digressioni gastro - filateliche a cura della Brigata di Cucina del Postalista |
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pollo arrosto | |||
Slovenia, 17 novembre 2006, Yvert 554 | |||
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In origine fu il pollo ruspante, quello che razzolava in semilibertà nelle aie e nei cortili di campagna, e che in occasione di qualche ricorrenza, o per i più abbienti semplicemente (ma non sempre) la domenica, finiva in tavola. Non molto spesso tuttavia, e il sacrificio del pollo era comunque un evento da sottolineare e ricordare. Un evento che, come ci ricorda il grande sonettista romano Trilussa, si celebrava in media una volta l’anno, salvo poi ammonire, probabilmente memore di un’infanzia povera, che a molti il pollo non toccava mai. Me spiego: da li conti che se fanno ...e non parliamo poi dei capponi, che quelli la povera gente, ammesso che ne avesse, li usava per farne dono a ricchi e potenti, come il manzoniano Renzo Tramaglino all’avvocato Azzeccagarbugli. A quei tempi si diceva che un pollo arrosto era ben cotto se la carne si staccava facilmente dalle ossa, segno questo di una sapiente cottura che aveva opportunamente ammorbidito i muscoli e i fasci tendinei di animali avvezzi a zampettar ruspando dall’alba al tramonto. Poi le condizioni economiche sono migliorate e l’industrializzazione, sotto forma di allevamento in batteria, ha sconvolto l’orizzonte culinario delle nostre domeniche: oggi si dice che se la carne si stacca troppo facilmente, allora il pollo è sicuramente “di batteria”... anche se il vostro macellaio pertinacemente garantisce che lui vende solo polli rigorosamente “nostrali”. Tra l’altro, passata l’ebbrezza da benessere del boom economico degli anni ‘60 del secolo scorso, quando le brave madri di famiglia si facevano un vanto di mettere in tavola la carne due volte al giorno, il consumo di carne in lenta ma costante decrescita e la maggiore attenzione alle condizioni di allevamento hanno fatto sì che anche la qualità dei volatili che oggi consumiamo sia tornata a livelli accettabili. Sia come sia, oggi mettere un pollo in tavola la domenica è cosa alla portata delle tasche di molti, se non proprio di tutti gli italiani, e addirittura spesso costituisce una soluzione di ripiego, una maniera veloce di rimediare un pranzo anche all’ultimo momento: basta scendere alla rosticceria sotto casa ed eccoli lì, tanti polli quanti il buon Salustri probabilmente non aveva mangiato in tutta la sua vita. Se ne stanno belli infilzati nei loro spiedi, e oltre a girare instancabilmente su se stessi ruotano anche all’interno di un girarrosto in maniera che il calore, distribuendosi uniformente, sciolga il grasso (che nel pollo è praticamente tutto sottocutaneo) e lo faccia da un lato penetrare nella carne (che spesso, soprattutto nel petto, è abbastanza stopposa) e dall’altro lo aiuti a rendere la pelle (che nei polli d’allevamento ha consistenza simile alla gomma) ben croccante. E il risultato, anche se “non ci sono più i polli di una volta, cara signora!” è sempre all’altezza della situazione: il pranzo domenicale è salvo, soprattutto se nel forno, ormai libero dal pennuto, si sarà provveduto a porre ad arrostire una bella teglia di patate… ...e per la cena, se ne avanza, il pollo arrosto è buono anche freddo, magari accompagnato da un po’ di maionese o di senape o, meglio ancora, da una bella insalata russa. |
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