digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

biryani
India, 3 novembre 2017, Michel 3250
 
torna a

Filatelia Tematica



Quando il pilaff incontra il curry, i veri ghiottoni si leccano i baffi… e mentre gli storici si interrogano e si accapigliano per stabilire se il piatto sia entrato nel subcontinente indiano dal sud (portato dai mercanti arabi) o dal nord (introdotto dai persiani), l’allegra Brigata di Cucina del Postalista si siede intorno ad un vassoio colmo di fragrante biryani.

E le fragranze sono quelle delle spezie indiane, dal ginger alla noce moscata, dal cinnamomo al macis, dal coriandolo al cardamomo, l’anice, la menta, l’alloro, la curcuma, lo zafferano e le infinite varianti dei masala più o meno piccanti e più o meno colorati.

Ma torniamo al pilaff, che è sicuramente originario della Persia e che, pur nelle sue innumerevoli varianti (e il nostro risotto ne è una), ha una costante: quella della cottura del riso nel brodo e a diretto contatto con le spezie e tutti gli altri ingredienti. Una ricetta che è conosciuta anche in India, ma che con il biryani trova una ulteriore, e saporitissima, variante: mentre nel pilaff infatti le varie componenti vengono cucinate insieme, nello stesso recipiente, il biryani si prepara in tre fasi.

Si comincia cucinando un curry. Il termine curry, all’origine, equivale a masala, e indica un mix di spezie in polvere, spesso caratteristico di una comunità o di una regione, ma nell’uso comune è passato ad indicare uno stufato insaporito con le suddette spezie e spesso addensato con ghee (burro chiarificato) o dahi (una sorta di yogurt di bufala molto denso). La base è costituita da carne, per lo più di montone, agnello o pollo, ma in certe preparazioni locali sono usati anche manzo, capra, pesce e gamberi, e ci sono anche varianti vegetariane.

Il riso, che di solito è il profumatissimo basmati, dai chicchi molto allungati, viene invece preparato seguendo la tradizionale ricetta di un pilaff non eccessivamente speziato… a volte addirittura solo bollito in brodo vegetale con sale e zafferano. Altri tipi di riso usati sono il chinigura, tipico del Bangladesh, simile al basmati ma dai chicchi più piccoli e il khyma, usato nel sud della penisola.

La terza fase è quella che potremo definire “dell’incontro” tra il pilaff e il curry, che vengono disposti a strati in un grosso recipiente capace di andare sul fuoco, sigillati con un velo di pasta di pane (il cosiddetto dum) che poi viene mangiato come accompagnamento, e lasciati a terminare la cottura a fuoco lento per un periodo di tempo che varia a seconda delle ricette.

Ricette che sono, come è facile immaginare, innumerevoli, e che a riprova dell’origine persiana o araba del piatto sono sempre riconducibili a una delle comunità musulmane dell’India e dei paesi immediatamente confinanti. Una delle più note in occidente è quella di Hyderabad, nelle sue due versioni, vegetariana oppure a base di carne di capra marinata, ma anche il Thalassery, arricchito con anacardi e tipico della regione del Kerala, è da provare… e il Kalyani, uno dei pochi a base di carne bovina… e il Sindhi… e il Dhakaiya e…

...e la lista potrebbe continuare all’infinito, o quasi, con una sola avvertenza: ci sono alcuni biryani, come il Menoni del Gujarat (al confine tra India e Pakistan) e la maggior parte di quelli dello Sri Lanka, la cui piccantezza potrebbe mettere a dura prova i nostri palati occidentali, ma anche quelli di molti autoctoni.

Non è un caso che al biryani si accompagnino spesso salse e bevande a base di yogurt, capaci di recare un po’ di fresco refrigerio alle papille gustative di commensali, magari come noi, poco abituati a certi ardori.

 

torna a

Filatelia Tematica