digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

lampreda
Finlandia, 6 settembre 2001, Yvert 1553
 
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Dobbiamo alla raffinata memoria gastronomica di Giviesse, che dell'allegra Brigata di Cucina del Postalista è socio fondatore, il ricordo (ahinoi, ormai solo il ricordo) di uno degli ingredienti un tempo più apprezzati di quell'incredibile sinfonia di sapori che è il fritto misto alla piemontese: la lampreda, e più precisamente quella autoctona del Piemonte, la lampreda di Zanandrea, altrimenti nota col nome dialettale di lamprè.

La preparazione era estremamente semplice, perché trattandosi di pesci che non presentano squame e raggiungono al massimo i 15 centimetri di lunghezza, la fase della pulitura si poteva tranquillamente saltare: era sufficiente lasciarle spurgare nel latte per qualche ora e poi friggerle in abbondante olio. Chi ha avuto il piacere di assaggiarle riferisce che il loro sapore, caratteristico e al tempo stesso delicato, non assomiglia a quello di nessun altro pesce.

Comune un tempo nei fiumi, fossi, risorgive e in genere nei piccoli ma costanti corsi d'acqua, come le bialere, tipiche del carmagnolese e del basso pinerolese, la lamprè vede oggi il suo habitat seriamente minacciato dal massiccio uso di pesticidi e diserbanti, che hanno finito col compromettere la catena alimentare che ne garantiva la sopravvivenza, facendone così una specie a rischio di estinzione.

La sua principale fonte di sostentamento è infatti costituita da detriti organici e piccoli organismi animali e vegetali che gli esemplari giovani raccolgono sul fondo dei corsi d'acqua: da questa caratteristica deriva il nome stesso di lampreda, e cioè "che lambisce la pietra". Una volta raggiunta la maturità, smette di nutrirsi dedicando tutto il resto della sua breve vita da adulta alla riproduzione.

La lampreda di Zanandrea, così come la sua parente stretta lampetra fluviatilis (raffigurata nel francobollo che vi proponiamo), non è quindi una specie parassita, come le più grandi lamprede migratrici, quelle che si spostano dal mare ai fiumi all'epoca della riproduzione, e che si nutrono del sangue dei pesci, ai quali si attaccano sfruttando la conformazione "a ventosa" della bocca.

Anche queste lamprede "predatrici", tuttavia, hanno un loro posto nella gastronomia, in particolare in Francia dove i gourmet mostrano di apprezzare molto quelle che periodicamente risalgono l'estuario della Gironda per andare a riprodursi nella Garonna o nella Dordogna.

La preparazione più comune è quella "alla Bordolese", nella quale le lamprede, pulite e tagliate in pezzi lunghi più o meno 5 centimetri, vengono tenute per diverse ore in una marinata tra i cui ingredienti, oltre al vino rosso, i porri, l'aglio, il chiodo di garofano e altre spezie, c'è anche il loro stesso sangue. Si passa poi a cuocere a fuoco lento il tutto, fino a che i porri non siano ridotti a una specie di purea. Il piatto può essere consumato caldo, o conservato dopo sterilizzazione in barattoli di vetro.

E anche questa è una preparazione che, nonostante il sapore forte, rivela una delicatezza di fondo capace di sorprendere i palati più raffinati.

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