digressioni gastro - filateliche
a cura della
Brigata di Cucina del Postalista

jocon
Guatemala, 4 marzo 2014, Yvert 686
 
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Arrivano da lontano i sapori destinati questo mese a deliziare il palato dell’allegra Brigata di Cucina del Postalista: lontano nello spazio e nel tempo, perché la ricetta che andiamo ad assaggiare è un retaggio dell’antica civiltà maya e ci arriva dritta dritta dal Guatemala, dove il jocon è considerato alla stregua di un piatto nazionale.

Preparato oggi con il pollo, mentre gli antichi mesoamericani facevano senz’altro uso di altri volatili, il jocon è uno stufato dove la carne di pollo, portata a lenta cottura in poco liquido, viene poi sfaldata e fatta insaporire in una sorta di salsa a base di verdure la cui consistenza, comunque cremosa, può variare di molto a seconda delle usanze locali. Non a caso nella lingua dei quiché, uno dei gruppi etnolinguistici appartenenti all’universo maya, il termine jok (dal quale il nostro piatto trae il suo nome) significa appunto macinare, schiacciare, ridurre in purea.

Quello che, fin dall’epoca precolombiana, non è cambiato, oltre al nome, è anche il colore del nostro jocon, che è verde come gli ingredienti che contribuiscono a dargli un sapore unico, anzi… una sinfonia di sapori unica. Alla base c’è la dolcezza dei peperoni verdi e dei germogli di cipolla, a cui si aggiunge la piccantezza del peperoncino jalapeño, usato prima che arrivi a completa maturazione e, vero tratto distintivo del jocon, l’acidità dolciastra del tomatillo.

Il tomatillo è una solanacea diffusa in tutta l’America centrale, e in particolare nella zona meridionale del Messico e negli stati confinanti, somigliante ad un piccolo pomodoro verde (o talvolta rosso-violaceo) che si presenta avvolto in una “buccia”, formata dai resti del calice del fiore, dalla consistenza simile a quella della carta velina, tanto da venire anche definito "pomodoro con la buccia". È questo il frutto che in lingua nahuatl si chiamava originariamente tomatl, mentre i pomodori rossi simili ai nostri erano definiti jitomatl. Dopo la conquista, gli spagnoli esportarono i pomodori jitomatl nel resto del mondo con il nome di tomate e ignorarono quello che, nel corso dei secoli, finì con l’essere definito, nella lingua dei conquistatori, il “piccolo pomodoro”… il tomatillo, appunto, che conferisce al jocon la sua dolce acidità.

Un sapore, quello del tomatillo, che non dovette risultare gradito ai conquistadores spagnoli, ma che è stato capace di incantare le papille gustative dell’allegra Brigata di Cucina del Postalista… provare per credere.

 

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