digressioni gastro - filateliche a cura della Brigata di Cucina del Postalista |
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calçotada | |||
Spagna, 14 gennaio 2022, Yvert 5294 | |||
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L’allegra Brigata di Cucina del Postalista celebra il nuovo anno tornando a visitare la Spagna, dove già avevamo degustato in lungo e in largo nei mesi scorsi, con un viaggio in Catalogna, e più precisamente a Valls, una cittadina situata ai piedi delle montagne di Prades, nell’entroterra di Tarragona. Qui, al termine di un mese di gennaio tradizionalmente denso di festeggiamenti (tra cui il famoso Tres Tombs de Valls, in onore di sant’Antonio) si celebra la più importante calçotada della Catalogna, in occasione della quale nelle vie e nelle piazze della città vengono installate delle gigantesche griglie che servono, appunto, alla preparazione degli apprezzatissimi calçots de Valls. Si tratta di una varietà locale di cipollotti, che a quanto pare trovano la loro massima espressione proprio nelle campagne di Valls, dove sono da sempre coltivati secondo la tradizionale tecnica della “rincalzatura”, che consiste nel rialzare il terreno intorno alle piantine di cipolla man mano che il germoglio cresce: con questo sistema la cipolla si mantiene lunga, bianca e particolarmente gradevole al gusto. La stagione ideale per questo tipo di coltivazione è, da queste parti, a cavallo tra la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno, per un raccolto che inizia verso la fine di gennaio, ed è proprio nell’ultima domenica del mese che le vie di Valls ospitano la nostra calçotada. Enormi bracieri coperti di calçots che, una volta arrostiti, vengono posti nel cavo di una tegola di terracotta e coperti per qualche minuto con un foglio di carta di giornale, per imprigionare quel tanto di umidità che renderà i cipollotti morbidi e succulenti… ...e pronti per essere inzuppati nella salvitxada, una salsa che si prepara pestando in un mortaio mandorle, nocciole, aglio (fresco e arrostito), peperoni secchi della varietà che qui chiamano “corno di capra” e pomodori arrostiti in proporzione variabile secondo l’estro del cuoco; il trito viene condito con sale, olio e aceto e, se dovesse risultare troppo liquido, addizionato di pane raffermo fritto nell’olio e tritato finemente. Sostanzialmente si tratta di una delle tante varianti del romesco catalano, con una nota piccante (più o meno marcata a seconda dei gusti di chi la prepara) dovuta alla presenza tra gli ingredienti di un tipo di peperoncino, il vitxo, che nei tempi andati era usato per togliere ai bambini il vizio di succhiarsi il dito, e che tra l’altro da anche il nome alla nostra salvitxada. Altra particolarità della salvitxada è quella di non contenere assolutamente cipolla, che del resto è già presente in abbondanza nelle tegole che i commensali hanno in mano, ed il cui contenuto vanno inzuppando nella salsa: operazione che, come è facilmente immaginabile, pone a serio repentaglio la pulizia di giacche e camicie… è per questa ragione che l’allegra Brigata di Cucina del Postalista si è, imitando i locali, prontamente dotata di un provvidenziale pitet: una sorta di bavaglino per bambini dalle generosissime dimensioni, decorato con motivi che, ovviamente, richiamano i nostri calçots. Bon profit...
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