digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

risotto alla milanese
Italia, 26 luglio 2008, Unificato 3100
 
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Secondo la leggenda, il ris giald (riso giallo) sarebbe nato a Milano nel 1574, e più precisamente l'8 settembre, in occasione del banchetto di nozze della figlia del mastro vetraio Valerio di Fiandra, che andava quel giorno sposa a un assistente del padre. Fino ad allora la polvere ricavata dalla lavorazione degli stimmi del Crocus Sativus era usata solo come colorante per pitture e vetri, e il giovane sposo amava a tal punto farne uso che gli amici, forse per fargli uno scherzo, ne aggiunsero una generosa dose al riso bollito servito in tavola.

Tuttavia, anche se si tramanda che il piatto incontrò un notevole successo tanto che non ne avanzò nemmeno un chicco, bisogna arrivare fino alla fine del '700 per trovare nei manuali di cucina una traccia attendibile di quello che è oggi il risotto alla milanese.

Fino a quasi tutto il diciottesimo secolo infatti l'unica cottura ammessa per il riso era quella della semplice bollitura in acqua. Solo nel 1779 si ha notizia di una cottura che prevedeva di soffriggerlo del burro e poi bagnarlo con abbondante brodo, mentre pochi anni dopo il libro "Arte di fare cucina di buon gusto" (Torino, 1793) introdurrà ufficialmente anche la cipolla, da soffriggere ovviamente nel burro.

Ma è solo nel 1809 che "Il cuoco moderno", di autore anonimo, parla per la prima volta di due ingredienti irrinunciabili di quello che oggi è il risotto alla milanese: il midollo di bue (da aggiungere al burro per soffriggere la cipolla) e il nostro zafferano (disciolto nel brodo caldo che porta a cottura il riso). Bisognerà poi attendere il 1929 perché Felice Luraschi, celebre cuoco meneghino, con l'aggiunta di una buona spolverata di parmigiano a fine cottura, dia alla ricetta la sua stesura definitiva.

Oggi come oggi, i puristi dibattono ancora sull'opportunità di aggiungere un bicchiere di vino bianco durante la tostatura preliminare del riso, o un fiocco di burro al momento della mantecatura finale. Anche la scelta del tipo di riso vede due "partiti": quello del Vialone nano e quello del Carnaroli, benché la maggior parte dei grandi interpreti del risotto alla milanese propenda per quest'ultimo.

Apertissima invece la disputa tra chi lo preferisce "all'onda", cioè abbastanza liquido, e chi invece "tira" la cottura fino ad ottenere un riso molto asciutto, dai chicchi ben staccati tra di loro. I partigiani di quest'ultimo tipo di cottura hanno dalla loro un'argomentazione solidissima: il riso "all'onda" non consente, il giorno successivo, lo sfruttamento degli avanzi per la preparazione dello squisito e scenografico "riso al salto".

Si tratta di una sorta di tortino basso ottenuto facendo scaldare in padella con burro caldo uno strato compatto di riso avanzato, fino alla formazione di una crosticina abbrustolita e compatta sui due lati... i bravi cuochi sono in grado di rovesciare il tortino con un solo deciso gesto del polso, per l'appunto, un salto.

Nessuna discussione invece sulla provenienza dello zafferano: ci vuole quello abruzzese DOP, che le Poste Italiane hanno giustamente celebrato nel 2008 con il francobollo da 60 eurocent qui riprodotto.

E per concludere, un particolare gastro-mito-fumettologico: il Crocus Sativus sarebbe nato quando gli dei decisero di trasformare in fiore il giovane Croco, permettendogli così di coronare il suo sogno d'amore con una ninfa, Smilace, a sua volta mutata in una pianta, la salsapariglia, che è il cibo prediletto dei famosi Puffi...

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