietologi. Molti rivendicano la creazione di questa variante, a sua volta molto simile ad altri piatti nati in tempi successivi, ivi compreso una sorta di hamburger di pollo imbottito di formaggio che nella Russia sovietica veniva spesso venduto sotto il nome di “cotoletta di Kiev”, e che ha conosciuto una certa popolarità anche nei supermercati occidentali. La versione più accreditata, quella che tra l’altro giustifica il suo nome, vede la nostra cotoletta nascere nelle cucine del lussuoso Continental Hotel di Kyiv nei primissimi anni del ‘900, per diventare rapidamente una sorta di insegna gastronomica del nuovo (era stato inaugurato nel 1897) albergo e del suo ristorante. Oggi quell’albergo non esiste più: minato dalle truppe sovietiche in ritirata nel 1941, fu fatto saltare in aria dopo che nei suoi locali si era stabilito il comando tedesco e, ricostruto nel 1955, fu destinato ad ospitare il conservatorio di Kyiv. Sopravvive però la tradizione gastronomica ucraina, così come sopravvive per la non-allegra Brigata di Cucina del Postalista la speranza di poter davvero andare, in un futuro non troppo lontano, a gustare una vera cotoletta alla Kyiv nei luoghi, tornati liberi, dove essa è nata più di un secolo fa. |
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