digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

mahon
Spagna, 22 marzo 2021, Yvert 5220
 
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Sull’isola di Minorca, come del resto in moltissimi altri territori che si affacciano sul Mediterraneo, la pastorizia ha origini remote, e con la pastorizia si diffuse ovviamente anche il consumo del latte e di tutti i suoi derivati: risalgono al 3000 a.C. i reperti in ceramica che testimoniano inequivocabilmente l’attività casearia degli occupanti dell’isola, con tutta probabilità mercanti di origine medio orientale, forse fenici, insediatisi in quelle che oggi conosciamo come Baleari.

Il nome del capoluogo minorchino, che come vedremo si estende anche al formaggio di latte vaccino crudo che qui si produce, parrebbe infatti derivare dalla parola fenicia mahen, conchiglia, forse con riferimento alla forma dell’insenatura che faceva del luogo un punto d’attracco sicuro. E certamente qui gettò le ancore, nel corso delle guerre puniche, Magone Barca, il fratello di Annibale e Asdrubale, ed anche al suo nome taluni fanno risalire il toponimo della città. E proprio nelle viuzze intorno al porto noi dell’allegra Brigata di Cucina del Postalista ci aggiriamo oggi, passando di degustazione in degustazione per apprezzare al meglio il queso mahon, nei suoi diversi gradi di stagionatura.

Un formaggio che era apprezzato anche dai romani, arrivati sull’isola dopo la vittoria sui cartaginesi, ai quali divenne noto come cibo di elezione di uno dei reparti speciali del loro esercito, quello dei “frombolieri delle Baleari”, raffigurati anche nella Colonna di Traiano a Roma. E quando verso l’anno 1000 l’isola cadde sotto il dominio musulmano, anche i nuovi padroni non tardarono a scoprire questa delizia, la cui eccellenza è descritta in numerosi documenti arabi del tempo.

Una specialità che era dunque conosciuta ben oltre gli angusti confini di Minorca, ma fu durante il periodo della dominazione britannica, all’inizio del XVIII secolo, quando sotto l’impulso del colonnello Richard Kane la città e il porto di Mahon conobbero un notevole sviluppo, che l’antico formaggio dei frombolieri delle Baleari, si affermò definitivamente nel mondo intero, guadagnandosi il nome che ancora oggi figura nel disciplinare della sua Denominazione di Origine Protetta: Mahon , esattamente come il porto dal quale partiva per raggiungere le più remote località dell’impero britannico, che all’epoca si estendeva su tutti i continenti.

Il Mahon (o Maò, come vogliono il catalano e il minorchino) viene ottenuto dalla lavorazione a crudo del latte prodotto dalle mucche di razza minorchina. Dopo la cagliata, la pasta di formaggio viene posta al centro di un grosso canovaccio, chiamato fogasser, i cui quattro angoli vengono annodati, ottenendo così una sorta di grossa “mattonella” quadrata di una ventina di centimetri di lato (per meno di dieci di altezza) che viene poi messa a maturare in salamoia sotto a un peso.

Quando il formaggio è abbastanza indurito da poter togliere il canovaccio, i segni del nodo e delle pieghe del tessuto restano comunque visibili, a formare quella che in minorchino viene chiamata la mamella, segno distintivo del Mahon, assieme al suo colore rossastro, dovuto all’usanza di spennellarlo con paprica e olio durante l’invecchiamento, che dura per un periodo variabile tra un mese e un anno.

Indipendentemente dal grado di stagionatura, la maniera migliore di gustare il Mahon è a fettine sottili, condite con un filo di olio di oliva e una spolverata di pepe nero, guarnito con qualche foglia di dragoncello (ma c’è chi preferisce l’origano) e accompagnato da un ottimo vi de la terra de l’illa de Menorca, come il Tempranillo (rosso) o il Moscatel (bianco).

 

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