digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

gianduiotto
Italia, 24 aprile 2015, Yvert 3541
 
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Si rassicurino i nostri 12 lettori: la rubrica dell’allegra Brigata di Cucina del Postalista non è diventata una vetrinetta commerciale e non ospita (né ospiterà mai) inserzioni pubblicitarie di qualsivoglia tipo.

Se compare oggi in questa pagina un marchio industriale è perché tale marchio appare anche nel francobollo, emesso dalle Poste Italiane il 24 aprile del 2015 per la serie “Eccellenze del sistema produttivo ed economico italiano”, che vi presentiamo. Ma la vera e più profonda ragione risiede nel fatto che Paul Caffarel, nel 1865, il gianduiotto lo ha inventato.

Proprio così: inventato; perché fino ad allora esisteva un cioccolatino prodotto a mano (sempre dalla già allora rinomata fabbrica di cioccolato Caffarel) il cui colore e la cui forma, grossolanamente cilindrica, ricordavano un mozzicone di sigaro e che proprio per questa somiglianza era dai torinesi chiamato givu… che in dialetto torinese è proprio il mozzicone del sigaro.

Ma procediamo con ordine.

Ad iniziare a produrre cioccolato era stato, nel 1826, Pier Paul Caffarel, emigrato a Torino dalla natia Val Pellice. La sua era un’azienda a conduzione familiare che ben presto si guadagnò a Torino una notevole fama, tanto da vedersi proporre dal celebre cioccolatiere Michele Prochet un’alleanza commerciale.

Nacque così la Caffarel-Prochet, e probabilmente l’idea di base era quella di unire le capacità produttive di Caffarel, che poteva avvalersi delle macchine progettate dal genovese Bozelli, all’estro gastronomico di Prochet, che aveva migliorato e perfezionato l'impasto di cacao, zucchero e nocciola tonda gentile delle Langhe nato proprio a Torino all’inizio del XIX secolo per ovviare alle difficoltà di approvvigionamento di cacao causate dalle restrizioni commerciali imposte da Napoleone.

E’ con l’impasto di Prochet, che prevedeva una tostatura più tenue e una macinatura finissima delle nocciole che nel 1852 si cominciarono a produrre i cioccolatini chiamati familiarmente givu. Ma la ciliegina sulla torta, o per meglio dire il cioccolatino nella carta argentata, lo mise nel 1865 Paul Caffarel, uno dei discendenti di Pier Paul Caffarel, in occasione dei festeggiamenti del carnevale torinese, che all’epoca era uno dei più famosi e richiamava molto pubblico.

Nei giorni di Carnevale, nelle strade di Torino si svolgevano grandi sfilate di carri, e dai carri gente in maschera gettava dolci alla gente. In quel fatidico carnevale del 1865 Paul Caffarel ebbe l’idea di far uscire i suoi cioccolatini dalla bocca di un enorme Gianduia, la caratteristica maschera piemontese dal cappello a tricorno. E siccome per la sua consistenza il givu non si prestava ad essere gettato tra la folla senza una sorta di protezione, ecco che si pensò di avvolgerlo con della carta argentata.

L’iniziativa ebbe un successo strepitoso, e il givu vide il suo nome per sempre cambiato in gianduiotto, in onore della generosa maschera che lo aveva distribuito ai torinesi. I quali dal canto loro, furono testimoni inconsapevoli di un evento destinato a segnare la storia della pasticceria: era nato quel giorno il primo cioccolatino incartato.

Sull’onda di quel successo la Caffarel decise di depositare il marchio "Gianduia", e ad oggi è l'unica azienda, tra le tante che producono gianduiotti, a poter stampare sull'incarto il nome e/o il volto della maschera, insieme al “1865” che ricorda l’anno della fortunata invenzione.

Ecco, questa è la storia del gianduiotto; e mentre ci apprestiamo a gustarne due, perché “come tutte le cose migliori della vita, il gianduiotto va assaporato in coppia: è meglio gustarne due, uno dopo l’altro, in modo che la persistenza di gusto del primo si unisca agli aromi appena rilasciati sul palato dal secondo”, noi dell’allegra Brigata di Cucina del Postalista non possiamo fare a meno di andare col pensiero al nostro socio fondatore Gianni Settimo, che sotto lo pseudonimo di Nonno Gianduja tante sorprese ha regalato ai piccoli “postalisti”.

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