digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

cioccolato
Svizzera, 4 settembre 2008, Yvert 2002
 
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Cibo degli dei, come lo definivano Maya e Aztechi, riservandolo a sovrani, sacerdoti, nobili e capi militari o brodaglia nauseabonda come lo descrivevano i primi europei, tra i quali anche Cristoforo Colombo, che lo assaggiarono dopo la "scoperta" dell'America?

Nonostante l'iniziale diffidenza però, a poco a poco, i colonizzatori del Nuovo Mondo si abituarono a quel gusto strano, e del xocoatl impararono ad apprezzare anche le virtù tonificanti, dovute in larga parte alla teobromina contenuta nella pasta di semi di cacao che, lavorata in barre, forniva la materia prima per quella bevanda scura, schiumosa e spesso aromatizzata con spezie varie, peperoncino e, a volte, miele.

Era proprio quest'ultima versione, più dolce, a incontrare maggiormente il gusto europeo. E quando il conquistador Hernàn Cortéz, (che Montezuma aveva scambiato per il dio Quetzalcoàtl, in omaggio a un antica profezia) ricevette in dono un'intera piantagione di cacao e ne portò in patria i frutti (anzi, i semi) sovrani, nobili e cortigiani spagnoli cedettero ben presto all'abitudine di sorseggiarla, debitamente aromatizzata con zucchero, vaniglia e miele.

Il nuovo gusto del xocoatl conquistò un posto d'onore nei ricevimenti della nobiltà spagnola, e verso la fine del '500, anche grazie ad alcuni matrimoni di stirpe reale, come quello tra Caterina di Spagna e Carlo Emanuele I di Savoia, cominciò a diffondersi nel resto d'Europa. Così, anche se il monopolio del commercio dei semi di cacao e della lavorazione delle barre di pasta (che si sviluppò in particolar modo nella siciliana contea di Modica, all'epoca possedimento spagnolo) rimaneva saldamente in mano agli spagnoli, la creatività di cuochi e pasticceri di tutte le nazionalità cominciò a sbizzarrirsi nella preparazione della nuova specialità.

Che per almeno 150 anni, a parte le sopracitate barre solide prodotte a Modica (il cui cioccolato è a tutt'oggi diverso da tutti gli altri), restò allo stato liquido. Per assistere alla nascita del cioccolatino come lo intendiamo noi bisogna aspettare la seconda metà del '700, quando all'estro dei cuochi si andò a sommare l'impulso ingegneristico della rivoluzione industriale. Fu un francese trapiantato a Torino, che si era creata una solida fama di capitale europea del cioccolato, a fabbricare una macchina capace di produrre industrialmente i primi cioccolatini, e Pierre Paul Caffarel si precipitò ad acquistarne il brevetto.

Ancora pochi anni, e Jacques Cailler portò in Svizzera i segreti di quella lavorazione, e mentre in Olanda Conrad van Houten "inventava" il burro di cacao e il cacao in polvere, sempre in Svizzera, grazie ad un'altra polvere, quella di latte, prodotta da Henri Nestlé, nascevano le tavolette di cioccolato al latte.

Sempre in Svizzera, nell'800, tale Rudolph Lindt affinò un processo che consentiva di produrre quello che oggi chiamiamo fondente. Nel frattempo a Torino il cioccolato aveva incontrato la nocciola "tonda gentile" delle Langhe, e dal matrimonio era nato il giandujotto, e in Belgio i pasticceri davano libero sfogo alla loro creatività inventando fantasiosi ripieni per le loro praline.

Insomma, l'antico cibo degli dei (o brodaglia nauseabonda?) era ormai entrato nella tradizione di quasi tutti i paesi europei. E ogni paese, ovviamente, ha la sua tradizione, come ha avuto modo di constatare Laura Mangiavacchi, autrice del francobollo che l'allegra Brigata di Cucina vi propone.

Una storia, quella di questa giovane disegnatrice toscana, che per chi è abituato alle complicate burocrazie italiane ha dell'incredibile. E' lei stessa a raccontare, in un articolo scritto nel 2014 per L'arte del francobollo, la sua incredulità nel ricevere dalle Poste Svizzere l'invito a partecipare al concorso per i bozzetti della terza emissione della serie La Svizzera vista dagli artisti stranieri: "...la prima e-mail ricevuta finì direttamente nel cestino come spam! Meno male che gli svizzeri sono precisi e non avendo ricevuto risposta hanno deciso di contattarmi telefonicamente."

Nasce così, in un clima quasi da cervelli in fuga, una collaborazione dove Laura scopre che "...quello che ritenevo un settore in declino si è rivelato essere un crogiuolo di attività e di iniziative moderne (volte anche a conquistare un pubblico giovanissimo). Ciò che mi ha colpito di più è stato rendermi conto del valore comunicativo che possono ancora esprimere i francobolli."

Ma torniamo al cioccolato, e lasciamo che sia ancora Laura a raccontarci la sua scoperta delle differenze tra una tradizione cioccolatiera e l'altra: "...ho scoperto, a mie spese, che gli svizzeri sono particolarmente attenti al fatto che la loro cioccolata è a rettangoli e non a quadrati: quella quadrata è tedesca. Il mio primo bozzetto era tutto a sviluppo quadrato, e così sono stata ironicamente tacciata di boicottare i prodotti elvetici!"

Laura non ce l'ha detto, ma a noi piace pensare che il chiarimento sia avvenuto davanti a una bella tazza di fumante cioccolata...

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