digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

fonduta
Svizzera, 15 novembre 2018, Michel 2578
 
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Cosa c’è di meglio, ormai arrivati alle porte dell’inverno e magari con i primi fiocchi di neve a danzare nell’aria della sera, che rinchiudersi in una baita alpina ben riscaldata? Un bel gruppo di amici, come l’allegra Brigata di Cucina del Postalista, un bel tavolo... e in mezzo al tavolo, sopra al suo fornelletto dove brilla la fiammella di una candela, il classico caquelon svizzero all’interno del quale sua Maestà la fonduta attende che il rituale dell’immersione dei crostoni di pane abbia inizio.

Sua Maestà la fonduta… valdostana, savoiarda o svizzera cambia poco, perché in questo angolo di mondo le montagne, più che dividere, hanno sempre unito. E le popolazioni che in queste valli di confine tra tre diversi stati vivono da sempre, da sempre condividono lingua, cultura e gastronomia: su tutti e tre i versanti si usa strofinare uno spicchio d’aglio sul fondo del caquelon, su tutti e tre i versanti nella miscela di formaggio fuso viene stemperata un po’ di acquavite di frutta (in Svizzera è il kirsch, ottenuto dalle ciliege), su tutti e tre i versanti il pane non è fresco, ma raffermo o leggermente abbrustolito.

E naturalmente su tutti e tre i versanti i commensali siedono in cerchio attorno al caquelon e immergono le loro forchettine nella massa del formaggio fuso prestando la massima attenzione a non perdere (e a non far perdere ad altri) il crostone di pane che si va pian piano ricoprendo di formaggio; ad annaffiare il tutto, vino bianco e la solita acquavite.

Quello che cambia è invece il formaggio, che nell’accezione più classica della fonduta svizzera è costituito al 50% da emmenthal e al 50% da groviera, ma che di valle in valle vede queste percentuali cambiare (fino al 100% di groviera della fondue vaudoise), mentre in altre zone a cambiare sono i tipi di formaggio usati, dall’appenzeller del nordovest svizzero al beaufort della Savoia, dallo sbrinz della Svizzera centrale alla fontina della Val d’Aosta, con decine e decine di piccole altre varianti locali… senza contare che, tanto per fare un esempio, la fontina di una vallata sarà sempre leggermente diversa da quella della valle vicina, e che praticamente tutte le valli hanno anche un loro tipico formaggio, magari reperibile solo da qualche piccolo produttore locale.

Se poi ci si allontana un po', e abbandonate le montagne ci si inoltra verso il centro della Francia, allora le cose cambiano davvero radicalmente, perché in Borgogna nel caquelon ci versano del buon vino rosso, e infilzati sulle forchettine troviamo dei bocconcini di carne bovina che, una volta cotti, vengono passati in svariate salsine: è la fondue bourguignonne.

Ma questa è un'altra storia: per questa volta ce ne restiamo al caldo della nostra baita mentre fuori nevica, e da bravi golosoni raschiamo via con le forchettine la crosticina di formaggio che si è formata sul fondo del caquelon ormai vuoto.

 

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