digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

chakchouka
Tunisia, 15 luglio 2020, Yvert 1927
 
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Benché sia ormai passato il periodo del Ramadan, che il mese scorso ci aveva spinto alla ricerca delle delizie gastronomiche di iftar, l’allegra Brigata di Cucina del Postalista continua il suo vagabondaggio nella regione nordafricana, spostandosi verso l’Algeria orientale e la Tunisia, e precisamente nella zona compresa tra le città algerine di Bou Saada, Batna e Biskra e la tunisina Tozeur, terre di origine dell’etnia berbera degli chaoui, per assaggiare un piatto che proprio le poste tunisine, con una emissione del 2020, hanno celebrato.

Siamo qui per assaggiare la chakchouka, ovverosia la “mistura”, caratteristica di questa parte del Magreb: uno stufato speziato e piccante, come è d’uso da queste parti, a base di carne (prevalentemente ovina), pomodori (in abbondanza), peperoni rossi e verdi, ceci, fave (specialmente nella zona di Tozeur), e (occasionalmente) altri vegetali, come zucchine, rape, carote e melanzane.

Questo stufato, chiamato marqua, viene lasciato abbastanza liquido da poterci mettere a inzuppare dei piccoli pezzi di rougag, un particolare tipo di pane rotondo il cui spessore, spostandosi di città in città (o addirittura di villaggio in villaggio) può variare da quello di una crespella a quello di una delle nostre focacce. E’ un piatto familiare tipico dei giorni festivi, è viene di solito accompagnato dal leben, un latticello leggermente acido, residuo della produzione casalinga del burro.

Di misture simili la cucina nordafricana è ricca, e tra loro si differenziano di poco, sia nella sostanza che nel nome… a volte solo per una leggera sfumatura di pronuncia, fermo restando il significato di base di “mistura”, che a quanto pare arriva direttamente dall’antica lingua punica, una variante del fenicio con il quale condivideva l’alfabeto.

Spostandoci appena più a nord, nella zona di Constantine, abbiamo infatti avuto modo di gustare anche il chakhchoukhet dfer, dove la presenza della carne e dei ceci è preponderante rispetto agli altri vegetali e il pomodoro è quasi assente, tanto che secondo alcuni sarebbe questa la chakchouka primigenia, risalente al tempo in cui il pomodoro ancora doveva arrivare dall’America.

In tutta la regione nordafricana è poi comunissima una variante priva di carne e particolarmente ricca di pomodoro, la shakshouka, alla quale vengono aggiunte nell’ultima fase della cottura delle uova che vengono deposte, sgusciate, in piccole incavature ricavate col dorso di un cucchiaio sulla superficie della salsa; in questo caso il pane viene usato dai commensali per intingerlo direttamente nella salsa e nel tuorlo delle uova, che deve restare abbastanza liquido come nelle uova in camicia…

...e alzi la mano chi, a questo punto, non ha subito fatto un pensiero alle uova in Purgatorio di Napoli o a quelle alla garibaldina di Livorno.

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