digressioni gastro - filateliche a cura della Brigata di Cucina del Postalista |
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gingerbread | |||
Gibilterra, 2 novembre 2016, Yvert 1764 | |||
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Sei simboli natalizi per una serie fresca di stampa che ci arriva da Gibilterra. Sei valori dedicati ad una decorazione tradizionale degli alberi di Natale americani… una decorazione che ci arriva direttamente dal Medio Evo… una decorazione che si mangia: i gingerbread. Secondo una leggenda francese fu il monaco armeno Gregorio di Nicopoli a introdurre in Francia il pain d'épices nell'ultimo decennio del primo millennio, ma è più attendibile la teoria che lo vuole portato in Occidente dai cavalieri crociati, i quali avrebbero iniziato ad apprezzarlo durante le loro spedizioni in Terra Santa. L'apertura delle grandi rotte commerciali verso l'Estremo Oriente avrebbe fatto il resto, mettendo a disposizione dei fornai europei tutto lo zenzero, i chiodi di garofano, il pepe, la noce moscata e la cannella di cui avevano bisogno per confezionare i loro biscotti. Nella Germania del XIV, i maestri panettieri che lavoravano i lebkuchen erano organizzati in una speciale corporazione, indipendente da quella dei fornai generici, che in alcune città era particolarmente potente, come a Norimberga, che non a caso era (ed è ancor oggi) considerata la "capitale mondiale del pan di zenzero". Qui l'arte dei dolcetti di pane speziato raggiunse nei secoli successivi vette di complessità tali da configurare una vera e propria forma di arte popolare, e molti degli stampi usati a quei tempi trova oggi posto nei musei. E di qui i lebkuchen partirono alla conquista del mondo, diffondendosi principalmente nell'Europa settentrionale. In Svezia, dove i pepparkakor prendono principalmente la forma di casette e castelli; in Polonia, dove a Torun oggi esiste un vero e proprio museo dedicato ai pierniki; in Croazia, dove anche ai giorni nostri i licitar rappresentano una decorazione molto usata per gli alberi di Natale; in Inghilterra, da dove poi, complici ancora una volta i tedeschi con i loro immigrati, andranno qualche secolo più tardi alla conquista degli Stati Uniti d'America, con quello che è diventato il loro nome più popolare: gingerbread. Mentre le decorazioni si sono andate via via arricchendo di glasse colorate, frutta secca, canditi e addirittura, per i più facoltosi, sottilissime foglie d'oro, è restato sostanzialmente invariato nel tempo e nei luoghi l'antico impasto medievale, dove l'agente dolcificante prediletto è sempre rimasto la melassa, che nel Medio Evo risultava di più facile reperimento rispetto allo zucchero raffinato, addizionata al massimo con il miele. Per quello che riguarda le forme, oltre alle già citate casette scandinave i nostri dolcetti hanno assunto le più svariate sembianze: animali più o meno fantastici, stelle, cuori da offrire in pegno d'amore, lettere dell'alfabeto (in genere l'iniziale del nome) da regalare nel giorno dell'onomastico, e naturalmente la classica forma di "omino di pan di zenzero" La prima istanza documentata di gingerbread a forma di figura umana viene proprio dall'Inghilterra, dalla corte di Elisabetta I sul finire del '500: pare ritraessero alcuni dei suoi cortigiani, e negli anni seguenti furono anche modellati per riprodurre l'effigie di personaggi importanti, talvolta nuovi governanti. I lebkuchen erano venduti soprattutto nei giorni festivi, specialmente in corrispondenza delle festività patronali e a Pasqua e Natale, e ancora oggi ne esistono di specialmente confezionati proprio per queste ricorrenze, come i sei riprodotti nei francobolli di Gibilterra: un pupazzo di neve, la stella cometa, un albero di Natale, una campana, una renna e l'immancabile Babbo Natale. Ed è proprio questo il gingerbread filatelico che l'allegra Brigata di Cucina del Postalista ha scelto per porgervi i suoi migliori auguri di Buone Feste. |
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