digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

foie gras
Francia, 24 maggio 2003, Yvert 3563
 
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Filatelia Tematica



Gli affreschi ritrovati nella necropoli di Saqqarah, nei pressi della città di Menfi, dimostrano chiaramente che gli antichi Egizi utilizzavano la tecnica dell’alimentazione forzata nei confronti di oche, anatre e altre specie di uccelli; non è stato tuttavia stabilito se tale pratica fosse finalizzata a ricavare quello che ai nostri giorni è conosciuto come foie gras, o se semplicemente fosse un sistema per ottenere animali più grassi e succulenti.

Qualche secolo dopo anche i Greci e i Romani usavano ingrassare le oche, costringendole a ingozzarsi di un impasto di grano e fichi secchi, e nel caso dei Romani abbiamo la certezza che uno dei prodotti che si ottenevano era proprio una sorta di manicaretto simile al fegato grasso dei francesi, anzi… è stata proprio questa ghiottoneria, descritta da Apicio nel De Re Coquinaria a dare al fegato il suo nome.

Eh sì, perché nell’antica Roma il fegato si chiamava iecur (o al limite hepatos, nella lingua dotta dei greci), ma la ricetta di Apicio ci descrive uno iecur ficatus, e cioè il fegato ingrassato di un’anatra nutrita forzatamente, e in quel ficatus è, secondo i filologi, da ricercare l’origine della parola fegato. E quello che Apicio dice del suo iecur ficatus assomiglia in maniera sorprendente a quello che i buongustai odierni, e tra loro anche l’allegra Brigata di Cucina del Postalista, dicono del foie gras.

Una pratica dunque, quella che oggi i francesi chiamano gavage (alla lettera, ingozzamento), nota fin dall’antichità e che probabilmente trae la sua origine dal fatto che i nostri progenitori si erano accorti che le carni di anatre e altri uccelli migratori erano particolarmente grasse e saporite se gli uccelli venivano catturati nel periodo immediatamente precedente la migrazione, quando cioè si erano naturalmente sovralimentati per immagazzinare le energie necessarie al lungo viaggio che si preparavano ad affrontare… insomma, oltre al foie gras anche un altro piatto iconico della cucina francese, e cioè il confit de canard, era già apprezzato dai nostri progenitori.

Al giorno d’oggi la produzione industriale del foie gras si svolge sovralimentando le oche nelle ultime settimane di vita con dei sistemi di ingozzamento che secondo molti sono tali da generare negli animali una notevole sofferenza; senza contare il fatto che, anche qualora si usino metodi più “gentili” di alimentazione, il fegato che se ne ottiene è comunque un fegato “malato”, affetto da quella che medici e veterinari chiamano steatosi, ed è proprio questa "malattia" a dare al foie gras il sapore e la consistenza che tanto sono apprezzati sulle tavole di tutto il mondo.

Accogliendo le proteste delle associazioni animaliste sono sempre di più gli stati che ne vietano la produzione e, in taluni casi, anche la commercializzazione. L’Unione Europea, per esempio, ha stabilito che “...finché non saranno disponibili nuove prove scientifiche sui metodi alternativi e i loro aspetti salutistici, la produzione di foie gras dovrà essere condotta soltanto dove essa è pratica comune e quindi soltanto in accordo con la legislazione locale vigente…”

Una direttiva che da un lato ha finito col restringere la produzione a Francia, Ungheria e qualche regione di Spagna e Belgio, e dall’altro ha stimolato lo sviluppo di tecniche di produzione “alternative” che vanno dall’utilizzo di metodi di sovralimentazione meno spinti, ed in definitiva simili a quello che in natura le oche fanno prima di affrontare una migrazione, fino alla produzione di “fegati vegetali” a base principalmente di soia variamente aromatizzata e, ultima filiera della ricerca gastronomica, alla coltivazione di foie gras in laboratorio, con la tecnica che dalle nostre parti viene impropriamente chiamata “carne sintetica”.

Noi dell’allegra Brigata, estimatori convinti del foie gras tradizionale ma sensibili anche al benessere degli animali, attendiamo con curiosità gli sviluppi di quest’ultima alternativa, giacché le soluzioni vegetariane e vegane, per quanto a volte gustose e stimolanti, ci hanno lasciato abbastanza perplessi circa la loro somiglianza con il tradizionale gioiello della gastronomia francese.

 

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