digressioni gastro - filateliche a cura della Brigata di Cucina del Postalista |
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torta pasqualina | |||
Gibilterra, 1° gennaio 2005, Yvert 1125 | |||
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Ci sono luoghi del mondo che, per la loro posizione geografica, sono destinati a diventare punto d'incontro (e talvolta scontro) di popolazioni e civiltà diverse: Gibilterra è uno di questi. Sede di una di quella che gli antichi chiamavano Colonne d'Ercole, che segnavano il confine del mondo allora conosciuto, deve il suo nome al condottiero berbero Tariq al Ziyad che nel 711, comprendendo l'importanza strategica di quello spuntone di roccia alto quasi 500 metri a picco sullo stretto braccio di mare che divide l'Europa dall'Africa, la conquistò dando inizio alla dominazione araba in Spagna. A quell'impresa militare Gibilterra deve il suo nome, che significa infatti "monte di Tariq", in arabo Gebel Tariq. Riconquistata dagli spagnoli nei primi anni del 1300, tornò trent'anni dopo sotto il dominio degli arabi, per restarvi fino al 1501 quando, ultimo atto della Reconquista, fu ripresa dagli spagnoli. I quali furono costretti nel 1700 a cederla alla Gran Bretagna (dalla quale tuttora dipende), che ne fece insieme a Malta un nodo strategico della sua presenza in Mediterraneo. Al di là delle vicende politiche e belliche, la nostra Rocca ha conosciuto anche la presenza di comunità di mercanti e pescatori, e tra queste particolarmente importanti quella portoghese e quella genovese. Basti pensare che ancor oggi, il 20% dei cognomi di Gibilterra presenta chiare derivazioni liguri e che il dialetto locale, chiamato Llanito, denota forti richiami al genovese. Del tutto naturale che questo sovrapporsi e succedersi di popoli abbia lasciato cospicue tracce anche nelle cucine di Gibilterra, e la serie emessa nel 2005 e dedicata alla gastronomia è intitolata proprio a queste influenze, e in particolare a quelle portoghesi, inglesi, maltesi e genovesi. E' appunto di questo ultimo frabcobollo che ci interessiamo oggi, che reca in effigie un piatto che più genovese non si può: la torta pasqualina. Trentatré (chiaro richiamo all'età di Gesù Cristo) strati sottilissimi di pasta sfoglia con un ripieno di bietole lessate e insaporite in padella con la tradizionale quagliata (formaggio fresco molle e leggermente acido), cipolla, aglio, maggiorana e noce moscata; prima di mettere l'ultimo strato di pasta sfoglia, si scavano nel ripieno alcuni incavi dove si lasciano cadere delle uova intere che, alla fine della cottura risulteranno assodate. Anche a Gibilterra, come nelle "madrepatria" ligure, questa delizia di sapori primaverili è legata alle festività pasquali: più in particolare è il tradizionale piatto "di magro" portato in tavola nel giorno del Venerdì Santo. In Liguria, oltre alle bietole, si usano a volte erbe selvatiche, carciofi violetti e spinaci, ma la versione con le bietole è quella che più rispetta la tradizione pasquale. A questo proposito, è interessante segnalare l'incongruenza dell'etichetta del nostro francobollo che parla di "Torta de acelga", e acelga in spagnolo significa appunto bietola, ma nella traduzione inglese reca uno "Spinach pie" che fa riferimento invece agli spinaci: la traduzione gastronomicamente corretta sarebbe stata "Chard pie". In ogni caso, buon appetito e buona Pasqua dall'allegra Brigata di Cucina del Postalista. |
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